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Pit, secondo l'Associazione Città del Vino un cambiamento positivo se ben gestito

Il Piano paesaggistico della Toscana offre molte informazioni sul territorio, ma non contiene indicazioni sulle risorse finanziarie per incentivare i produttori; questo il parere dell'Associazione Città del Vino

 
30 settembre 2014 | 14:18

Pit, secondo l'Associazione Città del Vino un cambiamento positivo se ben gestito

Il Piano paesaggistico della Toscana offre molte informazioni sul territorio, ma non contiene indicazioni sulle risorse finanziarie per incentivare i produttori; questo il parere dell'Associazione Città del Vino

30 settembre 2014 | 14:18
 

Non si calmano le polemiche intorno al nuovo Piano paesaggistico della Toscana (per la precisione Pit, Piano di Indirizzo Territoriale) recentemente approvato dal Consiglio Regionale il 2 luglio 2014, e ora in attesa di ricevere le “osservazioni” da parte dei soggetti pubblici e privati, che ne potranno modificare in parte i contenuti. Anche l’Associazione nazionale Città del Vino ha inviato le sue “osservazioni” redatte dall’architetto Pier Carlo Tesi, ispiratore e curatore del cosiddetto “Piano Regolatore delle Città del Vino” che, pur avendo valenze di carattere generale, offre spunti di riflessione anche per questo specifico tema del Pit toscano.



Innanzitutto l’associazione ritiene che il Piano, pur in presenza di criticità, non sia poi così negativo come parte del mondo del vino toscano lo sta dipingendo. È certo che il tema suscita un forte interesse anche tra i non "addetti ai lavori", come testimonia un recente sondaggio a cura di SWG apparso su Il Venerdì di Repubblica, lo scorso 19 settembre (pag. 53) nella rubrica "Luci di posizione" sulla difesa dei vigneti toscani, secondo il quale il 29% degli intervistati è a favore di una stretta osservanza alla storicità del paesaggio vitato, mentre il 50% è favorevole ad una "viticoltura moderna"; il 21% non sa rispondere.

«Sulla seconda risposta, che riguarda la modernità dei metodi costruttivi dei vigneti, bisogna stare attenti a non equivocare - afferma Paolo Benvenuti, direttore dell'Associazione Nazionale Città del Vino - perché sarebbe un errore grave pensare che le aziende dovrebbero poter fare come gli pare. Oggi occorre fare tesoro delle indicazioni che la ricerca e le moderne tecnologie mettono a disposizione per modernizzare la viticoltura in termini di redditività, di qualità e di sostenibilità. Basta conoscere, ad esempio, le raccomandazioni del Cra (Centro Ricerche per l'Agricoltura) di Conegliano su questi specifici argomenti. È comunque interessante vedere che il 79% del campione conosce il paesaggio vitato toscano, sa di cosa si sta parlando, e questo è molto importante perché dà sia alle imprese sia agli amministratori una responsabilità ancora più grande: quella di mantenere un bene che è collettivo».

C'è di più: persino il New York Times ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo che riprende proprio il dibattito sul piano del paesaggio della Toscana a dimostrazione dell'interesse che il tema suscita a livello internazionale. «La libertà di realizzare nuovi vigneti è un falso problema - aggiunge Benvenuti - perché il sistema è contingentato e anche l'Italia e tutti i portatori di interessi, compresi i Consorzi di tutela, si sono espressi contro la liberalizzazione dei diritti d'impianto, congelata fino al 2018. Il settore vitivinicolo è comunque dentro la nuova Politica Agricola Comune che, di fatto, condiziona la sovranità del settore».

Il paesaggio rurale comunque cambia affinché le imprese agricole possano esistere; pertanto non è possibile frenarne il mutamento, bensì occorre governarlo perché sia sostenibile; al bello non si deve rinunciare perché quel “bello” ha anche un valore economico, e i produttori vitivinicoli lo sanno bene. Questi i presupposti che stanno alla base delle osservazioni sul Pit presentate alla Regione Toscana dall’Associazione Città del Vino, secondo la quale la sfida sta tutta nel saper governare i cambiamenti imposti dall'evoluzione economica, stando attenti a non perdere quella qualità che distingue il rapporto tra il territorio (il paesaggio) e le produzioni agricole (la viticoltura, nel nostro caso).

Il Piano offre, secondo l’associazione, un’ampia e dettagliata analisi del territorio toscano, e offre anche indicazioni tecniche e scientifiche, ad esempio, su come è opportuno fare oggi nuovi vigneti in rapporto la suolo e alle caratteristiche dell’ambiente. Il problema, semmai è che il Piano non contiene indicazioni su quali risorse finanziarie vi sono per incentivare i produttori ad intervenire nella tutela diretta del paesaggio ed è evidente il mancato coordinamento tra le prescrizioni paesaggistiche del Piano e ciò che prevede il Piano di Sviluppo Regionale agricolo: urbanistica e agricoltura avrebbero dovuto dialogare di più per evitare che si generasse una contrapposizione, a volte ideologica e poco pratica, sul “paesaggio cartolina” che in realtà nessuno vuole.

L’associazione Città del Vino sollecita per l’ennesima volta la realizzazione di una carta approfondita della vocazionalità dei suoli toscani, che il Piano attuale non presenta, e che aiuterebbe molto imprese e enti locali a fare le migliori scelte possibili di gestione del territorio. L’associazione Città del Vino considera, infine, molto positivo il fatto che il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi abbia dichiarato di voler chiedere all’Unesco il riconoscimento del paesaggio toscano come patrimonio dell'umanità quando il Pit sarà stato definitivamente adottato.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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