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Sul riso è sempre più scontro Gli industriali giocano duro

L’approvazione alla Camera di una doppia classificazione del Carnaroli continua a fare discutere non solo il Consorzio di tutela vercellese, ma la filiera. Di grande aiuto la presa di posizione del sen. Lorenzo Piccioni (Pdl) che auspica un decreto legge che impedisca di mescolare le varietà

di Piera Genta
02 dicembre 2009 | 17:21
Sul riso è sempre più scontro Gli industriali giocano duro
Sul riso è sempre più scontro Gli industriali giocano duro

Sul riso è sempre più scontro Gli industriali giocano duro

L’approvazione alla Camera di una doppia classificazione del Carnaroli continua a fare discutere non solo il Consorzio di tutela vercellese, ma la filiera. Di grande aiuto la presa di posizione del sen. Lorenzo Piccioni (Pdl) che auspica un decreto legge che impedisca di mescolare le varietà

di Piera Genta
02 dicembre 2009 | 17:21
 

L'approvazione alla Camera di una doppia classificazione del Carnaroli, e cioè "speciale" in cui dovrebbe rientrare solo la varietà in purezza, e "grezzo" in cui possono essere inserite varietà similari tipo Karnak e Carnise, continua a fare discutere fra gli addetti ai lavori, creando contestazioni sempre più forti non solo dal parte del Consorzio di tutela vercellese (in prima fila del difendere le varietà del riso), ma all'interno di tuta la filiera.

Di grande aiuto, per chi vorrebbe normative a tutela dei produttori e dei consumatori, è la presa di posizione del senatore Lorenzo Piccioni (Pdl), vicepresidente della Commissione agricoltura del Senato, che non condivide la divisione varata dai deputati e auspica una soluzione tale al decreto legge che impedisca di mescolare le varietà.

E in tutta vicenda gli industriali intanto giocano duro.
Uno dei dirigente del Consorzio di tutela che era iscritto all'Associazione degli industriali (Airi) pare ad esempio sia stato radiato, tramite lettera, perché non ne avrebbe sostenuto principi e obiettivi (nella fattispecie disfare il sistema che valorizza le varietà). Un segnale assai preoccupanti perché su queste basi molti agricoltori che vendono il loro prodotto all'industria risiera potrebbero ricevere altre pressioni.

Ma perché questo accanimento per sostenere una legge truffa che avrebbe dovuto aiutare a fare chiarezza? Come sempre la storia inizia da lontano. Si è detto che da dieci anni stiamo aspettando una normativa sul commercio del riso, quella esistente è stata aggirata da tabelle ministeriali, accettate ma non codificate. E in questi dieci anni sono successe tante cose.

Ad oggi nessun organismo è preposto a fare dei controlli: una unica certificazione viene rilasciata alle aziende selezionatrici del seme (quelle che poi forniscono gli agricoltori) dall'Ente nazionale sementi elette, un ente pubblico con sede a Milano vigilato dal ministero dell'Agricoltura, dopo di questo tutto può succedere, perché non esistono altri controlli.

A questo punto anche gli agricoltori che aderiscono alle poche Dop e Igp del riso italiano si riforniscono di quelle sementi che vengono etichettate Carnaroli, Vialone Nano ecc. ma siamo proprio certi della varietà agraria di appartenenza?

All'Ente nazionale risi, dopo il suo commissariamento, sono state tolte le deleghe di controllo. Ci siamo mai chiesti chi siede nel consiglio dell'Ente risi? Proprio quell'ente nato nel dopoguerra per sostenere e promuovere il riso italiano. In questo senso sono esemplificative le campagne promozionali di quei primi anni quando si voleva veramente conquistare le abitudini degli italiani a consumare riso di qualità.

Una risposta potrebbe venire dalle analisi? Certo, tutto vero, ma occorrono ben quattro tipi di analisi per essere sicuri dell'appartenenza alla varietà e cioè quella biometrica (parametro considerato dal disegno legge n.1991), quella della percentuale di amilosio (uno dei componenti dell'amido del riso), quella della consistenza e quella della collosità del chicco.

Ovviamente tutto questo con un costo, ma ritorniamo di nuovo all'inizio, manca l'ufficializzazione di un controllo. Il Consorzio auspica che nella prossima discussione al Senato si prenda in esame anche l'aspetto dell'ufficializzazione dei controlli di laboratorio ed ovviamente nel caso di risultati non rispondenti l'ammontare delle sanzioni amministrative dovranno essere proporzionali.

Ancora sfugge in tutta questa disamina il perché dell'accanimento degli industriali. Proviamo ad esaminare la superficie coltivata a risone e la quantità di riso venduta. Sicuramente una parte di riso che viene confezionata dall'industria risiera non ha proprio carta di identità italiana, perché proviene da coltivazioni e trasformazioni dell'Europa dell'est. Di nuovo, non esistono dei dati, o forse esistono, ma non vengono resi disponibili, che mettano a confronto la superficie coltivata a Carnaroli quanto Carnaroli viene venduto. Parliamo sempre di Carnaroli, perché quella più conosciuta, il ragionamento puoò essere portato avanti anche su tutte le altre varietà.

A fronte di circa 6500 ettari seminato nel 2009 a risone Carnaroli con una produzione media di 40-45 quintali per ettari, ricaviamo circa 290mila quintali di risone e 160mila quintali di riso trasformato. Ma quanto ne viene venduto? Non conosciamo il dato.

Forse questa potrebbe essere una altra buona ragione della presa di posizione dell'industria riseria verso la protesta del Consorzio, proprio perché l'industria aspira al mercato perfetto nel termine economico più stretto.


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02/12/2009 17:21:00
1) È impossibile distinguere Carnaroli da Karnak in magazzino
Sono socio fondatore del Consorzio di tutela delle varietà di riso. Sfido tutti, purtroppo, a distinguere Carnaroli e Karnak in magazzino. Dico purtroppo perchè la giungla è resa possibile da una assoluta identità tra le due varietà.




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