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Il salmone affumicato è da considerarsi crudo o cotto?

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
28 dicembre 2017 | 11:23

Il salmone affumicato è da considerarsi crudo o cotto?

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
28 dicembre 2017 | 11:23
 

Il problema della sicurezza alimentare riguarda tutti i ristoratori e chi opera nel settore della somministrazione di cibo. Se si serve un prodotto confezionato, non sempre si ha la certezza che sia stato sanificato. Come nel caso del salmone affumicato: si deve considerare pesce crudo oppure cotto?
.

Giorni fa un ristoratore della provincia di Monza mi ha telefonato ponendomi la domanda del titolo; mi confidava di aver ricevuto la visita degli organi di controllo sanitari del territorio. Da premettere che le due ispettrici sono state - così la testimonianza del ristoratore - molto attente e disponibili ad una analisi delle cucine con un atteggiamento non sanzionatorio, ma preventivo e informativo, anzi in alcuni casi formativo, nel senso “questa cosa non va bene, deve farla così, le etichette bisogna farle in questo modo...”, piuttosto che altri comportamenti da modificare. E fin qui tutto bene.

(Il salmone affumicato è da considerarsi crudo o cotto?)

Ma tra le varie osservazioni e contestazioni è appunto scaturita la domanda di cui sopra: «Chef, ha in frigorifero del salmone affumicato irlandese, la confezione riporta anche la terminologia “leggermente affumicato”, capiamo che la stessa denominazione commerciale sia un valore dello stesso prodotto, ma noi - hanno affermato le due ispettrici - abbiamo il compito di salvaguardare il consumatore. Possiamo vedere la scheda tecnica del salmone?».

Il nostro chef ha fatto visionare la bolla di accompagnamento del prodotto. «Va bene, sulla tracciabilità non ci sono problemi, ma noi vogliamo sapere: l’azienda di pesca come ha bonificato e sanificato il salmone? Lei come lo serve questo salmone, crudo o cotto?». Lo chef si trova così un po’ in imbarazzo: «Non mi è mai capitato di ricevere finora una domanda del genere! Il salmone affumicato io lo servo da sempre così». «Quindi lo serve crudo», la replica delle ispettrici. Sembra che questo piccolo episodio sia andato avanti per qualche minuto, lo chef non capiva perché parlassero di pesce crudo, mentre era in realtà affumicato.

Secondo quanto affermato dagli ufficiali, il salmone ha due tipi di problemi: uno è un batterio, la Listeria, che provoca una malattia pericolosa per le donne in gravidanza e non solo, la Listeriosi; l’altro problema è la presenza del parassita Anisakis (vedi SCHEDA), larve in ogni caso presenti nel pesce crudo. «Ma il salmone non è crudo, è affumicato, l’affumicatura non previene nulla di tutto ciò?», domanda lo chef. La risposta è stata “no”.

Sulla risposta degli organi di controllo si apre un dibattito ed uno scenario che realmente pone il ristoratore o chiunque somministri alimenti in un’ottica di grande attenzione. Chi somministra alimenti e bevande deve assolutamente informarsi sulle norme di igiene, ma oggi diventa prioritario essere attenti ed aggiornati sulle norme di produzione e di conservazione di tutti gli alimenti.

Chiunque somministri alimenti e bevande è alla fine del tracciato di distribuzione degli stessi, il cuoco è l’ultimo attore della filiera alimentare che maneggia e trasforma il cibo, questa peculiarità lo pone in uno scenario di grande responsabilità. Per esempio accenniamo soltanto ad una nuova norma europea che scatterà ad aprile del 2018 sull’Acrilammide, cioè il risultato della cottura degli amidacei ad alta temperatura, quindi pane, pizza, biscotti, patatine, caffè, alimenti fritti e tanti altri ancora. Una norma che vuole abbassare i valori di questa sostanza, rischiando però di mandare in tilt tutta la filiera.

I controllori del ristorante che aveva in frigorifero il salmone affumicato - ma naturalmente vale per tanti altri pesci affumicati a freddo, cioè ad una temperatura media di 30°C - hanno richiesto la documentazione sul tracciato di produzione dello stesso salmone, ovvero pesce allevato dove, pesce abbattuto a -24°C, quindi sanificato, successivamente affumicato... Tutto questo deve accompagnare il percorso commerciale del salmone affumicato e possibilmente sul menu deve essere indicato alla stregua di un qualsiasi pesce crudo (potenzialmente inquinato da batteri o larve) come alimento “sanificato” secondo la norma CEE 853/2004. La marinatura, la salatura e l’affumicatura non hanno nessun effetto sull’Anisakis, solo il calore superiore a 60°C o il congelamento a -24°C possono prevenire questo problema.

