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Vendite bio, +220% in meno di 10 anni Con la crisi, in tavola regna il benessere

La crisi ha portato le famiglie a realizzare in casa cibi che prima si compravano al supermercato, perciò le vendite di farina sono aumentate dell'8%. Il 43% punta alle promozioni, ma crescono le vendite di prodotti bio

 
10 settembre 2014 | 16:38

Vendite bio, +220% in meno di 10 anni Con la crisi, in tavola regna il benessere

La crisi ha portato le famiglie a realizzare in casa cibi che prima si compravano al supermercato, perciò le vendite di farina sono aumentate dell'8%. Il 43% punta alle promozioni, ma crescono le vendite di prodotti bio

10 settembre 2014 | 16:38
 

Pur di fronte a un Paese che si impoverisce sempre più, gli italiani provano a guardare avanti, adattando lo stile di consumo alle proprie capacità di reddito; i cittadini della Penisola hanno speso meno per cibi e bevande (componente che rappresenta oltre il 16% della spesa totale) ma hanno messo in campo energie per salvaguardare il proprio benessere a tavola: la Consumer Survey sul Panel Nomisma i cui risultati sono stati pubblicati oggi sulla newsletter dell’Istituto indica che la crisi ha portato le famiglie a realizzare in casa ciò che prima si comprava sempre al supermercato: 6 milioni di famiglie fanno pane, pizza, marmellate e conserve a casa.



Non a caso nell’ultimo anno le vendite di farine sono cresciute a valore dell’8%. Tra le esternalità “positive” dell’austerità vi è la riduzione degli sprechi alimentari: il 62% delle famiglie dichiara di buttare via meno cibi nella spazzatura, dato confermato anche dalla riduzione dei rifiuti (in termini pro-capite sono calati del -10% rispetto ai volumi pre-crisi). La Survey Nomisma non fa che confermare altre strategie di economia domestica: il 35% consulta il volantino delle promozioni prima di fare la spesa. Non a caso la quota di venduto a valore in promozione continua a crescere: nel 2014 share è del 30%, nel 2000 la quota si fermava al 18% (fonte Nielsen).

Anche le referenze vendute in promozione dalla grande distribuzione ha fatto un balzo significativo: passando nello stesso periodo dal 7% al 13%. Cresce anche lo sconto medio: il taglio prezzi era in media pari al 24,7% oggi è del 28%. Questi indicatori giustificano la riduzione “fisica” del carrello della spesa (“compro meno cose”, 41%) e dello scontrino: alla ricerca di convenienza la Survey Nomisma segnala che il 43% delle famiglie acquista le referenze alimentari quasi esclusivamente in promozione.

«L’importanza della leva promozionale è evidente - dichiara Silvia Zucconi coordinatore area Agroalimentare di Nomisma - anche considerando che le formule utilizzate dalle principali insegne stanno lasciando libertà di scelta delle referenze su cui beneficiare di sconti: la formula “scegli tu il tuo sconto” consente di creare nuovi articoli in promozione oltre a quelli presenti sul volantino». Ma l’importanza delle promozioni è solo una faccia della medaglia: cresce anche la quota di acquisti di private label (con uno share del 18% sul totale del venduto) e una grande popolarità in moltissimi carrelli della spesa (il tasso di penetrazione degli ultimi 12 mesi - stimato da Nomisma - raggiunge il 79%).
 
1 italiano su 3 sceglie gli alimentari privilegiando l’origine italiana
Il prezzo non è però l’unico faro che guida gli acquisti, anzi. La spesa alimentare è diventata più selettiva ma non si rinuncia in toto alla qualità. I criteri di scelta per i prodotti alimentari privilegiano la ricerca di prodotti di chiara origine italiana: 1 italiano su 3 sceglie innanzitutto in base a questo fattore. Avere la certezza che si sta acquistando cibo italiano è già sinonimo di qualità; un ulteriore 19% sceglie attivamente la qualità cercando cibi con materie prime ed ingredienti qualificati. La ricerca di convenienza per i prodotti alimentari riguarda un altro terzo delle famiglie: a chi acquista seguendo come criterio più importante la presenza di promozioni è il 18% si associa chi cerca sempre il prezzo basso (10%).



4 milioni di italiani coinvolti nell’agricoltura amatoriale

Per salvaguardare il benessere a tavola si associano comportamenti virtuosi: 4 milioni di italiani sono coinvolti nell’agricoltura amatoriale e coltivano per passione un terreno o un orto. Tendenza determinata soprattutto dalla possibilità di consumare alimenti sani e genuini (come indica il 60,2% dei coltivatori di un orto per passione) oltre che dalla possibilità di rilassarsi eliminando lo stress della vita quotidiana.

Tra le altre passioni scoppiate in tempo di crisi c’è sicuramente la cucina: negli ultimi 2-3 anni il 67% delle italiani passa più tempo in cucina, sicuramente stimolata dalla food mania che dilaga su internet, nei blog e in tv. La testimonianza di questa passione per il cibo può essere misurata anche dalla diffusione dei tutorial presenti su internet, dove non solo è possibile trovare ricette ma si impara anche a fare food design.

È alta l’attenzione per la salvaguardia del benessere a tavola, sensibilità accresciuta anche per il concomitante incremento della prevalenza di problemi di salute connessi con il cibo. La crescita a doppia cifra delle vendite di prodotti senza glutine (+32% nell’ultimo anno - AC Nielsen) e delle bevande vegetali (+29% le bevande vegetali) definisce in modo chiaro come intolleranze ed allergie rappresentino disturbi in grande ascesa.

