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In sala con... Maurizio Filippi «Luogo dove trascorrere momenti sereni»

di Gabriele Ancona
vicedirettore
 
25 febbraio 2018 | 10:44

In sala con... Maurizio Filippi «Luogo dove trascorrere momenti sereni»

di Gabriele Ancona
vicedirettore
25 febbraio 2018 | 10:44
 

Delegato per l’Umbria di Noi di Sala, Maurizio Filippi nel 2016 è stato eletto Miglior sommelier d’Italia Ais. 54 anni, coordina l’accoglienza della Sala della Comitissa e del Bistrot 9-19 di Baschi (Tr).

Ospitalità a tutto tondo quella che esprime Filippi nei suoi due locali, non relegata solo alla scelta e al servizio del vino. Un concetto che si dilata nella pura essenza dell’accoglienza che accompagna l’ospite lungo un’esperienza che deve essere come minimo gratificante e appagante. In questo senso Maurizio Filippi ha le idee chiare, pur essendo “solo” 15 anni che vive l’universo Horeca. Ma alla passione e all’empatia non si comanda e a lui viene naturale vestire gli abiti del professionista di alto livello, interpretando al meglio i fondamentali di Noi di Sala, l’associazione che dal 2012 promuove i valori della sala e del servizio.

(In sala con... Maurizio Filippi «Luogo dove trascorrere momenti sereni»)

Che cos’è l’accoglienza per Maurizio Filippi?
Innanzitutto cosa non deve essere. La sufficienza, purtroppo oggi dilagante, nel rapportarsi agli ospiti deve essere bandita. Troppo spesso chi entra in un locale o è invisibile o viene sprofondato in una condizione di sudditanza come se dovesse chiedere un favore. Non ci siamo! Per quel che mi riguarda, parto da un assunto di base sui cui non transigo: mi rapporto agli altri in modo speculare. Applico all’ospite le attenzioni che vorrei ricevere io. Chi entra nei miei locali è importante, per lui il mondo si ferma. E tutti i pensieri della nostra vita privata passano automaticamente in secondo piano.

Un ristorante e un bistrot fuori dai tracciati abituali della ristorazione. Bisogna venirvi a cercare...
Proprio così. Siamo in un luogo deserto. Chi viene da noi ci ha scelto, non si capita qui per caso. La Sala e il Bistrot della Comitissa sono una follia che funziona. Con delle regole. I due locali, a livello di orario, sono infatti complementari; chiude uno e apre l’altro. Un’orchestra che deve suonare la stessa melodia. E poi il nostro modo di lavorare sta dando i suoi frutti. Abbiamo strutturato un’identità che si sviluppa tramite rispetto e materia, a tutto vantaggio della clientela. La cucina di Edi Dottori scompone gli elementi delle ricette della tradizione, che lavora singolarmente, e poi grazie alla sua creatività li ricompone. Una cucina “croccante” che rende individuabili nel piatto e al palato tutti gli ingredienti. Uno stile e un messaggio apprezzati. Una cucina del cuore che è comunicazione.

(In sala con... Maurizio Filippi «Luogo dove trascorrere momenti sereni»)

Un rapporto con la clientela che va oltre i canoni standard?
Vogliamo dare ascolto alle aspettative. Siamo un luogo dove trascorrere momenti di vita serena. Le sensazioni qui hanno campo libero e noi ci mettiamo in gioco. La formazione, la professionalità, la cultura sulla materia, la sommellerie sono strumenti per interagire al meglio con gli ospiti. E la stessa impostazione del locale favorisce il dialogo e la serenità. Pochi tavoli: 16-18 persone in tutto, che si affidano. Ma lo strumento del benessere, anche professionale, è l’anima. Se stiamo bene con noi stessi facciamo star bene gli altri. Un contagio virtuoso. Un’armonia che vede partecipi tutti. In sala, a contatto con la clientela, escono anche la cuoca e la brigata. Il coinvolgimento e globale.

E il vino che ruolo gioca nel rapporto con gli ospiti?
Un ruolo fondamentale. In funzione delle aspettative della clientela elaboro percorsi enologici personalizzati. Ogni bottiglia può essere stappata per il servizio al calice. Nello stesso tavolo, i medesimi piatti possono essere abbinati a vini diversi, con grande flessibilità. Anche questa è accoglienza.

Per informazioni: www.saladellacomitissa.it


PER APPROFONDIRE...
Il calice
Per la corretta degustazione deve essere incolore, trasparente, pulito e asciutto, con lo stelo di cristallo o di vetro finissimo. Tenendo il calice dallo stelo si evita infatti che il calore della mano faccia innalzare la temperatura dei vini bianchi e rosati. Il calice di misura media e dalla forma quasi rotonda è quello che ossigena meglio il bouquet di grandi vini bianchi, mentre un bianco giovane esprime la propria freschezza in un calice un po’ più allungato. Per Prosecco e Champagne è indicata la flûte. Per i vini rossi esistono calici con forme e volumi pensati per favorire la corretta ossigenazione. Più il vino rosso è invecchiato e strutturato, più l’imboccatura e la “pancia” del calice dovranno essere pronunciate per cogliere tutte le sfumature olfattive. I vini liquorosi, per mantenere gli aromi, richiedono calici piccoli che si restringono verso l’alto.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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