È spirato lo scorso 17 agosto Stefano Cardaci (nella foto), grande maître e sommelier bergamasco, ex dirigente dell’Amira (Associazione maître italiana ristoranti e alberghi) e collaboratore di molte scuole alberghiere. Avrebbe compiuto 73 anni il prossimo 5 settembre. È stato un vero punto di riferimento per il mondo dei maître e ha contribuito a rendere grande la ristorazione bergamasca.
Negli anni ’60 lasciò la trattoria di famiglia in provincia di Enna per cercare fortuna all’estero. Dopo aver collezionato importanti esperienze professionali a Monaco di Baviera, nel Nord Europa (in Svezia in particolare), a Londra e poi di nuovo in Germania, tra Mannheim e Francoforte (città dove ha conosciuto e sposato la moglie Helga Emig), nel 1968 diventa responsabile di sala e si aprono per lui le porte delle grandi catene alberghiere di mezzo mondo. Si trasferisce con la moglie a Milano e lavora presso il Savini, il neonato Hilton e il Brellin, frequentato da molti personaggi famosi.
Arriva a Bergamo nel 1979: qui passa dal Continental di Osio Sotto all’Excelsior San Marco e poi al nuovo Cristallo Palace. A metà degli anni ’80 raggiunge l’apice della sua carriera con l’apertura del suo ristorante Baio nell’omonimo quartiere di Gorle. Per una decina d’anni il Baio è stata una delle insegne più gettonate dai gourmand bergamaschi. È lì che Cardaci ha saputo esprimere tutta la sua professionalità mettendo in luce anche le sue competenze in fatto di cucina alla lampada, in sala, davanti ai commensali. Dopo l’esperienza del Baio, si trasferisce in via Corridoni, aprendo un piccolo ristorante che porta il suo nome.
Tra un’apertura e l’altra è sempre rimasto in attività prestando consulenze per l’apertura di nuovi locali in Italia ed all’estero, rivestendo ruoli di vario titolo nelle associazioni di categoria - per anni è stato presidente dei ristoratori Confesercenti - e soprattutto dispensando i suoi insegnamenti alle giovani leve.
Lo ricorda così Elio Ghisalberti su L’Eco di Bergamo: «Come pochi altri sapeva unire savoire faire e professionalità, tanto da divenire un punto di riferimento per il mondo dei maître, categoria orgogliosamente rappresentata a livello istituzionale. Nemmeno la malattia, che da anni combatteva con fierezza e tenacia, lo aveva cambiato».