Le pernacchie dei pendolari (che usufruiscono di uno dei peggiori servizi in Europa) erano scontate. Ma a dare il senso vero della reazione di un Paese indignato ci ha pensato un imprenditore del calibro di Diego Della Valle, patron di Tod’s, che ha attaccato senza mezzi termini l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato,
Mauro Moretti: «Se avesse il coraggio e la dignità di andarsene, troverebbe milioni di italiani pronti ad accompagnarlo a casa». Che Della Valle, socio con Montezemolo di Ntv, la società di Italo (concorrente delle Ferrovie), ce l’abbia con Moretti forse è comprensibile visti gli ostacoli posti allo sviluppo dei treni veloci. Ma certo la reazione forte e indignata alle dichiarazioni del boiardo delle Ferrovie - che si era detto pronto a
lasciare il suo incarico nel caso il Governo avesse tagliato il suo stipendio da ben 850mila euro l’anno - è un segnale preciso di come l’Italia che lavora e oggi soffre non può più accettare rendite di posizioni e di potere ingiustificate.
Moretti, senza entrare nel merito delle sue doti professionali, è il campione, arrogante, di quei manager di aziende pubbliche (da quelle comunali a quelle dello Stato, per lo più inutili), dove la selezione avviene per meriti politici e i risultati sono per lo più disastrosi. Tolte società che hanno per soci più soggetti (è il caso di alcune municipalizzate o di fondazioni), le migliaia di aziende pubbliche in Italia hanno un unico socio (un ente pubblico), sono gestite da consigli di amministrazione pieni di politici trombati (pensiamo solo alle Aler o alle società di promozione) ma superpagati e si occupano di attività che potrebbero essere svolte direttamente dal socio (Comune o Ministero che sia, poco importa).
La scure sugli stipendi che vuole usare
Renzi è più che giustificata, anche se non è radicale come forse dovrebbe essere. La vera rivoluzione sarebbe quella di commissariare e sciogliere tutte le società che hanno un unico socio pubblico, e nell’arco di sei mesi/un anno lasciare come società quelle ce hanno seri motivi per stare sul mercato. È il caso delle Ferrovie e, forse, delle Poste. Ma non certo di
carrozzoni assurdi come furono
Buonitalia al ministero delle Politiche agricole o la società per il
mega portale (poi abortito) del ministero del Turismo...
I tagli delle spese inutili devono partire anche da qui. Ed è inutile che questi boiardi o mandarini di Stato si lamentino. Se sono così bravi, e non gli garba il taglio di stipendio, possono sempre trovare un’occupazione nelle aziende private che certamente saprebbero ben valutare i loro costi/benefici.
Ma il problema non riguarda solo le aziende pubbliche. Guardiamo in faccia la realtà. L’Italia ha il più alto numero di dirigenti pubblici. Tre volte più della Francia. E anche questi sono i più pagati d’Europa. 280mila alti burocrati sono un numero spropositato anche rispetto al totale dei dipendenti pubblici. E la cosa grave è che tutti hanno pagelline con valutazioni ai massimi livelli, quasi che i servizi pubblici italiani fossero fra i più efficienti d’Europa. Ci sono alti burocrati che percepiscono compensi annui in alcuni casi superiori a 300mila euro lordi. Quasi come il Presidente della Repubblica e più di Obama. I tagli ai costi della politica devono essere radicali anche qui, ne va della possibilità di fare ripartire l’Italia.