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I 50 anni di Doc del Soave tra biodiversità e tutela del territorio

di Vincenzo D’Antonio
 
21 maggio 2018 | 10:51

I 50 anni di Doc del Soave tra biodiversità e tutela del territorio

di Vincenzo D’Antonio
21 maggio 2018 | 10:51
 

Esemplarmente magnifica l’esperienza che vive il territorio del Soave, al suo vino abbracciato. Siamo sulle colline, isola non urbanizzata della campagna veneta. Rilievi montuosi, paesaggi lagunari e l’Adriatico, lontani.

La pervasività della vite, il pittoresco paesaggio disegnato dai vigneti, prevalente la Pergola Veronese, fanno sì che davvero si possa parlare di “vigneto Soave”. E difatti, con i suoi 7mila ettari il “vigneto Soave” costituisce da solo circa il 3% del sistema produttivo a denominazione in Italia. Il Soave, giova ricordarlo, è stato il primo vino italiano ad essere riconosciuto come “vino Tipico”. Era il 1931 e con decreto regio fu istituita la prima denominazione italiana, sin da allora precisamente delimitando la zona di origine.

(I 50 anni di Doc del Soave tra biodiversità e tutela del territorio)

L’intero virtuoso sistema Soave poggia su tre solide valenze identitarie: la geologica, la geografica, l’ampelografica. Il Consorzio Vini Soave, da Sandro Gini presieduto e da Aldo Lorenzoni diretto, festeggia quest’anno, in elegante understatement formale e in doviziosa sostanza di progetti, i 50 anni dal riconoscimento della Doc. Ma sa guardare e sa andare lontano, chi viene da lontano. Encomiabile vision ed efficace lavoro di squadra hanno condotto al riconoscimento ministeriale di primo paesaggio rurale di interesse storico alle “Colline vitate di Soave”. Un patrimonio storico fatto di vigne lavorate da viticoltori davvero eroici.

Questo importante e prestigioso riconoscimento valida il ruolo centrale dell’uomo nell’ambito del contesto agricolo, in quanto artefice principale nel mantenimento della biodiversità e della conservazione del paesaggio. La suddetta lungimirante vision sta portando a proporre le colline vitate del Soave come prima candidatura italiana per il riconoscimento quale patrimonio Giahs-Fao. L’acronimo Giahs, del quale vorremo sentire spesso parlare in vicino futuro, sta per Globally Important Agricultural Heritage System.

(I 50 anni di Doc del Soave tra biodiversità e tutela del territorio)

Il grande lavoro comune, investimenti nei vigneti e nelle cantine, il saggio agire in consapevole ottica sistemica, ben consapevoli che oggi vince chi sa cantare in coro, hanno portato al nuovo Rinascimento del vino Soave. Spiccata e lodevole la propensione all’utilizzo della sola uva garganega sebbene il disciplinare consenta piccole parti di Trebbiano del Soave e di Chardonnay.

Ben saggia anche l’idea forte di mantenerlo nella sua naturale collocazione di vino fermo, sapendo non cedere a lusinghe modaiole che potrebbero condurre a scellerate quanto improprie spumeggianti bollicine. Ed a questa saggia decisione, ne siamo persuasi, si è addivenuti anche guardando alle limitrofe aree vitivinicole di esse rispettando, se non addirittura agevolando, specificità di posizionamento e di offering. Pensiamo, nel caso di specie, al Durello.

Il fenomeno Soave è anche testimonianza virtuosa di come bene, ma proprio molto bene, poste le basilari condizioni di robuste competenze, possano coesistere le quantità con la ragguardevole qualità del prodotto in bottiglia. Ad oggi, infatti, sono più di 50 milioni le bottiglie che ogni anno vengono vendute e bevute (effimero se non addirittura nocivo un sell-in senza sell-out) in circa 70 Paesi nel mondo. L’esportazione incide per circa l’80% della produzione e questo dato rende il Soave il vino bianco fermo più esportato.

(I 50 anni di Doc del Soave tra biodiversità e tutela del territorio)

Circa 3mila le aziende agricole, con una superficie vitata media di poco più di due ettari. È il modo soave con il quale si è costruito, con grande laboriosità ed arguta lungimiranza, il Mondo Soave. Si tratta adesso di innescare accelerazione per quanto attiene il turismo connesso al Mondo Soave: l’enoturismo.

È già nei piani, ne siamo ragionevolmente certi, e perseverando nel sapere volere cantare in coro, ovvero non disperdendo bensì ulteriormente consolidando l’agire sistemico non potranno non venire risultati lusinghieri anche da questo ulteriore tassello, emergente quanto profittevole, del wine business. Mondo Soave: sapere e volere fare cose buone in posti belli, tra vigneti ed all’ombra dei campanili: cose belle che piacciono al mondo e che il mondo vuole venire a conoscere.

Per informazioni: www.ilsoave.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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