Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
sabato 20 aprile 2024  | aggiornato alle 14:46 | 104713 articoli pubblicati

San Gennaro spiega ai napoletani perché il sangue non si è sciolto

Un racconto avvincente, che guarda attraverso gli occhi del Santo protettore di Napoli le disgrazie di quest'ultimo periodo, tra virus, assembramenti, mascherine e pizzerie con serrande abbassate.

di Vincenzo D’Antonio
 
17 dicembre 2020 | 10:31

San Gennaro spiega ai napoletani perché il sangue non si è sciolto

Un racconto avvincente, che guarda attraverso gli occhi del Santo protettore di Napoli le disgrazie di quest'ultimo periodo, tra virus, assembramenti, mascherine e pizzerie con serrande abbassate.

di Vincenzo D’Antonio
17 dicembre 2020 | 10:31
 

Presagio di iatture, monito per comportamenti scorretti e discutibili nel vivere civile: sono questi i segnali che si colgono dal mancato miracolo di San Gennaro. Il sangue non si è sciolto, è rimasto solido nelle teche. Vano l’ultimo tentativo al vespero, le teche tornano in cassaforte e se ne parla a maggio del prossimo anno. Insomma, in poche parole, San Gennaro sembra che abbia voluto dire ai suoi protetti napoletani: «Mi avete proprio sfastidiato, io mi chiamo fuori almeno per un po’, piangetevela da soli e, se sarete in grado, ma ne dubito fortemente, imparate la lezione e siate umili».

Ma per nostra fortuna, le cose non stanno proprio così, almeno per quanto riguarda il presagio di imminenti sventure. Esistono poche persone fortunate, fortunatissime, che con San Gennaro ci parlano. Colloqui franchi e schietti, il Santo non le manda a dire, e sennò che santo sarebbe.

Ci si dilegua in silenzio e lasciamo che a raccontare l’inimmaginabile sia una persona fortunatissima. Il suo nome è Gennaro, nomen ac omen, e possiede il dono di parlare con San Gennaro.

«Vi hanno chiuso le pizzerie! Ma ti rendi conto?», ha detto San Gennaro a Gennarino - San Gennaro ai napoletani:«Ecco perché non ho sanguinato»

«Vi hanno chiuso le pizzerie! Ma ti rendi conto?», ha detto San Gennaro a Gennarino


Mi chiamo Gennaro. Figlio unico. Ai miei genitori sarebbe piaciuta una famiglia numerosa, ma l’impuntatura di papà nel non volere altri figli, era che se poi nascevano maschietti, non potendogli dare il nome Gennaro, perché era il nome mio, non sapeva che altro nome potergli dare. E allora preferì tenersi a me. Mi chiamo Gennaro, e questo l’ho già detto. Sono nato in via Duomo a Napoli, proprio di fronte al Duomo. Un palazzo nobiliare con il portierato dalla mattina presto fino a tarda sera, tutti i giorni, anche la domenica. Il portinaio era mio padre. Mia madre era vice portinaia. Io ero per tutti i condomini Gennarino, il portierino. Da piccolo quando si giocava a pallone, il mio ruolo era portiere.

Sin da piccolo, in Chiesa al Duomo tutte le mattine. La domenica la Santa Messa, quella di mezzogiorno. Poi la guantiera di paste alla pasticceria di Piazza Nicola Amore, toponomastica ufficiale ignota ai più: Quattro Palazzi, il nome popolare. Una sera di maggio di tanti anni fa, volli entrare in Chiesa e mi inginocchiai davanti alla statua di San Gennaro. Lui mi guardò, mi scrutò con quella sua faccia gialla e in tono severo mi chiese: «Gennarino, sei venuto a farmi compagnia?». Mo’ vi dico una cosa: non mi meravigliai che San Gennaro mi dava a parlare. Tra conoscenti è sempre così. Prima solo buongiorno e buonasera, poi, «ha visto come piove?», «sì, ma domani schiarisce», e poi si rompe il ghiaccio e ci si racconta di tutto, si prende confidenza e si diventa amici. Io e San Gennaro, da quella sera, smettemmo di essere semplici conoscenti e diventammo amici. Passavo da lui quasi tutte le sere, quando i rintocchi della campana annunciavano il vespero. Le bigotte andavano via e restavamo soli San Gennaro ed io. E ce ne siamo fatte di chiacchierate, e ce ne siamo raccontati di fatti e fatterelli; quante cose mi ha detto, e che memoria! Si ricorda cose di centinaia e centinaia di anni fa come se fossero cose di ieri mattina!.

Sempre presente ai suoi miracoli, non me ne sono perso uno. San Gennaro scioglie il sangue tre volte all’anno: a maggio, a settembre quando è il suo onomastico e a dicembre. Sono miracoli prodigiosi! Che spettacolo!.

