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L’indifferenza regna sovrana... La Bellezza ci salverà?

Al ristorante, il disinteresse dei clienti per ciò che hanno nel piatto e la troppa attenzione al prezzo possono essere combattute attraverso un ritorno alla semplicità e ad una dimensione artigianale della cucina

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
26 luglio 2014 | 16:46

L’indifferenza regna sovrana... La Bellezza ci salverà?

Al ristorante, il disinteresse dei clienti per ciò che hanno nel piatto e la troppa attenzione al prezzo possono essere combattute attraverso un ritorno alla semplicità e ad una dimensione artigianale della cucina

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
26 luglio 2014 | 16:46
 

Cosa sta succedendo? Leggi i giornali e in effetti qualcosa sembra che non quadri, sembriamo veramente (e non solo noi italiani) incapaci di leggere e guardare la realtà. E non parlo del virus Ebola che sembra si stia diffondendo a macchia d’olio, o delle guerre islamiche a pochi passi da noi, o dell’Ucraina. La “politica”, nel tentativo di mettere insieme popoli e genti nonostante le divisioni storiche e culturali, con lo scopo che ciò si tramutasse in una pace duratura, sembra abbia provocato una reazione contraria.

La realtà è tutta diversa: dispute, guerre e guerricciole sono ad ogni angolo del pianeta, senza contare i tentativi di molte regioni, la Catalogna, la Scozia o il nostro Veneto, che appunto vogliono staccarsi dai rispettivi Paesi reclamando l’autonomia, anche se, come diceva Pier Paolo Pasolini, sembra che qualcuno voglia cancellare dall’orizzonte le piccole patrie. Osserviamo tutto questo con un po’ di indifferenza. Non siamo più capaci di osservare e percepire la bellezza che ci sta attorno.



Cosa c’entra tutto ciò con la ristorazione, il cibo e il vino? In questo processo di globalizzazione anche il cibo, appunto, si sta globalizzando. Giorni fa un caro amico ristoratore in Brianza mi ha telefonato molto preoccupato. «Matteo - mi ha chiesto - ma tu che hai una visione un po’ allargata del settore, non ti sembra che la situazione stia precipitando?. Ovunque c’è una tendenza ad abbassare i prezzi, anche ristoranti famosi, soprattutto a pranzo ormai propongono prezzi bassi nel tentativo di inseguire locali ed attività che poco hanno a che fare la qualità, luoghi in cui si mangia con le tovagliette e i tovaglioli di carta, anzi va di moda mangiare direttamente sui tavoli, con bicchieri certamente non di cristallo, dove la carne di maiale impera, grazie al suo costo basso. Ma noi ristoratori come possiamo competere con tali situazioni? Come posso fare, non posso togliere la tovaglia e il coprimacchia o vendere il maiale camuffandolo da vitello?», mi sottolinea l’amico ristoratore.

Certamente la domanda dell’amico ha un reale fondamento di preoccupazione, che per certi versi collego alle mie osservazioni iniziali sulla “crisi”. L’indifferenza regna sovrana, siamo indifferenti a cosa avviene vicino al nostro Paese, ma anche nel nostro quartiere. Così come siamo indifferenti ad una perdita di valori, siamo indifferenti agli scandali, anche e soprattutto a quelli alimentari, perché in fondo è vero, la gente compra il cibo affidandosi più al prezzo che alla qualità, e con un effetto domino che si riflette anche sulla ristorazione. Un’onda d’urto che sta mettendo in seria difficoltà tutto il settore.

E a riprova di questo affermo con tranquillità, senza tema di smentite, che prima dell’euro i ristoranti costavano esattamente come ora, 70mila-90mila lire era il costo medio di un buon ristorante, tradotto in euro oggi, 35-45 euro, la media attuale, ma sono trascorsi ben 13 anni dall’avvento dell’euro, con materie prime raddoppiate nel loro costo, con l’energia e tanti altri balzelli aumentati a dismisura. È chiaro che da questo punto di vista il grido di dolore del collega ristoratore ha un fondamento reale che dovrebbe far riflettere.

Dunque cosa sta succedendo? C’è un’indifferenza nei confronti di un settore importante della nostra economia: la ristorazione è stata ed è importante per molti artigiani e piccoli produttori che non hanno forza contrattuale con la Gdo e neanche, parliamoci chiaro, con realtà tipo Eataly. Culture millenarie fatte di lavoro manuale, che sono anche relazioni umane, rischiano di scomparire schiacciate da un’omologazione culturale, da una produzione di massa. La ristorazione è importante per la crescita del settore vinicolo, così come per la crescita professionale del personale. Le centinaia di allievi delle scuole alberghiere dove troveranno sbocchi di lavoro dignitosi per ciò che hanno studiato?



L’indifferenza alla qualità: questo è il vero problema. Lo stesso amico mi ha raccontato di una richiesta di un pranzo matrimoniale a metà luglio, dove il budget di spesa era di 30 euro vino compreso (forse, e non vorrei sbagliarmi, ne spenderanno di più in bomboniere...), richiesta che lui ha declinato, ma sicuramente i promessi sposi saranno soddisfatti in qualche pseudo agriturismo.

Un’impressionante onda d’urto economica ma soprattutto culturale che sta spazzando via decine di ristoratori storici, di quelli che hanno fatto la storia dell’enogastronomia. Non me ne voglia qualcuno quando affermo che purtroppo tanti cuochi famosi oggi stanno in piedi perché sono al soldo di aziende che utilizzano la ristorazione come immagine aziendale (penso alle aziende della moda o del settore vinicolo). Ma potrebbe succedere che anche questo prima o poi finisca e noi ci ritroveremo con le nostre vie traboccanti di “all you can eat”, fasulli sushi-bar, catene di steak house e kebab.

C’è qualche via d’uscita? Sì, forse! La qualità è un valore per tutto il nostro Made in Italy, importante, impossibile da comprimere. Ma possiamo per esempio studiare meglio il food cost, cioè rivedere l’impostazione della struttura economica dei nostri menu, scegliere e offrire con più attenzione ingredienti di stagione, eliminare i fronzoli e concentrarsi di più sugli ingredienti, offrire una qualità vera, senza riflessi modaioli, tornare a fare la spesa.

Semplicità e sobrietà credo siano alcune delle soluzioni che questa crisi ci ha imposto, non senza risvolti su cui riflettere. Per esempio si potrebbe puntare sul vino a bicchiere o addirittura tornare al vino sfuso della casa, ce n’è di ottimo e a buoni prezzi offerto da tante case vinicole. E poi imparare a comunicare è una delle nuove frontiere con cui misurarsi. Coccolare il cliente, cercando di anticiparne i suoi desideri, i suoi nuovi bisogni, fargli mangiare poco ma bene, essere attenti alle intolleranze. Il cuoco deve quindi tornare ad essere “l’artigiano della bellezza del cibo”.

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