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Cervello e cuore, gli ingredienti chiave del grande successo di Bruno Barbieri

Bruno Barbieri è il cuoco italiano ad aver ricevuto più stelle: 7 in totale; oggi racconta la sua passione per la cucina, i sacrifici che implica questa professione e l'importanza della tradizione culinaria made in Italy

di Sandro Romano
 
06 marzo 2014 | 11:57

Cervello e cuore, gli ingredienti chiave del grande successo di Bruno Barbieri

Bruno Barbieri è il cuoco italiano ad aver ricevuto più stelle: 7 in totale; oggi racconta la sua passione per la cucina, i sacrifici che implica questa professione e l'importanza della tradizione culinaria made in Italy

di Sandro Romano
06 marzo 2014 | 11:57
 

Bruno BarbieriBruno Barbieri (nella foto), chef emiliano di Medicina (Bo), è sicuramente uno tra i personaggi della gastronomia più conosciuti dal grande pubblico. La sua partecipazione a Masterchef in qualità di giudice insieme a Carlo Cracco e Joe Bastianich, ha notevolmente accresciuto la sua popolarità conquistata precedentemente a suon di stelle Michelin.

Chi, dopo tre anni di Masterchef non conosce il termine “mappazzone”, da lui coniato, con il quale Barbieri identifica un piatto disordinato, pasticciato e senza logica? Ho incontrato Bruno Barbieri a Corato (Ba), presso la Scuola “Anice Verde”, diretta dall’amico Pasquale Procacci Leone, e ne è venuta fuori una piacevole chiacchierata.

Ciao Bruno, vedo che vieni spesso in Puglia...
Ci vengo spesso e davvero volentieri. Quando sono in Puglia, per me è come essere a casa, è meraviglioso, ho tantissimi amici.

Dove trovi il tempo per conciliare tutte le tue attività televisive, i tuoi interessi e il tuo lavoro?
Il problema è che non ho più una vita. Oggi faccio quelle cose che non ho fatto per trenta anni. È chiaro che per questi 30 anni della mia carriera mi sono sacrificato molto, ho sacrificato la mia vita, la mia famiglia, tante cose. Ora, dopo tutto quello che ho fatto, ho voglia di fare anche altro, cioè quelle cose, anche semplici, che ho sempre trascurato. Ad esempio era tanto che non portavo mia madre al cimitero e l'altro giorno l’ho fatto. Sai, è bisogno anche di normalità.

Certo la vita del cuoco è…
È molto dura, credimi.

È vero che dopo le 7 stelle Michelin, dopo l’esperienza d’oltremanica, hai deciso di aprire una trattoria a Bologna?
Sai, di Bruno Barbieri se ne dicono talmente tante e pare che sia stato convocato anche nella nazionale di calcio… scherzo. C’è l‘idea di fare delle cose. Ho voglia di prendere la vita con calma, voglio fare tutto quello che non ho fatto finora, quindi ci può stare anche una trattoria. Poi, sai, io sono uno che vive molto alla giornata. Anche Masterchef è un bell’impegno, ma va bene così.

Però mi risulta sia vero che volevi fare il calciatore
Ero anche bravo, attenzione! Ho giocato nel Bologna, però il mio vero grande problema è che sono nato nell’anno in cui è nato Maradona e io giocavo nel suo stesso ruolo, ero un numero 10. Per me non c’era spazio (ride) e allora ho optato per la cucina.

Ma i cuochi dove devono stare, in cucina o in televisione?
Il mestiere del cuoco è quello di stare in cucina, però serve qualcuno preparato, che non è solo Barbieri, ma tanti altri come Cracco, Vissani, Corelli, Bastianich, che vadano a raccontare un po’ in giro quello che accade in Italia, gastronomicamente parlando. Anche perché se abbiamo sempre la solita idea che il cuoco non debba muoversi dai fornelli, non andiamo più a raccontare la nostra cucina. Per esempio, a Londra, la mia grande difficoltà col brand che avevamo aperto è stata proprio questa, cioè che agli inglesi la cucina italiana non è mai stata raccontata da nessuno. Già in America il concetto era diverso, perché il fatto che negli anni 40-50-60 ci siano andati a vivere giornalisti, cuochi, gente che sapeva di ristorazione, ha portato al risultato che, oggi, tu vai a New York e mangi esattamente come in centro a Milano. A Londra non è così, non c’è nessun vero ristorante italiano, c’era solo il nostro.

Bruno Barbieri e Sandro Romano
Nella foto, da sinistra: Bruno Barbieri e Sandro Romano

Quindi manca proprio la cultura della nostra cucina?

