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Vino, l’Italia perde 7mila ettari all’anno È necessario un +1% di superficie vitata

Il patrimonio viticolo nazionale, la cui superficie conta 640mila ettari, perde circa 7mila ettari all'anno. Per mantenersi competitivo dovrebbe aumentare dell’1% la superficie vitata, come prevede la normativa Ue. La richiesta avanzata dall’Alleanza delle Cooperative verrà presto formalizzata al Ministero

29 ottobre 2014 | 12:35
Vino, l’Italia perde 7mila ettari all’anno 
È necessario un +1% di superficie vitata
Vino, l’Italia perde 7mila ettari all’anno 
È necessario un +1% di superficie vitata

Vino, l’Italia perde 7mila ettari all’anno È necessario un +1% di superficie vitata

Il patrimonio viticolo nazionale, la cui superficie conta 640mila ettari, perde circa 7mila ettari all'anno. Per mantenersi competitivo dovrebbe aumentare dell’1% la superficie vitata, come prevede la normativa Ue. La richiesta avanzata dall’Alleanza delle Cooperative verrà presto formalizzata al Ministero

29 ottobre 2014 | 12:35
 

Aumentare dell’1% la superficie vitata dell’Italia, sfruttando tutto il potenziale di crescita consentito dalla nuova normativa europea, così da incrementare il patrimonio viticolo nazionale, la cui superficie è di 640mila ettari, di ulteriori 6mila ettari l’anno, distribuiti sotto forma di autorizzazioni per nuovi impianti. È questa una delle richieste avanzate dall’Alleanza delle Cooperative - Settore vitivinicolo, che ha svolto oggi a Reggio Emilia la sua prima assemblea unitaria. Il motivo della richiesta, che verrà presto formalizzata al Ministero, è presto detto.



«Il vigneto - spiega Adriano Orsi, presidente del Settore Vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative - Italia perde circa 7mila - 8mila ettari all’anno. Se vogliamo mantenere un settore vitivinicolo italiano competitivo, dobbiamo cercare di arrestare questo trend negativo e assicurare alle nostre cantine cooperative una sufficiente quantità di uva da lavorare. Potendo sfruttare, almeno per il primo anno, l’1% di crescita massima, eviteremo di mettere a rischio la redditività delle imprese che sarebbero costrette a fare i conti con un inevitabile aumento dei costi di produzione».

Sul fronte comunitario non arrivano in tal senso segnali incoraggianti. L’Italia aveva chiesto la possibilità di trasferire i diritti di reimpianto ancora “in portafoglio” fino al 31 dicembre 2020, per evitare la perdita di un potenziale di produzione pari a 50mila ettari, corrispondenti ai diritti di reimpianto “in portafoglio” non ancora esercitati dai produttori. Una richiesta che l’Europa non è disposta ad accogliere.

«Sembra sempre più certo - spiega Ruenza Santandrea - che dal 1 gennaio 2016 i diritti di reimpianto ancora in portafoglio non potranno più essere scambiati, ma solo convertiti in autorizzazioni e solo dal proprietario stesso del diritto».

In attesa che i regolamenti comunitari ormai chiusi vengano ufficialmente pubblicati, il sistema vitivinicolo italiano dovrà interrogarsi su almeno tre questioni principali: come distribuire i 6mila ettari di nuovi impianti tra le diverse realtà viticole del Paese, come far sì che il nuovo sistema non penalizzi chi vuole crescere e come assicurare che il meccanismo di assegnazione delle nuove autorizzazioni sia sufficientemente snello e semplice, in modo da non perdere nemmeno uno degli ettari messi a disposizione ogni anno.

Un altro campanello d’allarme riguarda i reimpianti. Con il nuovo sistema, a differenza del precedente, l’autorizzazione al reimpianto potrà essere esercitata solo dal produttore che ha estirpato e non trasferita ad altri produttori. È evidente che si rischia di perdere molti ettari qualora chi estirpa dovesse scegliere di non reimpiantare, un rischio concreto, in particolare per quei territori in cui la maglia poderale è polverizzata e l’età media dei viticoltori elevata.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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