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Stellati come traino per i ristoranti? La crisi rimette tutto in discussione

Il problema di fondo è il contrasto fra eticità ed interessi in cucina. Troppe chiusure o cambi di gestione nascondono scelte sbagliate, ma scegliere un cuoco o un tipo di menu non è come puntare alle corse su un cavallo. Fanno discutere sulla rete i recenti casi di Fabio Barbaglini e di Bruno Barbieri, perchè cambiano tutto?

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
16 luglio 2013 | 09:51
Stellati come traino per i ristoranti? 
La crisi rimette tutto in discussione
Stellati come traino per i ristoranti? 
La crisi rimette tutto in discussione

Stellati come traino per i ristoranti? La crisi rimette tutto in discussione

Il problema di fondo è il contrasto fra eticità ed interessi in cucina. Troppe chiusure o cambi di gestione nascondono scelte sbagliate, ma scegliere un cuoco o un tipo di menu non è come puntare alle corse su un cavallo. Fanno discutere sulla rete i recenti casi di Fabio Barbaglini e di Bruno Barbieri, perchè cambiano tutto?

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
16 luglio 2013 | 09:51
 



Caro direttore,
ti scrivo due volte in pochi giorni sullo stesso argomento, il rimbalzo ormai settimanale, quasi giornaliero, di cuochi  spesso super famosi, che abbandonano location, ristoranti o alberghi prestigiosi, pone ancora lo stesso quesito: sono le imprese che hanno assunto questi “superchef” ad essersi sbagliate o sono loro che stessi hanno mancato gli obbiettivi promessi?

Fabio BarbagliniUn mio caro amico giornalista, oggi mi faceva notare che certamente per “lanciare” un nuovo ristorante o un albergo, la firma del cuoco stellato è fondamentale per ottenere dalla stampa di settore una buona visibilità, una volta passata questa fase, anche se il cuoco va via (o viene mandato via) il gioco è fatto, la location è sulla bocca di tutti.

Ma il caso, anzi i casi, perché sono due in questi giorni, sono lo specchio di tutto ciò. Fabio Barbaglini (nella foto a sinistra), che aveva preso il posto del magico Ezio Santin alla Cassinetta, era da manuale: un’azienda importante del mondo del vino aveva acquisito il pacchetto della Cassinetta e aveva scelto il Fabio, allievo dello stesso Santin e giovane promessa della Ristorazione italiana, fiumi di inchiostro avevano sottolineato anche la lungimiranza di detta operazione, un bravissimo
“vecchio” che aveva ceduto il passo ad un giovane. Pochi mesi e la situazione salta, lo stesso Fabio, come tanti cuochi  negli ultimi mesi dichiara che le condizioni non sono più le stesse del contratto iniziale. La crisi dunque colpisce anche i grandi?

Bruno BarbieriL’altro caso, che sta facendo esplodere di commenti Facebook è quello del grande cuoco di Masterchef, Bruno Barbieri (nella foto a destra), che lascia lo splendido Hotel di Londra, per aprire una trattoria in quel di Bologna, anche qui i casi sono due o Barbieri “supercuoco” stellato ha sbagliato tutto e ci ha raccontato storie oppure oggi non può dire di voler aprire una trattoria. Cosa c'entra lui con la Cultura della trattoria italiana?

Dopo la cucina creativa, molecolare e “spagnoleggiante” oggi tutti vogliono tornare alla cucina italiana, anzi no alla Trattoria? E i critici gastronomici cosa scriveranno per raccontarci questa bella favola? E chi in Italia la Trattoria la fa da sempre e bene cosa merita? La nomina a Cavaliere del Lavoro?

E la Michelin cosa dice dinnanzi a questo uso spregiudicato della Stella, in alcuni casi sinonimo solo di affari e di commercio? è giusto confermare la stella agli chef anche nel nuovo posto e in qualche caso prima ancora che il nuovo fosse ancora aperto? Certamente a volte la bravura di molti cuochi è confermata dalla loro storia personale, ma forse bisogna tornare ad una certa eticità e serietà, il settore lo reclama e ne ha bisogno anche il cliente.



Caro Matteo,

la tua analisi è come sempre lucida e puntuale, nonchè condivisibile. Da tempo scriviamo che va rivisto tutto il sistema delle valutazioni. Fra guide e commenti dei consumatori (molti dei quali palesemente falsi, soprattutto su TripAdvisor) siamo arrivati all'eccesso di critiche orientate a fare business. E troppi cuochi si prestano a questo gioco attratti giustamente dal guadagno, che di questi tempi non è sicuro se si sta in cucina a fare il proprio lavoro.

Sul caso di Bruno Barbieri direi che siamo al giochino di chi, forte di una notorietà televisiva, cerca nuove occasioni. Non credo si possa fargliene una colpa perchè si allinea a quanti sostengono il valore della cucina tradizionale. Semmai ci piacerebbe capire in che relazione mette questa con le sue precedenti esperienze. Se è solo un'operazione imprenditoriale, niente da dire, ma se questo corrisponde ad un cambio di impostazione, non sarebbe male saperlo...

