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Ristoranti “non italiani” di Milano, la mancata risorsa in più per l’Expo

di Alberto Lupini
direttore
 
25 agosto 2014 | 11:25

Ristoranti “non italiani” di Milano, la mancata risorsa in più per l’Expo

di Alberto Lupini
direttore
25 agosto 2014 | 11:25
 

L’Expo non nasce solo fra operazioni criminali che hanno fatto rimpiangere la Tangentopoli di vent’anni fa. Fra le tante idiozie fatte c’è anche il mancato coinvolgimento delle organizzazioni professionali e di tutta la rete di ristorazione esistente. Tutto è stato finora fatto pensando agli sponsor, alle aziende espositrici e al business dei soliti nomi che hanno potuto accaparrarsi per tempo importanti spazi per ristoranti.

Per il resto, ad oggi, non ci sono grandi progetti condivisi con tutte le organizzazioni degli operatori che hanno a che fare col cibo (a parte quelli del mondo agricolo). Per i “mediatori” dell’alimentazione resteranno le briciole e forse anche un po’ di danni. Pensiamo solo alla scelta di tenere aperta l’esposizione anche la sera, così che i ristoratori milanesi e lombardi potranno beneficiare solo in parte dell’afflusso di visitatori di tutto il mondo, che in molti casi si fermeranno nei locali creati ad hoc all’interno dell’Expo.

E del resto va detto che, coi soliti ritardi all’italiana, solo adesso qualche politico comincia a preoccuparsi del fatto che, mediamente, la ricettività “milanese”, salvo i grandi alberghi, non conta un elevato tasso di conoscenza delle lingue straniere, né ha molta idee di gusti ed abitudini di quelli che non sono i soliti turisti legati al business.

Eppure Milano, la città più inclusiva d’Italia, quella capace di fare convivere etnie diverse come nessun altro luogo in Italia, potrebbe affrontare molto meglio questa sfida partendo proprio dalla messa in rete delle conoscenze esistenti a livello dei tanti gestori extracomunitari di ristoranti etnici e non, che ad oggi costituiscono un nucleo assolutamente forte (e forse anche maggioritario) della ristorazione del capoluogo lombardo.

Coinvolgere queste realtà vuol dire fare squadra - cosa che in Italia non si riesca mai a fare - con la ristorazione di tipo più tradizionale, e contare anche sulle realtà “non italiane” di origine, per promuovere meglio il nostro importante patrimonio del made in Italy a tavola. La contaminazione fra esperienze diverse sarebbe utile per presentarci come sistema Paese in maniera più efficace ad una platea che, oltre a non parlare italiano, ha magari poche conoscenze dei nostri prodotti tipici.

Milano e la Lombardia più che mai debbono giocare una partita importante per promuovere l’intera filiera agroalimentare, ma al momento non si avverte nessuna iniziativa, e quelle poche che ci sono fanno capo alle aziende più attente ai mercati esteri che cercano in modo autonomo di creare degli eventi. Se davvero vogliamo cogliere le opportunità di questo appuntamento, è tempo che le istituzioni si diano una sveglia dopo aver fatto finta di non sapere che nei cantieri si costruiva a suon di mazzette. Pensiamo ai contenuti.

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02/09/2014 11:40:26
2) L'importanza del "fare sistema"
Non conosco se anche in altri Paesi, sia europei che dell'intero mondo, esistano tante Associazioni, direttamente o meno legate al cibo, come in Italia. Questo, essendo le singole Associazioni interessate al loro esclusivo settore, comporta la loro completa ininfluenza delle loro proposte agli organi decisori. Una forma che salvaguarda la loro indipendenza, ma nel contempo che le tenga legate con una sorta di confederazione, farebbe in modo che si parlasse con una sola voce e che si "contasse" maggiormente. Sarà mai possibile vincere le resistenze e gli egoismi. Un problema che si presenta anche nelle aziende nel' export. Incapaci di creare prima da soli il " fare sistema" accusiamo le istituzioni, che non vogliamo certo qui difendere perché hanno certamente pesanti responsabilità. Aiutati che Dio t'aiuta!
cirino carroccio
Ingegnere
Selezione Italia
27/08/2014 17:39:36
1) Miracolo per Expo?
Caro Alberto, mi puoi citare almeno il nome di tre persone fisiche che conoscano qualcosa di più della Milano aperta al mondo della gastronomia, dell'alimentazione, della ristorazione, del mangiarbere tranne che il bar accanto all'ufficio per un caffè e un panino? Immagina la loro esperienza sociale internazionale! Nemmeno quella del vicino Canton Ticino o del Tirolo... ma nemmeno quella dei Comuni che di storia ne hanno da vendere delle regioni e comunità indipendenti, da Nord a Sud! Tutti quelli che si sono presentati o si sono defilati nell'attesa o non sono stati ascoltati. Dalle accademie ai circoli, dai distretti alle confraternite, dalle associazioni di settore ai presidi, nessuno ha potuto fare confluire ad un gruppo di lavoro ad hoc progetti o disponibilità a qualsiasi tipo d'iniziativa. Ormai è troppo tardi. Pensiamo ai contenuti? Sarà la corsa alla riffa, ovviamente nemmeno in meneghino senza alcuna comunità che ne rappresenti la storia viva. Nemmeno la grande comunità Ambrosiana, secolare, potrebbe fare il miracolo!
Vincenzo Lo Scalzo
Comunicazione agroalimentare
AgoraAmbrosiana



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