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Sulle orme del Negroamaro Vitigno vigoroso e sapore intenso

L’olfatto si muove attorno alla frutta rossa e nera con sentori speziati. Una vena di liquirizia ed erbe officinali come il timo caratterizzano il Negroamaro, vitigno vigoroso, che promuove la cultura del territorio

di Piera Genta
 
30 ottobre 2014 | 12:48

Sulle orme del Negroamaro Vitigno vigoroso e sapore intenso

L’olfatto si muove attorno alla frutta rossa e nera con sentori speziati. Una vena di liquirizia ed erbe officinali come il timo caratterizzano il Negroamaro, vitigno vigoroso, che promuove la cultura del territorio

di Piera Genta
30 ottobre 2014 | 12:48
 

Rosso del sud, figlio del Salento, arrivato sulle coste pugliesi all’epoca della colonizzazione greca, oggi si coltiva su un areale molto vasto che comprende le province di Lecce e Brindisi. Il suo nome, tante teorie, quella più accreditata deriva dall’unione di due parole, una latina niger ed una greca mavros. Quindi un rafforzativo di nero che sta a sottolineare le caratteristiche del vino: un rosso rubino molto intenso, profondo quasi impenetrabile. Localmente al vitigno sono stati affidati tanti sinonimi, nicra amaro, uva cane, nero leccese, jonico.



Anche la sua storia ha subito le vicissitudini di quella di tutti i vitigni pugliesi, considerati fino a non molti anni fa ottimi vini da taglio indispensabili per rafforzare quelli del Nord Italia e Francia compresa. Due sono state le svolte storiche che hanno dato vita al rinascimento del vigneto della Puglia, la fine dell’Ottocento quando vennero chiuse le relazioni commerciali con la Francia e la seconda metà degli anni Ottanta con due grandi enologi, Severino Garofano e Cosimo Taurino che hanno iniziato ad imbottigliare una parte dei loro prodotti.

Vitigno vigoroso, la forma tradizionale ad alberello ha lasciato il posto alla spalliera con impianti che permettono la raccolta meccanizzata. Il grappolo dalla forma tronco conica, piuttosto serrata, resiste bene alla siccità ma soffre la muffa grigia, l’acino medio grosso con la buccia spessa ricca di pruina che lo protegge dalle condizioni climatiche offre un frutto dolce che matura tardi. Per anticipare il periodo della vendemmia è stato individuato dal Cra (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) un ceppo precoce, chiamato cannellino, dagli acini più piccoli in modo da mettere al riparo i viticoltori dalle calamità che possono colpire il vigneto durante la fase autunnale.

Si identificano tre zone di produzione che danno vini con caratteristiche diverse: la zona adriatica che confina a nord con Brindisi ed arriva fino a Mesagne risente dell’influenza dei venti e del mare, i vini sono strutturati, molto austeri; la zona centrale quella del Salice Salentino dal colore meno intenso, vini più equilibrati e la zona jonica in cui si distingue la Doc Copertino, la cui storia si lega alla Cantina sociale di Copertino, nata nel 1935, oggi con 300 soci ed una produzione di vini di qualità.

Con la prospettiva di promuovere la cultura del territorio è nato il progetto Il vigneto sul Castello, quello angioino di Copertino: un impianto di Negroamaro Cannellino sui bastioni del castello con sistema di allevamento ad alberello pugliese e disposizione dei filari a quinquonce, proprio dove un tempo esisteva un vigneto ed un uliveto. Tra un paio d’anni la prima vendemmia. Il Negroamaro deve fare i conti con la sensibilità del produttore e del suo stile produttivo.



In generale nell’affinamento la barrique ha lasciato il posto alla botte grande, quelle fastidiose note di animale e di cuoio per anni portate come carattere distintivo, dovute invece ai Brettanomyces, si sono attenuate con una maggiore attenzione alla pulizia in cantina ed alla rinnovata tecnologia. Rimane invece la caratteristica terrosità che ci riporta alla terra rossa salentina. L’olfatto si muove attorno alla frutta rossa e nera con sentori speziati, una vena di liquirizia ed erbe officinali come il timo. In bocca non finisce mai di stupire, tanta materia, sensazioni importanti a volte incalzanti come il ritmo della Taranta.

Compagno di sempre la Malvasia nera di Lecce mai inferiore al 70% oppure Sussumaniello, Sangiovese e Montepulciano; in qualche caso Lambrusco e per chi ama l’innovazione i classici internazionali. Non si può parlare di Negroamaro senza citare il vino dell’ospitalità del Salento, il rosato dal colore rosso corallo, brillante e il suo ambasciatore nel mondo, il Five Roses, nato nel 1943, primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia e da subito esportato negli Stati Uniti prodotto da una cantina storica, Leone de Castris, dal 1665 a Salice Salentino.

La storia della cantina vive nel Museo del vino inaugurato nel 2009 e l’innovazione nel nuovo Winebar dedicato proprio al rosato per eccellenza. Attualmente l’utilizzo del Negroamaro è previsto in 14 delle 28 Dop pugliesi in diverse tipologie che accompagnano i saporiti piatti della cucina di tradizione dalle radici greche e bizantine, provenzali e spagnole, arabe e balcaniche: pittule, friselle, burrate, orecchiette, ciceri e tria, polpette e braciole.

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