Alberto Lupini

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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22/08/2013 17:34:53
3) Merito di un grande cuoco é saper scegliere gli ingredienti giusti
In tutte le Umane vicende ci sono sinusoidi che ci parlano di cosa va' da cosa non va'.Negli anni 70 il business era nelle fabbrichette che all'loro interno avevano una gamma di livelli sociali.Se avevi la fortuna di aprire nel 1970 in prossimita' di tali aree era fatta.Mi ricordo che i ristoranti di allora,avevano orpelli in argento,tovaglie belle,ma la cucina era naif.Un risotta al radicchio e degli eminces strogonov,cremcaramel,vino umbro allora era in Toscana.25000 lire niente male a fronte di un menu' da 20 euro di oggi.Ma le 25000 lire del 1970 a quanto corrispondono oggi?Meditate gente.Si chiede un livello sorprendente,lusso,ma si pagano a malinquore 25,00 euro.Mentre tutte le fabbrichette si sono chiuse,abbiamo aperto ristoranti,ma per chi?Il Ristorante Nasce con la necessita' di alcuni chef di uscire dalle corti.Ma quando questo e' accaduto e fino agli anni 70,in citta medie c'erano 10 ristoranti tutti pieni,e lavoravano per le classi dirigenti in pieno boom economico.L'osteria e la trattoria in questo momento sono vincenti,e non ditemi che utilizzando off corse i migliori ingrdienti non andreste a mangiare una bella zuppa vastese pesce peperoni e zafferano,ma scherziamo.Di corza!!!!E' chiaro che parla l'ingrediente,ma saperlo scegliere e' un grande merito di uno Chef professionista,meno tecnicismi e' questo il punto e menu piccolo 2 antipasi 2 primi 2 secondi 2 dessert cambiarli spesso.
antonio bondi
chef
_________________
26/07/2013 13:38:34
2) Non serve la vanitá, si cresce lentamente per professionalitá
Il calcolo e' tutto sbagliato.Non si puo' aprire un'attivita' iniziando con un alto livello,e poi cambiare direzione.La ristorazione deve rendersi conto che fare un cliente e' difficile,nel momento che il cliente ha delle certezze dopo i primi 3/4 mesi e torna, Il gioco e' fatto.Proporre a chi ci ha scelto per uno stile preciso di adeguarsi al nuovo look difforme dal pr imo e' perdere tutta la clientela e tutto quello che e' stato seminato.Io nelle Start up parto sempore con cose base,fregandomene dei giornalisti,ma non dei clienti.Se poi si ha un ritmo accettabile si alza l'assicella.Volete apparire? Benissimo,attenti a non battere i denti.La professione non e' mai vanita'.
antonio bondi
chef
___
17/07/2013 12:07:06
1) È tempo della rivoluzione della semplicità
Eticità, serietà, rivoluzione, avanguardia, nuove strategie. Sono termini che racchiudono consapevolezze nuove, prese d'atto imprenscindibili se ci si vuole affrancare dal rischio del crollo. A questo punto, potremmo pur affermare che le Guide, le stelle e altri simboli che sino ad oggi hanno riconosciuto bravure e successi vadano a perdere lentamente il loro interesse. Eticità e serietà sono valori morali soggettivi, personali che se interpretati e tramsessi, generano comportamenti collettivi virtuosi. Rivoluzione e avanguardia sono fenomeni, processi collettivi ma nascono da iniziative individuali e a volte elitarie che incarnano bisogni e speranze collettive.
Cosa c'entra tutto questo con la ristorazione ? C'entra perchè, come diceva La Rochefucould, magiare è un atto necessario, ma mangiare intelligentemente è un'arte. E questa arte è stata ed è una prerogativa prettamente italiana che la ristorazione nazionale ha saputo rappresentare originalmente e sapientemente per circa un secolo. Oggi, la crisi epocale che la attanaglia non la deve distruggere e non deve disperdere il patrimonio di intelligenze e creatività che gli chef tricolori rappresentano.
E quì le avanguardie di questa anelata rivoluzione devono essere di esempio, da traino fondando una nuova ristorazione sulla semplicità, sull'utilizzo di prodotti coltivati direttamente o quasi, mettendo al bando ogni accessorio scenografico costoso, non cedendo a tentazioni "molecolari", nè al business, nè alle varie televisioni, evitando tutte le distrazioni possibili. Avanti tutta, a barra dritta e....si ricomincia ! Chi ci crederà avrà un vantaggio, l'aver effettivamente compreso che in questa Italia il rischio del crollo non è poi così lontano come "lorsignori" ci vorrebbero far credere e chi nella ristorazione vive di lavoro vero, effettivo, se la gente e le famiglie non vanno al ristorante a mangiare o a festeggiare un evento, è costretto a chiudere. Il problema è appunto questo, riportare la gente, le famiglie, i giovani al ristorante. Ma ciò potra avvenire se il ristorante, attraverso quella rivoluzione potrà offrire il meglio del meglio per 20 euro. E' possibile ?. Anche questa volta ringrazio per l'ospitalità e l'attenzione riservatemi
Domenico Giordano
Impiegato
Olearia San Giorgio


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