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Ridurre il consumo di latticini? Un boomerang per l’ambiente

Consumare meno latte, yogurt e formaggi in nome della sostenibilità può rivelarsi un boomerang perché - per ottenere gli stessi indispensabili apporti nutrizionali - occorrono quantità troppo elevate di alimenti vegetali

 
16 novembre 2014 | 10:02

Ridurre il consumo di latticini? Un boomerang per l’ambiente

Consumare meno latte, yogurt e formaggi in nome della sostenibilità può rivelarsi un boomerang perché - per ottenere gli stessi indispensabili apporti nutrizionali - occorrono quantità troppo elevate di alimenti vegetali

16 novembre 2014 | 10:02
 

I prodotti lattiero-caseari sono fondamentali in una corretta alimentazione in virtù del loro alto valore nutrizionale, tanto che sono consigliati nelle linee-guida nutrizionali di tutti i Paesi del mondo. Proprio per questo è difficile trovare alimenti altrettanto validi e che vantino la medesima “densità nutrizionale”, ossia la stessa concentrazione di tanti nutrienti diversi. Il discorso vale anche sul fronte della sostenibilità ambientale, sottolinea Assolatte citando una ricerca condotta dall’università di Copenhagen, pubblicata su “Food & Nutrition research”.

Questo studio ha misurato l’impatto ambientale di 8 diversi tipi di regimi alimentari (6 onnivori, 1 vegetariano, 1 vegano), caratterizzati dallo stesso apporto calorico e nutrizionale ma composti da cibi diversi e da diverse quantità di latticini. Incrociando l’emissione di gas a effetto serra e l’apporto nutritivo degli alimenti presenti in ogni dieta, i ricercatori hanno individuato l’indice di densità nutrizionale e impatto ambientale (NDCI).

I risultati sono interessanti perché sfatano molti luoghi comuni, relativi soprattutto al “valore” ambientale dei vari stili alimentari. Comparando questi 8 modelli nutrizionali, i ricercatori danesi hanno concluso che i formaggi hanno l’indice più alto di densità nutrizionale (con ben 11 nutrienti presenti in quantità superiori al 15% dei fabbisogni giornalieri raccomandati) e per questo mostrano un impatto ambientale sette volte più basso di quello dei fagioli e inferiore anche a quello di broccoli o carote. Infatti l’NDCI index dei formaggi è 0,31 contro il 2,17 dei fagioli e lo 0,40 di carote o broccoli.

In altre parole, valutare l’impatto ambientale degli alimenti basandosi solo sull’emissione di gas a effetto serra, calcolata su ogni kg di cibo prodotto, è superficiale e riduttivo. Occorre combinare questo dato con il valore nutrizionale: in questo modo i valori relativi ai prodotti animali e a quelli vegetali si allineano. E i formaggi diventano il n.1 sia per numero che per densità di nutrienti, e quindi per valore nutritivo complessivo. Una medaglia d’oro se la prende anche il latte. Secondo un’altra ricerca, condotta dall’università di Uppsala, pubblicata nel 2001 su “Food & Nutrition research”, il latte è la bevanda con la maggior densità nutrizionale e il miglior indice ambientale (NDCI).

Eliminare o ridurre in modo drastico i latticini dalla dieta comporta anche un impoverimento nutrizionale, perché si rinuncia a proteine di alta qualità, vitamine essenziali (come la vitamina D e la riboflavina) e preziosi minerali (come calcio e selenio). Per ottenere queste sostanze bisognerebbe invece divorare enormi quantità di altri alimenti: un traguardo difficile da raggiungere e con un impatto ambientale notevole. Ad esempio, per coprire l’intake quotidiano di calcio bisognerebbe consumare in un giorno 700g di broccoli o 1,3 kg di verdure, che oltretutto forniscono un calcio più difficile da assimilare a causa dell’ampia presenza nei vegetali di fitati e di ossalati.

Da questa constatazione i ricercatori arrivano ad affermare che, in generale, scegliere alimenti con un basso indice di carbon footprint non è sempre la miglior azione per praticare un’alimentazione sostenibile. Alle stesse conclusioni era giunto uno studio condotto in Francia nel 2012 e pubblicato su “Ecological Economics”.
 
Il concetto-chiave è il rapporto tra densità nutrizionale ed emissioni di gas a effetto serra: un approccio nuovo al tema della sostenibilità ambientale degli alimenti, che mette al centro il valore nutritivo di ogni singolo cibo in relazione con la porzione in cui viene concretamente consumato. In questo modo si misura l’impatto ambientale reale della dieta anziché il valore teorico dei singoli cibi che la compongono.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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