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Sì a burro, panna e formaggi La rivincita dei grassi

I grassi sono stati demonizzati per decenni. Ma da nuovi studi e meta-ricerche emerge che ridurre il loro consumo non aiuta a difendersi dalle malattie cardiovascolari. Anzi fa aumentare sovrappeso, obesità e diabete

 
14 ottobre 2014 | 18:23

Sì a burro, panna e formaggi La rivincita dei grassi

I grassi sono stati demonizzati per decenni. Ma da nuovi studi e meta-ricerche emerge che ridurre il loro consumo non aiuta a difendersi dalle malattie cardiovascolari. Anzi fa aumentare sovrappeso, obesità e diabete

14 ottobre 2014 | 18:23
 

Il Time gli ha dedicato la copertina, il New Scientist un’inchiesta di 4 pagine e il New York Times un lungo articolo: la riabilitazione dei grassi, che emerge con chiarezza da numerosi e autorevoli studi scientifici, fa decisamente notizia. Un po’ perché permette di tornare a gustarsi senza sensi di colpa molti alimenti demonizzati per decenni (come il burro, la carne, i formaggi), un po’ perché rappresenta l’alba di una vera e propria rivoluzione del paradigma nutrizionale che ci ha accompagnato da almeno 40 anni a questa parte, spingendoci a ridurre l’assunzione di grassi per prevenire le malattie cardiovascolari.

Come riporta Assolatte, “Mangiate il burro” è l’esplicito invito con cui lo scorso giugno il Time titolava il suo servizio di copertina dove evidenzia come le campagne “antigrassi” condotte da oltre 30 anni negli Stati Uniti non abbiano avuto alcun effetto sull’obesità e sulle malattie ad essa collegata. Al contrario, anche se gli americani mangiano meno grassi che negli anni ‘70, e hanno sostituito latte, formaggi e carne con cereali e zuccheri, nei fatti sono meno sani che mai. Le malattie cardiovascolari restano la prima causa di mortalità, l’obesità riguarda oltre 1/3 degli statunitensi e si assiste a un boom del diabete di tipo 2, aumentato del 166% tra 1980 e 2012.

credito foto: Assolatte

Di fronte a questa situazione, si pongono le ricerche che contestano l’idea in base alla quale i grassi fanno male e sono importanti fattori di rischio per lo sviluppo di malattie cardiache. Una meta-analisi, condotta dai ricercatori della Cambridge University, dell’Harvard University e dell’Erasmus University e pubblicata su Annals of Internal Medicine, ha analizzato le ricerche condotte su oltre 650mila persone concludendo che non ci sono relazioni dirette tra consumo di grassi polinsaturi e rischio di malattie cardiovascolari.

Ma non sono solo i grassi polinsaturi ad avere un effetto protettivo per il cuore. Di recente si è scoperto che anche i grassi saturi (come quelli del burro, della carne, delle uova e dei formaggi) hanno un effetto più complesso e favorevole sul corpo umano visto che, nel peggiore dei casi, si limitano ad avere un effetto neutrale su obesità e cardiopatia. Le nuove ricerche riabilitano, dunque, il ruolo dei grassi in un’alimentazione equilibrata e puntano invece il dito contro l’eccesso di carboidrati, zuccheri e dolcificanti. Proprio il consumo eccessivo di questi alimenti è accusato di essere il principale responsabile dell’epidemia di obesità e di diabete alimentare.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione in campo nutrizionale, che richiede nuovi approcci all’alimentazione e alla salute. I ricercatori sostengono che non bisogna fissarsi sui singoli componenti ma considerare le abitudini alimentari nel loro complesso e l’intero stile di vita. Dall’altro è sempre più evidente che non tutti i grassi sono uguali, e che anche tra quelli saturi occorre fare dei distinguo importanti. Uno studio datato 2012 ha indicato che i grassi contenuti nei latticini hanno un maggior effetto protettivo rispetto a quelli della carne.

Ecco 3 buoni motivi per cui i grassi sono stati riabilitati:

1. I grassi non sono dannosi per il cuore
Una ricerca pubblicata nel 2013 sul New England Journal of Medicine afferma che una dieta ricca di grassi monoinsaturi e polinsaturi contribuisce a ridurre in modo significativo il rischio di eventi cardiovascolari importanti. Uno studio della Tulane University sostiene che assumere più grassi e meno carboidrati riduce il rischio cardiovascolare. Un altro studio uscito quest’anno sugli Annals of Internal Medicine ha rilevato che una dieta ad alto tenore di grassi (oltre il 40% delle calorie giornaliere) e a basso tenore di carboidrati si accompagna al calo dei trigliceridi, dei marcatori di infiammazione e dei fattori di rischio cardiaco nonché all’aumento del colesterolo “buono” (Hdl), senza però determinare un aumento del colesterolo totale, di quello “cattivo” (Ldl) e della pressione sanguigna.

2. Una dieta con il giusto tenore di grassi fa perdere peso più facilmente
Consumando meno carboidrati e più lipidi si riduce di più il grasso corporeo e si dimagrisce più efficacemente. È la conclusione a cui è giunto uno studio, pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, che ha seguito per un anno 150 tra uomini e donne sottoposti a regimi dietetici diversi per quantità di grassi o carboidrati ma senza restrizioni caloriche. Numerosi altri studi hanno mostrato quanto sia difficile perdere peso, e non riprenderlo a fine dieta per il micidiale effetto yo-yo, se si segue una dieta che abolisce o riduce drasticamente i grassi. Le spiegazioni sono diverse. Da un lato i grassi producono un senso di sazietà ben maggiore di quello ottenuto con i carboidrati, e per questo permettono di tenere meglio sotto controllo l’appetito. Infatti i carboidrati raffinati (come quelli contenuti nel pane, nei prodotti dolciari e nella pasta) causano alterazioni della composizione chimica del sangue che inducono l`organismo ad accumulare le calorie sotto forma di grasso e intensificano il senso di fame, rendendo molto più difficile la perdita di peso.

3. I grassi saturi non aumentano il rischio di patologie cardiovascolari
Una meta-analisi pubblicata nel 2014 sugli Annals of Internal Medicine, che ha analizzato quasi 80 studi, ha concluso che non ci sono sufficienti evidenze a dimostrazione che un’alimentazione con un basso apporto di grassi saturi e un alto apporto di grassi polinsaturi sia più salutare per il cuore. E anche uno studio apparso nel 2013 su Clinical Nutrition ha rilevato che non esistono prove sufficienti per collegare un alto livello di grassi saturi nel sangue con un maggior rischio di malattie coronariche e di ipertensione arteriosa.

Credito foto: Assolatte

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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