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"Il romanzo del Sangiovese", libro ma anche progetto interattivo sul vitigno

Andrea Zanfi presenta Il romanzo del Sangiovese, dove la storia del vitigno italiano diventa un soggetto che parla in prima persona. Integrano il racconto: un film documentario, 53 short story e un portale internet

di Mariella Morosi
 
12 giugno 2013 | 18:29

"Il romanzo del Sangiovese", libro ma anche progetto interattivo sul vitigno

Andrea Zanfi presenta Il romanzo del Sangiovese, dove la storia del vitigno italiano diventa un soggetto che parla in prima persona. Integrano il racconto: un film documentario, 53 short story e un portale internet

di Mariella Morosi
12 giugno 2013 | 18:29
 

È proprio un romanzo questo insolito libro sul vino, quasi un romanzo d’amore. Andrea Zanfi ci presenta il Sangiovese, uno degli storici vitigni italiani come un soggetto che dialoga in prima persona con le donne e gli uomini di vigna e di cantina, durante un viaggio immaginario dalle coste tirreniche a quelle adriatiche.

È infatti nei territori toscani e romagnoli, dalla Maremma a Massa Marittima, da Montalcino a Imola, che il Sangiovese, vitigno controverso, non facile, mai scontato, ha sempre avuto le migliori espressioni. Il principe delle vigne è coprotagonista di un intreccio di sentimenti e di storie, raccontate con un insieme di linguaggi comunicativi: la scrittura, il cinema, la fotografia, la rete, i Qr code (Quick read).



Se un libro sul vino può definirsi rivoluzionario, questo lo è perché rovescia concetti consolidati e teorie indiscusse. Nel volume “Il romanzo del Sangiovese” (290 pagine, Salvietti e Barabuffi Editori, 50 euro, anche in lingua inglese) mancano i tecnicismi del campionario enologico così come i compiacimenti stilistici: fotografie, foglietti spiegazzati, confessioni, tutti gettati a caso in un cassetto che la tipografia ha rispettati e trasformato in libro.

I caratteri sono quelli di macchina da scrivere d’annata e macchie di vino e cerchi rossi, quelli che lascia un bicchiere sulla tavola, risaltano come sangue sulle pagine. Del resto il nome stesso del Sangiovese viene da sanguis Jovis, sangue di Giove, che rafforza il suo mito e conserva il mistero della sua origine, contesa tra romagnoli e toscani. Il volume, illustrato dalle fotografie di Francesco Orini, intensissimi flashes che un esteta un po’ superficiale potrebbe considerare impubblicabili, è dedicato a Franco Biondi Santi appena scomparso. Questo gentiluomo delle vigne considerava il Sangiovese “un fratello" verso cui nutriva rispetto e assoluta riconoscenza incultatagli da chi lo aveva preceduto.

Ma il volume è anche un film documentario: “Silenzio, ora parlo io”, diretto da Gianmarco Serra che integra e completa il racconto. Inoltre, all’interno delle pagine, attraverso il Qr code è possibile visualizzare nel proprio dispositivo mobile, “Quelli che...”, un ciclo di 53 short story in cui i produttori raccontano la loro idea sul Sangiovese. A tutto questo si aggiunge un portale internet (www.leterredelsangiovese.com)  che attraverso la comunicazione in rete intende ampliare la conoscenza dei vari territori in cui si esprime al meglio il vitigno.

Andrea ZanfiLui, il Sangiovese, per la prima volta rivendica la sua anima, il diritto di essere diverso da una vendemmia all’altra senza essere aggiustato, abbellito, ingentilito, contaminato, omologato ai gusti del momento.

«Ci sono tanti Sangiovesi diversi da un versante all’altro degli Appennini - è il vitigno che parla - ci sono le stagioni del Sangiovese d’annata fresco, agile, slanciato  come in certi Chianti di Radda o di Lamole, le stagioni di quelli più intensi e potenti come nei migliori Sangiovesi di Romagna, da Brisighella a Predappio e Bertinoro, ci sono le tante anime del Sangiovese grosso, spesso più longevo e vocato all’invecchiamento come ben sa chi ama il Brunello di Montalcino. E c’è l’austera eleganza del vino nobile con i suoi rimandi di terra e di bosco. Poi a ben guardare c’è persino del Sangiovese a Monte Urano profumato di visciole e di erbe selvatiche, dalla beva irresistibile».

Il brano è tratto da “Dialogo di una vecchia vigna di Sangiovese e di un giovane viticoltore” di Giampaolo Gravina, un testo degno di un grande palcoscenico. Dialoghi, ma anche monologhi, frammenti di emozioni, esplosioni di rabbia per non essere compreso e rispettato.