Per farti capire cosa è la ristorazione italiana a Londra, ti dico che un giorno portai il culatello di Spigaroli, che è il top del top del top, e gli inglesi mi dissero che è appena un po’ più buono di un prosciutto. Andando in giro per il Mondo mi sono accorto di quanto noi italiani siamo dieci spanne sopra tutti in tutti i mestieri, dal cuoco al grande ingegnere, al ricercatore, al pavimentista… Il problema è che noi non riusciamo a fare quel marketing che serve per venderci meglio. Ti dico questo perché io credo che, attraverso il cibo, noi possiamo veramente ricominciare in questo paese. Al cibo è veramente legata una serie di altre situazioni come il territorio, i monumenti, il turismo. Poi è chiaro che serve anche la grande industria, ma credo che dalla gastronomia, da questa piccola cosa noi possiamo ripartire. I nostri governanti dovrebbero capire che abbiamo veramente un qualcosa in mano di importante, una bomba meravigliosa che non riusciamo a far saltare, una storia che non riusciamo a raccontare.

Cosa proponi?
Ti voglio raccontare questa piccola cosa. A Londra io vivevo in Park Road, di fronte alla Moschea, quindi tutte le mattine, per andare a lavorare, passavo davanti al museo di Madame Tussauds. Nonostante per visitarlo si spendano 32 sterline, tutti i giorni, per due anni consecutivi, c’erano file chilometriche dalle 6.00 di mattina fino alle 10.30 di sera. Capisci? Per andare a vedere delle statue di cera! Noi abbiamo il Colosseo, Trinità dei Monti, centinaia di migliaia di cose meravigliose, il 70% dei monumenti più importanti del Mondo e magari pensiamo di venderli ai Russi. Invece sistemiamo il Colosseo e poi facciamo pagare anche noi 32 sterline per entrare. Noi abbiamo in casa talmente tante cose belle ma non riusciamo a fare marketing.

A proposito di cucina, non pensi che oggi ci sia troppa distanza tra innovazione e tradizione?
Noi abbiamo una storia talmente importante, talmente grande che, secondo me, l’estremismo gastronomico alla fine non ci ha mai premiato e non ci premierà. Abbiamo una grande cucina tradizionale ed è da lì che dobbiamo partire. La sperimentazione deve servire ad alleggerirla, tenendo ben presente, però, da dove siamo partiti e che cos’è la nostra storia. Perché - fai attenzione - la nostra storia non ce l’ha nessuno, i tartufi d’Alba, il pane carasau, i taralli, le cime di rape, tutta questa roba qui gli altri non ce l’hanno.



Ho sentito dire da alcuni tuoi colleghi che la nostra grande tradizione si stia rivelando un limite, quasi un peso

Ma sai, nella vita ognuno di noi ha un pensiero. Per fortuna poi tu ti vesti di nero, io di bianco, altri si vestono di giallo, è importante anche il fatto che non la pensiamo tutti allo stesso modo.

Quindi ritieni sia importante portare avanti questa tradizione?
Assolutamente. Io credo che, comunque, ci sia spazio per tutto e per tutti. L’importante è credere in quello che si fa e farlo con coscienza. Bisogna usare il cervello e il cuore.

Ci sono degli ingredienti che ami particolarmente?
Gastronomicamente parlando mi piace tutto. Non ho preferenze, mangio di tutto, anche se devo stare dentro la taglia 46 per la televisione e non posso ingrassare. Comunque amo la pasta e l’olio extra vergine d’oliva.

Affidami un messaggio per la ristorazione italiana
Il messaggio è uno solo. Non molliamo mai ragazzi, al di là di chi è più bravo e meno bravo, televisione o non televisione, dobbiamo solo - come dice Gianni Morandi - stare sempre uniti. Ma la ristorazione italiana non ha bisogno di suggerimenti da Bruno Barbieri, è sufficiente che si tenga sempre bene in mente una cosa: siamo Italiani, gente che cucina col cuore.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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11/03/2014 11:56:27
2)
Grande Bruno sei il migliore Carlo Eugeni
Carlo Eugeni
Pensionato
11/03/2014 11:56:24
1) Bravo Barbieri
Bravo Barbieri,sinceramente non mi era tanto simpatico,però dopo aver letto questa intervista mi sono dovuto ricredere. Ha detto tante cose giuste che,secondo me,dovrebbero imparare anche chi ci governa. Complimenti Bruno continua così.
eugenio manenti



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Fonte Margherita