Monta la protesta contro chi sfrutta il nome di uno dei più popolari formaggi italiani per vendere prodotti che con le stalle e il latte del Belpaese non hanno nulla a che fare. Questa a Milano, durante la presentazione della campagna informativa 'Gusta la qualità” è stato il Direttore del Consorzio del Grana,
Stefano Berni, a scagliarsi contro i similgrana «che nascono in Stati dove si pagano gli operai un decimo rispetto a noi e dove la materia prima costa la metà. E gli industriali italiani che lo fanno non si vergognano di vendere i loro formaggi usando nomi che imitano il vero Grana Padano. Il consumatore non viene informato e non esiste una legge che imponga di indicare da dove arriva la materia prima e dove viene lavorata».
I similgrana sottraggono un valore di quasi 600 milioni ai due miliardi e mezzo di euro del mercato del vero Grana Padano, un formaggio Dop che raccoglie quasi la metà delle 4 milioni e mezzo di tonnellate di latte munte in Lombardia. Il vero Grana nasce dalla materia prima fornita da 5.800 stalle italiane e viene distribuito in 4 mila punti vendita, con investimenti di 7 milioni di euro su qualità, trasparenza di lavorazione e sicurezza alimentare.
Nel frattempo – denuncia il Consorzio del Padano Dop – i similgrana prodotti in Polonia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca, Ucraina e Ungheria continuano a sfruttare l'assonanza con il nome originale e l'assenza dell'obbligo di indicare l'origine della materia prima utilizzata, un rischio che aumenta con le confezioni di grattugiato.
Proprio lo scorso luglio il Nucleo antifrodi dei carabinieri aveva sequestrato fra Cremona e Parma 4.800 confezioni di formaggio grattugiato con etichette che riportavano una dizione 'falsamente evocativa” della Dop Parmigiano Reggiano. Mentre nell'estate del 2010 furono trovate 2.800 forme di Grana Padano prodotte con latte di origine sconosciuta e marchiate con il simbolo del Consorzio grazie a uno stampo 'tarocco” ottenuto grazie a un lettore laser.