Però ieri San Gennaro il miracolo non lo ha voluto fare. Io che lo conosco bene, ho subito pensato non abbia voluto farlo per dispetto. Per fare un dispetto ai napoletani. Non vedevo l’ora di parlargli e allora ci sono andato stamattina all’alba, quando il Duomo apre per la messa mattutina. Non aspettava altro, me ne sono accorto subito che ha avuto piacere di vedermi, si voleva sfogare.

«San Gennaro, servo vostro, come state? Lo sapete che cosa vi voglio chiedere, ce lo stiamo chiedendo tutti qua a Napoli: perché non vi siete voluto squagliare il sangue? Perché non avete fatto il miracolo? A voi che vi costava? A voi niente e a noi ci mettevate tranquilli. E mo’ quali disgrazie ci dobbiamo aspettare?». Rimase in silenzio e mi preoccupai. Pensai, vuoi vedere che non mi vuole parlare più? Ma gli avessi fatto qualche sgarbo e non me ne sono accorto?

Stavo già andando a pregare il Padre eterno perché intercedesse con San Gennaro per fare la pace... Lo so, lo so, sono i Santi che intercedono con Dio per creare il contatto diretto, ma da noi qua a Napoli no, è tutto il contrario. E non mi interrompete che sennò perdo il filo. Dunque, dicevo. Non mi rispondeva, ed invece poi cominciò a parlare tranquillamente, come suo solito. Che santo! E che voce santa!

«Gennarino caro, tu hai visto giusto, non per niente sei amico mio e mi sei devoto. Effettivamente io non mi sono sciolto il sangue proprio per farvi dispetto, miei cari protetti. E hai ragione che sono santo e che non bestemmio, sennò davvero ci sarebbe da imprecare Cristo e i Santi (me escluso), e che diamine! Siete degli incorreggibili: fate lo struscio anche quando c’è il virus, vi assembrate uno sull’altro quando sapete che è pericoloso».

«Ma allora, San Gennaro - chiesi io - ci dobbiamo aspettare disgrazie?». E qui, eccoci alla bella notizia. «No, Gennarino caro, no. E quali disgrazie? E non vi bastano quelle che già avete? L’unica disgrazia recente, ve l’ho fatta capitare proprio l'altra sera dopo che hanno chiuso le teche con il mio sangue in cassaforte: vi ho fatto perdere con l’Inter, ho fatto infortunare Dries (sarebbe Dries Mertens, il giocatore del Napoli, ma San Gennaro i giocatori li chiama tutti a nome), ho fatto espellere Lorenzo (Insigne) che è uno sboccato che va solo dicendo parolacce. E adesso basta, non me la sento di infierire ulteriormente. Avete quel governatore della regione e quel sindaco, che ce li vedrei più alle comiche finali che non ad incarichi di responsabilità. E vi dovrei infliggere pure altre iatture? Abbiamo messo la pazziella in mano alle creature (significa che abbiamo dato il giocattolino ai bambini e quindi sappiamo che è molto probabile che il giocattolo venga rotto). Abbiamo dato la carta da musica ai cecati (significa aver dato il pentagramma ai non vedenti, quale musica può scaturirne?) Avete corregionale importante alla Farnesina che farnetica e vi dovrei mandare altre disgrazie?

Vi hanno chiuso le pizzerie! Gennarino, ma ti rendi conto? Vi hanno chiuso le pizzerie! E che diamine, almeno uno a mezzogiorno una bella pizza a libretta (sarebbe la pizza a portafoglio, lo street food dei napoletani) e passava la fame e si dileguavano per un po’ i pensieri e le preoccupazioni, e neanche più. E la tavolata la sera in pizzeria: tre generazioni insieme, paga il nonno, no e neanche più quello. Gennarino, io a voi vi voglio bene, non per niente vi ho salvato da carestia, peste e capricci del Vesuvio, vuoi che non continui a proteggervi anche adesso. Adesso che la situazione è grave? Però, come dite voi e dico anche io: aiutati che San Gennaro ti aiuta. Ma voi, in coscienza, voi tra di voi, vi state aiutando? A me sembra proprio di no. A me sembra che vi state aiutando a farvi del male l’uno con l’altro e allora ci sta pure che io un dispetto ve lo faccia e non mi faccio sciogliere il sangue, tiè!».

«San Gennaro, ci perdonate?». «Gennarino, mo’ te ne devi andare, ho detto che te ne devi andare, sennò mi fai prendere il nervoso un’altra volta e chissà se poi a maggio mi squaglio il sangue. Te lo dico solo a te, non dirlo a nessuno, ma tienilo bene a mente: se non mi squaglio neanche a maggio, allora sì, allora saranno disgrazie!».

Intelligenti pauca. Intelligenti pauca lo disse lui, San Gennaro. Io non so neanche cosa significa! Salutiamo!

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali



Delyce

Cattel
Molino Grassi
ROS