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Pesca di Leonforte Igp, frutto di nicchia simbolo del territorio siciliano

La Pesca di Leonforte Igp è l’unica tipologia di pesca che si trova da settembre a dicembre e viene prodotta solo in cinque comuni siciliani. Per allontanare i parassiti i frutti vengono protetti da un sacchetto di carta

di Mariella Morosi
 
08 settembre 2016 | 16:08

Pesca di Leonforte Igp, frutto di nicchia simbolo del territorio siciliano

La Pesca di Leonforte Igp è l’unica tipologia di pesca che si trova da settembre a dicembre e viene prodotta solo in cinque comuni siciliani. Per allontanare i parassiti i frutti vengono protetti da un sacchetto di carta

di Mariella Morosi
08 settembre 2016 | 16:08
 

La Pesca di Leonforte Igp è l’ultima a maturare in terra di Sicilia. Gialla con sfumature rosate, profumata e con polpa compatta e zuccherina, è un dono dell’autunno che ha molto da raccontare sia per la sua bontà che per la sua storia, sorprendente pur nella nostra Italia delle biodiversità. Molti decenni fa, in un’area limitata al centro della Sicilia, in provincia di Enna, nascevano spontaneamente alcuni arbusti di pesco, forse tenaci sintesi di antiche varietà in queste terre vocate soprattutto alla produzione di agrumi.



I frutti giungevano a maturazione ad autunno inoltrato, quando la stagione delle altre tipologie di pesche era finita da tempo. Costituivano quindi un valore importante, anche se marginale, di una economia rurale e i contadini pensarono di incrementare questa risorsa. Ma il profumo e il gusto dei frutti attiravano anche gli attacchi della Mosca Mediterranea e in anni in cui gli antiparassitari non erano diffusi, questa cultivar rischiò di scomparire.

Ed ecco il colpo di genio di un produttore che salvò dall'estinzione la Pesca di Leonforte: l'insacchettamento, frutto per frutto, con una sottile carta pergamenata a protezione del parassita fino alla completa maturazione. Lo stratagemma funzionò e il sistema costituisce una difesa fitosanitaria puramente meccanica che ci dà un prodotto non inquinato da residui tossici. Di questa “pesca col sacchetto” se ne producono non più di 400 tonnellate, da settembre a dicembre, e solo in cinque comuni siciliani: Leonforte, Enna, Calascibetta, Assoro e Agira.

Per promuoverne la conoscenza del frutto si è svolto a Roma, nella sede dell'Aicig, l'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche, un convegno con la partecipazione del presidente del Consorzio della Pesca di Leonforte Igp, Carmelo Salamone (nella foto) e del suo direttore commerciale Domenico Di Stefano (nella foto). Ad accogliere gli ospiti Giuseppe Liberatore (nella foto) e Leo Bertozzi (nella foto), rispettivamente presidente e segretario generale di Aicig che tutela il 98% delle Dop e Igp italiane.

«La pesca di Leonforte - ha detto Giuseppe Liberatore - è un prodotto di nicchia ma di grande valore per la tutela della biodiversità e questo dimostra che in questa che è la casa delle denominazioni non esistono solo i grandi marchi conosciuti in tutto il mondo. Questo frutto è un esempio di come i fattori ambientali, umani e le tecniche produttive siano fattori da tutelare, verificare e promuovere, compiti dei Consorzi. Ma è anche un esempio di come l’indicazione geografica accresca la valorizzazione del prodotto territoriale».

Carmelo Salamone, Giuseppe Liberatore, Leo Bertozzi e Domenico Di Stefano

Carmelo Salamone, Giuseppe Liberatore, Leo Bertozzi e Domenico Di Stefano

Questo frutto tardivo è espressione di eccellenza di un sistema delle Dop e Igp che a livello europeo conta 1.336 Ig Food. La Sicilia in questo rappresenta una vera eccellenza perché è una delle prime cinque più importanti d’Italia per i prodotti certificati con 16 Dop e 12 Igp. Ma la pesca di Leonforte Igp non è come quantità che si impone quanto come qualità e la particolarità della sua coltivazione è un'autentica espressione di biodiversità e di identità territoriale.

La tecnica di coltivazione “insacchettata”, nata per ostacolare l’aggressione dei parassiti, prima della scoperta di antiparassitari idonei, si è rivelata poi una misura virtuosa della tutela dell’ambiente - tanto invocata oggi - oltre che di garanzia di purezza del frutto, indenne da residui dannosi alla salute. Non è certificata biologica ma potrebbe esserlo presto.

«Il buon esito di tale pratica - ha detto il presidente del Consorzio Carmelo Salamone - ispirò tutti i coltivatori e oggi rappresenta il tratto distintivo di questa pesca, oltre alla tempistica di raccolta che è tardiva rispetto alle altre cultivar di pesche italiane».

Per Domenico Di Stefano, coltivatore e direttore della cooperativa che sta all’interno del Consorzio e addetto al marketing, questo tipo di frutticoltura ha promosso nel territorio una forte collaborazione tra i produttori portando anche occupazione e reddito in un territorio depresso, carente di infrastrutture.

«La nostra cooperativa - ha detto - risale al 1983 e produce molti vantaggi: un prodotto uniforme, un unico referente commerciale e nessuna concorrenza interna. Ma soprattutto è la nostra passione a tenerci uniti e a considerare questa coltivazione una risorsa per le nuove generazioni. Per i prossimi anni contiamo di raddoppiare la produzione per l’ampliamento di nuove aziende».

La densità di impianto è compresa tra le 400 e le 1.100 piante ad ettaro, è ammessa la potatura sia invernale che estiva e il diradamento deve essere compiuto prima dell'insacchettamento obbligatorio non oltre maggio. Privilegiato l'uso del letame e degli altri concimi organici. Il Consorzio della Pesca di Leonforte Igp sta anche mettendo a punto uno studio con l’obiettivo di classificare tutte le sue varietà accumunate dal colore giallo in varie sfumature ma diverse per pezzatura, gusto e periodo di maturazione.

Dove si può acquistare questa sorprendente pesca profumata con cui si fanno anche ottime confetture? Nei mesi dell’autunno in alcuni punti della grande distribuzione ma non dovunque per la quantità limitata. Ma queste pesche hanno preso negli ultimi tempi direzioni ben più lontane, nel mondo, sempre apprezzatissime per il sapore e la consistenza. A Dubai sono state confuse con i manghi.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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