Tra l’altro anticipiamo che, dato il proliferare di locali dove si servono sushi e sashimi e la moda di mangiare pesce crudo (spesso a basso costo), il ministero della Salute sta per emettere un nuovo decreto che regolerà la vendita, l’acquisto e la conservazione di pesce non cotto soprattutto in ambito domestico.

Quindi sembrano molto veritiere le affermazioni delle due ispettrici di cui sopra, ma andando in giro in alcuni centri commerciali e ipermercati tra Bergamo e Milano - che in occasione delle festività sono strapieni di salmone affumicato e non solo - abbiamo controllato le etichette e in nessuna abbiamo riscontrato comunicazioni sulla sanificazione, prodotti spesso di grandi gruppi alimentari. In nessun caso abbiamo rilevato una qualsiasi indicazione che rimandava ad una scheda tecnica del processo produttivo. Capiamo che sia facile controllare un ristorante, anche senza sanzioni, e indicargli che deve comunicare al suo fornitore quanto è stato rilevato dal controllo, ma i controlli a monte sono effettuati?

In Irlanda, in Scozia o in Norvegia i controlli dovrebbero essere tali per cui il distributore italiano e il suo cliente debbano ritenersi al sicuro da contestazioni sanitarie? Perché scaricare sul piccolo, ultimo della filiera, tutta una serie di adempimenti di controllo? Sì perché poi alla fine il ristoratore deve conservare la documentazione sulla tracciabilità, non soltanto del pesce affumicato ma di tutti gli alimenti che circolano nella sua cucina. Adempimenti burocratici di non poco conto, che spesso rischiano di mettere in difficoltà, per motivi anche di distrazione, attività ed imprese.

NOTE TECNICHE
Il problema del salmone affumicato si chiama “Listeria monocytogenes”, si tratta di un batterio che provoca una malattia chiamata Listeriosi, particolarmente pericolosa per donne in gravidanza, persone immunodepresse, bambini piccoli e anziani. La trasmissione avviene principalmente per via alimentare perché il batterio può essere presente nel pesce crudo in salamoia e affumicato e sopravvive tranquillamente alle temperature del frigorifero. Negli ultimi anni diverse partite di salmone affumicato e fresco sono risultate contaminate. L’ultima allerta risale al 12 ottobre di quest’anno, quando è stata rinvenuta in un lotto proveniente dalla Danimarca. La Listeria viene rapidamente inattivata a 70°C dopo circa 10 secondi. Secondo uno studio pubblicato nel 2009 dal “Journal of Food Science”, affumicare il salmone a temperature adeguatamente elevate è un modo efficace per ridurre il rischio di Listeria nel pesce. Di conseguenza, le confezioni di salmone affumicato che riportano la dicitura “affumicato a caldo” (“hot smoked salmon”) offrono un’ottima garanzia, mentre il salmone selvatico dell’Atlantico o del Pacifico e il salmone d’allevamento sottoposti ad affumicatura a freddo restano comunque a rischio.

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22/02/2018 16:45:16
1)
Buongiorno, nell'ambito di un articolo sostanzialmente completo e corretto nutro però notevoli dubbi sull'affermazione finale che "le confezioni di salmone affumicato che riportano la dicitura “affumicato a caldo” offrono "un’ottima garanzia. Nello specifico sottolineo come l'inattivazione della Listeria avvenga efficacemente qualora la temperatura arrivi a superare i 65°C IN OGNI PARTE del pezzo trattato, in particolare al cuore. Considerato lo spessore medio dei tranci ovviamente il trattamento dovrà quindi essere sicuramente per ben più dei dieci secondi indicati e un'affumicatura, ancorchè " a caldo", molto difficilmente potrà essere garanzia di sanificazione; nel caso lo si reputi tale sarà buona cosa testarlo e inserire l'evidenza nel proprio manuale di autocontrollo al fine di poter rispondere efficacemente ad eventuali contestazioni e problematiche. La mia puntualizzazione in un articolo (ripeto) corretto e completo vuole solo evitare che si possa avere una errata percezione di sicurezza con un trattamento a 70°C per 10 secondi generico e fine a se stesso e che non garantisce assolutamente la sanità assoluta di una tipologia di alimento che, per le sue caratteristiche produttive (l'affettamento) è ad altissimo rischio di presenza di listeria. Cordiali saluti
emilio bazzocchi
Veterinario Ausl



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