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Pasta italiana con grano dall'estero Danno o necessità per il Made in Italy?

Da una parte Moncalvo di Coldiretti attacca le industrie agroalimentari che si oppongono al sistema di etichettatura, dall'altra il presidente dei pastai di Aidepi sostiene che importare grano dall'estero è necessario

 
15 aprile 2014 | 16:08

Pasta italiana con grano dall'estero Danno o necessità per il Made in Italy?

Da una parte Moncalvo di Coldiretti attacca le industrie agroalimentari che si oppongono al sistema di etichettatura, dall'altra il presidente dei pastai di Aidepi sostiene che importare grano dall'estero è necessario

15 aprile 2014 | 16:08
 



Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha rilasciato al Corriere della Sera delle dichiarazioni in merito a prodotti agroalimentari venduti in Italia, di cui il 33% è esportato con il marchio “made in Italy”, benché contenga materie prime di derivazione straniera. Moncalvo ha citato quelle “lobby dell’agroindustria” che si sono opposte alla legge sull’etichettatura. Proprio ieri sono stati sequestrati 50 quintali di pasta, spacciata come originale di Gragnano, ma prodotti con grano canadese anziché 100% italiano.

Alle affermazioni del presidente di Coldiretti ha risposto Riccardo Felicetti (nella foto), presidente dei pastai di Aidepi, l’associazione imprenditoriale di settore, che rimarca l’esigenza di importare alcune materie prime, come il grano, dall’estero, in quanto la nostra produzione non è sufficiente a soddisfare i volumi di pasta.

Riccardo Felicetti«Ci sono importazioni di grano duro - dichiara Felicetti al Corriere della sera - fatte apposta per migliorare quello italiano. Ovviamente ce n’è di buono, poco buono e affatto buono. Si importa anche per mantenere la leadership nel mondo. Sia chiaro se ci sono frodi vanno punite. Ma se compro grano all’estero, lo tratto in Italia e lo utilizzo per la pasta, questa è tutta un’altra storia».

Per quanto riguarda il sistema di etichettatura trasparente, è giusto lavorare affinché il consumatore sia consapevole di ciò che sta acquistando, nonostante ciò comporterebbe un lungo processo di analisi, come dichiara Felicetti al Corriere della Sera: «È una situazione che stiamo studiando, sia a livello comunitario che a livello associativo ma non è affatto semplice. La nostra materia prima è la semola di grano duro ed è italiana».

«Ma determinare l’origine dei grani - continua Felicetti - che compongono la semola è complesso e resta il fatto che la qualità della materia prima non può essere determinata dalla sua provenienza. Non è l’origine del grano a determinare la qualità del prodotto o il successo di un’azienda, ma il “saper fare” dell’azienda stessa».

Le buone intenzioni non mancano di certo, ma il sistema di etichettatura, non è una questione che riguarda solo l’Italia; la Comunità europea è coinvolta e sta lavorando per armonizzare le legislazioni in merito. Felicetti ci tiene poi a precisare che nel rispetto di questo spirito collaborativo è dunque fondamentale che gli interventi a discredito di un’intera categoria - come secondo lui è stato quello di Moncalvo - siano ridotti al minimo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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