 «Migliorarmi non è una priorità - dice ancora il nostro protagonista - sono certi vignaioli ad avere difficoltà a confrontarsi con me. Sono loro che mi piantano dove non dovrei stare,che mi vendemmiano quando gli pare, o mi vinificano secondo sistemi astrusi. Mi vorrebbero più sdolcinato, più ruffiano, più amabile e subito pronto. Per secoli ho fatto a meno di voi presuntuosi amici miei e non ho mai avuto bisogno di wine maker né di quei giudici di parkeriana memoria che mi dicessero cosa dovevo fare per divenire importante».

Bisogna saperlo interpretare il Sangiovese, aspettando che i suoi frutti siano pronti. «È un vino che non ti comanda, ma ti sorride e ti fa cenno con il capo di seguirlo, così come farebbe una donna che ti manda dove ella vuole, senza darlo a vedere», dice il produttore Giampaolo Paglia di Poggio Argentiera.

E Benedetto Grechi dei Vignaioli del Morellino di Scansano ammette: «Non ha un’empatia facile e immediata, tanto che prima di innamorarsi di lui può succedere di rimanere un po’ interedetti».

Lorenzo Zonin del podere San Cristoforo lo blandisce: «Ti ho vestito in modo diverso così che tu con l’etichetta Amaranto potessi soddisfare chi gusta e apprezza la tua giovinezza».

Spasimante ostinato è Leonardo Salustri: «Passo ore tra i filari per cogliere quel momento fatale - gli dice - passo e ripasso prima di vendemmiarti».

Ambiguità e passione per Alessandro Mori del Marroneto: «Non sono state solo gioie nel nostro rapporto. Ricordo i nostri musi lunghi e le litigate, soprattutto quelle furiose in cui stentavo a comprendere cosa tu volessi diventare. Ma ricorderai anche che ti ho difeso, quando il mondo ti voleva diverso. Non è stato facile esserti fedele».

Appassionato e dolcissimo lo sfogo di Elisabetta Gnudi di Borgo Scopeto e Caparzo che gli dice: «Sei l’uva che fa dannare, dietro alla quale corro perché non si bagni, perché non vada in sovramaturazione, perché non produca né troppo né troppo poco...».

Passione sfrenata di Paolo Cassetta di Ca' Lunga: «Il Sangiovese è femmina: da 16 anni le corro incontro rimanendole fedele e cercando di sentirla sempre più mia».

Raffinati infine Camillo e Giacomo Montanari: «Certe volte indossi una veste sobria, sensuale, fine come seta, distante da quello che mostri quando sei un vino d'annata».

Dialoghi continui, intensi, quasi reali tra il vitigno e coloro che lo allevano, lo potano, ne raccolgono il frutto. È un libro diverso, del tutto diverso anche da quelli che  che Andrea Zanfi ha scritto in precedenza (e sono tanti) illustrando al meglio la rinascita, le dimensioni e le potenzialità del vigneto Italia.

Ma sfogliandolo si ha l’impressione che questo romanzo costituisca una svolta per questo autore maremmano nel  suo modo di raccontare il vino. A presentare il progetto multimediale e interattivo a Roma alla stampa estera, sono stati con Andrea Zanfi e l’editore Leo Salvietti, il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Erasmo de Angelis, e Gian Alfonso Roda, presidente dell'Enoteca regionale dell’Emilia Romagna.

Ha moderato l’incontro come padrone di casa Alfredo Tesio, presidente del gruppo del gusto dell’associazione stampa estera. Il libro è il frutto di un tour lungo tre mesi che l’autore ha compiuto lo scorso anno tra Toscana e Romagna.

Zanfi ha incontrato produttori, viticoltori, giornalisti ed enologi ognuno dei quali ha contribuito a delineare il profilo del Sangiovese e a far comprendere il vitigno che ha segnato l’evoluzione enologica di questi territori.

Per la stampa specializzata hanno collaborato Andrea Dal Cero, Fabio Bottomelli,Gianpaolo Gravina, Fabio Piccoli, Riccardo Tesi. Significativo il contributo degli enologi Attilio Scienza, Barbara Tamburini,Riccardo Cotarella, Paolo Vagaggini, Alessandra Ticci, Vittorio Fiore, Carlo Ferrini e NIccolò D'Afflitto.

«L'idea di fondo - ha spiegato Zanfi - è che volevo in maniera schietta ripercorrere un viaggio nella storia del Sangiovese con l'obiettivo di portare a galla la sua vera anima ripulita dagli orpelli che negli ultimi tempi hanno celato la sua personalità. Nel mio percorso ho incontrato 65 produttori, 9 enologi e 7 giornalisti che hanno contribuito a realizzare questo progetto. E poi il vino vero deve tornare sulle tavole».

E dopo il Sangiovese quale altro vitigno storico del nostro Paese potrà ripercorrere le tappe della propria esistenza? Le scelte potrebbero essere infinite, ma sembra che Zanfi stia già lavorando alla Corvina, grande vitigno della Valpolicella che dà origine all'Amarone.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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