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Pietro Roberto Montone punta sul web per comunicare l'enogastronomia

Le nuove realtà multimediali devono diventare uno strumento imprescindibile anche per il comparto ristorazione. Per il vice presidente Fic per il sud Italia la Federazione si sta muovendo in questa direzione

di Alberto Lupini
direttore
 
26 novembre 2015 | 09:38

Pietro Roberto Montone punta sul web per comunicare l'enogastronomia

Le nuove realtà multimediali devono diventare uno strumento imprescindibile anche per il comparto ristorazione. Per il vice presidente Fic per il sud Italia la Federazione si sta muovendo in questa direzione

di Alberto Lupini
direttore
26 novembre 2015 | 09:38
 

Per Pietro Roberto Montone (nella foto), vice presidente per il Sud Italia della Federazione italiana cuochi e responsabile della rivista Il Cuoco, c'è la necessità per la Fic e per il settore ristorazione di confrontarsi con le nuove realtà multimediali, strumenti essenziali per il miglioramento di una comunicazione interna al settore e per una divulgazione ben strutturata dell’enogastronomia. Il congresso della Fic a Firenze è stata un'occasione per confrontarsi su questo tema.

«La Federazione italiana cuochi è per certi versi poco abituata alla multimedialità - dichiara Montone - ma già si è intrapreso un percorso di miglioramento in questa direzione. Un esempio lo si ha con la rivista Il Cuoco, nella cui promulgazione siamo passati da tutti numeri cartacei a due multimediali. Un primo passo significativo e non semplice da recepire, perché l’età media della nostra categoria è abbastanza alta, e non tutti hanno dimestichezza con i social. Il traguardo è raggiungibile, ma non sarà un processo immediato, quanto graduale e ben ponderato».

Pietro Roberto Montone

Un altro tema fondamentale, che sta molto a cuore a Pietro Roberto Montone, è la professione di cuoco nel Sud Italia, specialmente in un confronto con la realtà ristorativa al Centro e al Nord Italia.

«È indubbio che al Sud la professione di cuoco - continua Montone - sia molto più complessa: spesso ci imbattiamo in imprenditori improvvisati, che investono nella ristorazione trascurando però gli aspetti più importanti di questa realtà. Si assiste ad esempio a situazioni paradossali in cui strutture moderne e ben equipaggiate sono gestite da neodiplomati che, per quanto capaci e motivati, peccano di esperienza».

«Le difficoltà - aggiunge Montone - non finiscono qui. Pur avendo infatti luoghi bellissimi in cui paesaggio, ambiente e ristorazione possono fondersi dando vita a punti di riferimento enogastronomici davvero unici, siamo svantaggiati dal punto di vista infrastrutturale. Rischiamo di investire in realtà spettacolari, quasi impossibili però da raggiungere, e che quindi finiscono per essere screditate e dimenticate, non valorizzate come meriterebbero».

La disorganizzazione di cui lamenta Montone è però il lato di una medaglia che d’altra parte non può ignorare la moltitudine di materie prime la cui qualità conferisce al Sud un aspetto davvero invidiabile. Dati questi presupposti le esperienze degli chef locali sembrano in apparenza più “facili” rispetto a quanto sarebbero in luoghi dove gli certi tipi di ingredienti sono più difficilmente reperibili.

«Abbiamo delle radici molto forti con il territorio in cui lavoriamo - sostiene Montone - portiamo avanti la valorizzazione di prodotti che spesso sono ignorati o si stanno perdendo. Io vengo da Montoro, una terra in provincia di Avellino, conosciuta anni fa in tutta Italia per particolari varietà di patate e cipolle. Dieci anni fa di questi prodotti non v’era più traccia, oggi invece ne abbiamo restituito valore e visibilità, siamo vicini al riconoscimento Igp per quanto riguarda alcuni di essi».

«È stato avviato un processo di valorizzazione dei nostri prodotti migliori - conclude Montone - merito anche della collaborazione tra cuochi e produttori. In cucina possiamo, grazie a questi successi, giovare di ingredienti più sani, ricchi di qualità, della nostra terra; e allo stesso tempo i contadini ricevono un riscontro economico importante e sono quindi meno tentati ad abbandonare le proprie terre causa crisi, anzi, sono spronati a migliorare le tecniche di produzione, fornendo un prodotto sempre migliore, che, nei nostri piatti, fa la differenza».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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