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Se a Langone piace la patata... di Cracco

di Alberto Lupini
direttore
 
10 novembre 2014 | 16:00

Se a Langone piace la patata... di Cracco

di Alberto Lupini
direttore
10 novembre 2014 | 16:00
 

Come per tutte le opinioni, oltre a rispettarle, la cosa migliore sarebbe scegliere ciò che è positivo e farne tesoro. Dall’articolo di Camillo Langone in prima pagina su “il Giornale” di domenica (“Via le donne dalla cucina: son più cattive dei maschi”) risulta però un’impresa difficile cogliere qualche spunto da valorizzare, salvo il suo gradimento per una cucina tradizionale che ha come simbolo la finanziera. Non però perché emblema di “gusti maschi”, come scrive, ma perché buona e basta.

Stupisce che un primato tutto italiano (il maggior numero di stelle Michelin al femminile in tutto il mondo, 47 cuoche su 107) possa diventare di per sé negativo. Si può anche essere misogini, come si autodefinisce Langone, ma negare la creatività e l’importanza della donna in cucina (ed in particolare nella Cucina italiana), perché queste professioniste sarebbero oggi “polemiche, arrabbiate e cattive”, necessiterebbe almeno di qualche precisazione in più.

A parte il fatto che le cuoche italiane sono persone come tutte le altre, e come i loro colleghi maschi con pregi o difetti di carattere, non si capisce perché le cuoche sarebbe le uniche italiane a cui non è permesso di attentare al primato maschile nel settore dove lavorano. Stante la qualità media delle cuoche italiane, va detto fra l’altro che sono ancora troppo poche quelle stellate o comunque riconosciute dalle guide. Da un attento osservatore del mondo della ristorazione come Langone ci saremmo aspettati poi giudizi precisi su questo o quello stile di cucina, non una generica accusa di essere delle virago. Con tanto di citazione di esempi di donne cattive che farebbero una pessima cucina (Antonia Klugmann, Cristina Bowerman o Isa Mazzocchi, che certo non hanno bisogno della nostra difesa).

Siamo in presenza di un parto letterario in cui l’integralismo ideologico del fustigatore della ristorazione in rosa prende forse il sopravvento rispetto alla legittima critica. Secondo un vecchio atteggiamento di falso perbenismo cattolico (quello che papa Francesco oggi condanna), il critico lancia però il sasso quasi da moralista, ma ritira all’ultimo momento la mano. Dall’articolo di Langone sembra uscire una condanna a possibili scelte personali che attengono alla sfera individuale e magari sessuale (non sono più donne o femminili, è la sua accusa), ma non c’è il coraggio di essere chiari e di esprimere una posizione omofobica che, per quanto irrispettosa delle libertà personali, giustificherebbe almeno un pensiero altrimenti contorto ed equivoco.

Ma se questo è il senso dell’articolo de “il Giornale”, perché non parlare anche dei tanti cuochi famosi che sono gay e tradirebbero la missione per piatti maschilisti come piacciono a Langone? Per non parlare dei cuochi o delle cuoche che fanno uso di cocaina per sostenere la pressione che il mondo dell’informazione ha creato attorno al loro lavoro. Forse che tutti i cuochi sono rilassati e sorridenti - a differenza delle cuoche - come sostiene il talebano della cucina al maschile?

Alla fine ci resta un dubbio. Per Langone un cuoco può essere polemico, arrabbiato e cattivo. Una cuoca no. Forse il suo modello è Cracco e la sua promozione della patata. Che poi è forse lo stereotipo - mi scuso per il riferimento volgare - con cui immagina le donne...

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