Il tiramisù con la panna al posto del mascarpone, la cotoletta alla milanese con pollo o maiale cotti nell’olio di semi, per non parlare dei fantasiosi spaghetti alla bolognese. I menu di troppi ristoranti sono pieni di
piatti taroccati, o di pessima fantasia, che non aiutano certo il nostro turismo o la promozione del made in Italy a tavola.
Se un tempo questi esempi li si poteva trovare soprattutto nei ristoranti italiani all’estero (perché magari non sempre era facile reperire le materie prime previste dalle ricette), oggi sono purtroppo frequentissimi nelle nostre località turistiche, causa la crisi economica che spinge ad un contenimento del food cost. Nonché per una generale caduta di qualità dell’offerta, direttamente conseguente all’eccesso di creatività che viene ogni giorno proposto sui tanti canali televisivi dove la Cucina gareggia con il Gossip.
Lamentarsi però non serve a molto. Né serve invocare, come fanno alcuni, assurdi interventi di controllo quando non è codificato per legge che sulla pasta alla Norma ci vada la ricotta salata e non un formaggio grattugiato meno pregiato. Fino a quando l’enogastronomia non diventerà un valore aggiunto simbolo dello stile e del modo di vita italiano, ogni polemica resterà fine a se stessa.
Se l’Italia non si decide ad investire sulla tutela dei nostri prodotti (fra Dop e Igp siamo i primi in Europa, ma siamo anche quelli più soggetti a contraffazioni), non si può chiedere questo sforzo ai ristoratori. Se lo Stato non promuove le nostre materie prime, invitando a consumare con attenzione e tutelandoci con etichette veritiere, non potrà crescere una cultura ed una consapevolezza attorno alla qualità e alla genuinità di ciò che si mangia, a casa come fuori casa.
In attesa che partano le iniziative sulla tracciabilità e le etichette, si potrebbe puntare su alcuni incentivi (e non già sulla repressione...) per migliorare l’offerta dei ristoranti “per turisti”. Un elenco di piatti fra i più comuni e tipici (un centinaio basterebbe all’inizio) potrebbe diventare la base per definire alcune ricette tradizionali su cui non si può barare (basta prendere qualche esperto e il gioco è fatto). I ristoranti che si impegnano a mettere nei menu alcuni di questi piatti potrebbero usufruire di qualche agevolazione di tipo fiscale (dall’Imu alla Tares la scelta è ampia). A seguito di ciò ci potrebbe essere un bollino di garanzia, una sorta di certificazione per cui, a parte le giuste scelte di creatività e fantasia, in quel locale non si bara sull’immagine nazionale. Alla carota si dovrebbe però affiancare anche un bastone, con sanzioni pesantissime (fino alla chiusura del locale) per chi aderendo a dei protocolli di garanzia per il consumatore devesse poi fare il furbo.