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L'ultimo saluto a Marco Mascardi Un simbolo del bartending italiano

Marco Mascardi si è spento a 89 anni lasciando un grande senso di vuoto nel settore del bartending. Giornalista gentiluomo, Mascardi ha saputo celebrare la figura del barman italiano e portala ad alti livelli

di Carmine Lamorte
 
29 agosto 2015 | 14:33

L'ultimo saluto a Marco Mascardi Un simbolo del bartending italiano

Marco Mascardi si è spento a 89 anni lasciando un grande senso di vuoto nel settore del bartending. Giornalista gentiluomo, Mascardi ha saputo celebrare la figura del barman italiano e portala ad alti livelli

di Carmine Lamorte
29 agosto 2015 | 14:33
 

Il 9 agosto scorso è mancato uno dei più grandi giornalisti italiani che si sia mai occupato, e lo ha fatto per tantissimi anni, di diffondere l'arte, la cultura e la classe del barman italiano. Personalmente ho conosciuto molto bene Marco Mascardi (nella foto), aveva sempre la giusta frase da dire per descrivere qualsiasi barman professionista nel modo più appropriato. Attraverso la rubrica “Dove si beve”, che per anni ha condotto su Civiltà del Bere, Marco ci ha lasciato innumerevoli scritti che sicuramente per gli appassionati storici del mondo del bar e dei cocktail diventeranno materiale di studio degli anni a venire. Con gli amici Alessandro e Massimo Melis fummo testimoni e promotori, del trasferimento e trasloco della sua bandierina onoraria di barman dal bar Fantasy di Milano al Bar Clipper di Sanremo Arma di Taggia, moltissimi anni fa.

Marco Mascardi

Il collega Fabio Bacchi ne ricorda la figura con delle belle parole che riportiamo di seguito, che aiuteranno a comprendere per coloro che non hanno conosciuto Marco Mascardi, cosa abbia rappresentato questo grande giornalista e l'importanza che ricoprì nel settore.


Oggi domenica 9 agosto è scomparsa una persona che ha decantato per decenni il bartending italiano nella sua forma più elegante, dignitosa, onorevole. Marco Mascardi era un vero gentleman, con una classe senza tempo, che ha accompagnato molte carriere e al quale molte persone sono e saranno sempre legate. Sicuramente il più grande amico di quella che una volta era un'associazione all'avanguardia dell'ospitalità italiana. Ne era diventato socio onorario, quando questa era la massima figura che si poteva ricoprire. Bisognava veramente avere molto onore. Perché l'onore era una cosa seria.

Giornalista professionista, giocatore di golf, innamorato delle Rolls, ne possedeva una, tifava McLaren e non Ferrari, fumava la pipa e sapeva riconoscere un grande barman dal modo in cui portava il nodo della cravatta, da come camminava, dal tono della voce. Giornalista e grande viaggiatore aveva sempre due preoccupazioni nelle varie città che visitava per diletto o lavoro: trovare un barman e un sarto. Non amava i medici. Per lui il suo medico era il barman di famiglia. Prima di trasferirsi in Liguria viveva a Milano in una piccola casa piena zeppa di libri e ricordi dei suoi amici barman.

Adorava sua moglie ma non aveva mai avuto figli. Un giorno confessò a un giovane barman che se avesse voluto un figlio lo avrebbe voluto come lui, e gli regalò il ricordo più caro che aveva di Angelo Zola, in cambio di una promessa. Gli piaceva Milano, e l'Hotel Principe di Savoia lo considerava la sua seconda casa sin dai tempi di Angelo Zola. Gli piacevano i grandi alberghi, quelli dove ci si comporta in un certo modo. Amava il Martini e il Pink Gin. Accompagnava i giovani barman a conoscere quelli importanti. Era un tempo in cui si aveva deferenza per coloro che indossavano una cravatta nera lunga e i giovani faticavano ad andare a trovare i maestri sul loro posto di lavoro. Diceva che bisognava fare delle scuole per educare i clienti.

In un tempo in cui la comunicazione era ben altra cosa raccontava le figure di quelle persone che avevano dato dignità a un mestiere. Quando perse sua moglie si sentì molto solo. Con la Signora Enrica aveva passato insieme 57 anni e 8 mesi. Non era credente e non aveva paura del dopo. Temeva la solitudine, quella sì. E allora, per vincere la solitudine, chiamava quelle persone alle quali aveva voluto bene nella sua vita e che considerava suoi amici. Quelle persone che aveva conosciuto da ragazzi ed erano ormai diventati affermati professionisti della bar industry.

Le persone che gli volevano bene. Li chiamò sino a quando il suo udito gli permise di conversare con loro per telefono. Con i più cari andò oltre. Si faceva aiutare da qualcuno che di fianco gli ripeteva le parole. Quando non rintracciava qualcuno si spingeva a chiamare i genitori per avere notizie del suo amico bartender. Oppure chiamava negli alberghi dove sapeva di trovare uno dei suoi amici. Oggi si è perso un pezzo della storia del bartending italiano, e molti di noi hanno perso un pezzo di cuore. I giovani bartender di oggi non potrebbero mai capire certe figure e non è un torto.

Con noi il tempo è stato magnanimo, ci ha dato tanto, forse più di quel che si poteva meritare. Avere conosciuto il Signor Marco Mascardi è stato un privilegio concesso a una generazione di bartender che oggi sono tutti, nessuno escluso, affermati professionisti o imprenditori. Oggi è uno dei giorni più tristi della mia vita e so con certezza che i miei colleghi di un tempo, per cui si aspettava un anno intero per incontrarsi di nuovo tutti insieme, stanno amaramente assaporando il salato sapore di almeno una lacrima. Per qualcuno oggi finisce un ricordo ed inizia un mito. Con il più profondo senso di rispetto, affetto, devozione ed eterna gratitudine.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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