Bio: valore cresciuto in meno di 10 anni del 220%

Ma la categoria di prodotto che più di altri è una esemplificazione della ricerca di benessere a tavola è il biologico. Mentre l’economia italiana arranca il bio vola. Dal 2005 è cresciuto in modo costante il valore delle vendite in iper e super di prodotti con marchio bio a peso imposto: in nemmeno un decennio il valore del bio è cresciuto del 220%. Gli ultimi dati disponibili parlano chiaro: le vendite della grande distribuzione nei primi 5 mesi del 2014 segnano un +17% (fonte Ismea).



Aumentano soprattutto le seguenti categorie: pasta, riso e sostituti del pane (+73%), “zucchero, caffè, bevande” (+37%), aceti (+23,5%), omogeneizzati (+21%), miele (+19%) ma non smettono di cresciti le categorie di prodotto più tradizionali ortofrutta fresca (+11%), biscotti dolciumi e snack (+15%). Eclatante è il caso del miele: è biologico il 15% del miele venduto nella Gdo nel 2013; ottimo lo share anche delle uova bio (il 12% delle vendite della categoria) che pesano per l’8% del paniere bio complessivo. Vi sono poi categorie dove il bio è leader indiscusso: sono prevalentemente biologiche le composte di frutta e le gallette di riso, con quote oltre l’80%.

La Gdo non è il principale canale per il biologico

La Gdo non è però il principale canale per il biologico: dei 2,3 miliardi di vendite interne realizzate nel 2013 copre “solo” il 27% del venduto a valore. I negozi specializzati (1.277 punti vendita in Italia, prevalentemente localizzati al centro -nord) sono il canale che rappresenta il punto di riferimento per il biologico, con vendite che nel 2013 ammontavano a poco più di 1 miliardo di euro (46% del totale). Anche i negozi specializzati in prodotti a marchio bio hanno compiuto un ulteriore balzo in avanti e registrano un netto +12%.

Ma non cresce solo il giro d’affari, ad aumentare è anche il numero di famiglie acquirenti: Il tasso di penetrazione, cioè la quota di famiglie che negli ultimi 12 mesi ha acquistato in almeno 1 occasione un prodotto alimentare a marchio bio, sale dal 53% del 2012 al 59%; questo significa che in corso d’anno 6 famiglie italiane su 10 (poco meno di 15 milioni di nuclei familiari) hanno acquistato almeno 1 volta un prodotto biologico. In soli 2 anni 1,7 milioni di nuclei familiari in più hanno acquistato bio in almeno una occasione e oggi il bio incide sul totale della spesa alimentare per circa il 2% mentre solo 10 anni fa la quota era di qualche centesimo di punto percentuale.

 Il trend positivo è inoltre favorito dall’offerta dei prodotti bio che oggi è completa. Gli assortimenti abbracciano ormai tutte le merceologie di prodotto: gli scaffali della distribuzione specializzata propongono mediamente 3/4mila referenze bio; la Gdo offre (circa 300-400 referenze per punto vendita, in funzione dell’insegna) proponendo accanto alle grandi marche anche la propria private label bio a prezzi competitivi.

3 target distinti tra i consumatori bio
Innanzitutto vi sono i fedeli al bio, il 27% degli acquirenti totali (4 milioni di famiglie). Questo gruppo è quello degli appassionati dell’agricoltura biologica e dei suoi prodotti i cui acquisti vanno collocati lontani nel tempo (acquistano da oltre 5 anni). La motivazione prevalente degli acquisti bio è collegata alla ricerca di prodotti sicuri per la salute perché privi di pesticidi e chimica di sintesi. I fedeli sono consumatori frequenti (tutti i giorni o quasi) e quando possono acquistano bio anche fuori casa (oltre il 67% del target ha avuto una occasione di consumo away from homerispetto ad un valore medio sulla popolazione italiana del 14,5%).

Per la spesa scelgono negozi specializzati perché offrono tutte le categorie di prodotto che cercano: il carrello bio è fatto da referenze appartenenti a più di 10 categorie di prodotto. I fedeli hanno stili di vita sostenibili: fanno sempre raccolta differenziata dei rifiuti e acquistano spesso direttamente dal produttore. Sono per lo più famiglie giovani, tra i 30-40 anni, con figli piccoli in età pre-scolare, dove la quota di vegetariani o vegani è più alta della media (16% a fronte del 7% sulla popolazione).



Accanto a chi acquista bio da tempo vi sono i consumatori che si sono avvicinati al bio da meno tempo. Due sono i segmenti, attratti dal bio per motivi diversi. Il gruppo più ampio, le new entry, sono stati affascinati dal bio grazie alle promozioni. Sono interessati soprattutto a succhi, miele, uova, marmellate. Il consumo è ancora poco frequente (soprattutto 2/3 volte al mese). Ma l’interesse per tale target è soprattutto legato alla sua consistenza: 8 milioni di famiglie, il cui richiamo delle promozioni potrebbe estendere la sperimentazione a un numero maggiore di categorie, incrementandone quindi la spesa e la frequenza.

Sempre tra i novizi del bio (acquistano da 2-3 anni) c’è il target degli etici. Si differenziano in modo profondo dal gruppo delle new entry, sia nella motivazione di acquisto che nei canali di approvvigionamento. Gli etici bio acquistano poiché il sistema produttivo che sta a monte assicura un processo rispettoso dell’ambiente. I comportamenti sostenibili del gruppo si riflettono anche nella scelta del canale: acquistano nei negozi specializzati ma privilegiano anche gli acquisti diretti, direttamente dal produttore, in mercatini o accedendo a gruppi di acquisto solidale. Hanno un paniere di prodotti vario che copre la classe “5-10 categorie” di prodotto con grande interesse per olio di oliva, ortofrutta, pasta, bevande vegetali. Gli etici hanno un profilo preciso: single senza figli, giovani appartenenti alla classe età media 20-30 anni.

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