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Guado al Tasso ieri, oggi e domani Tenuta storica, simbolo del vino toscano

La tenuta è storica perché risale agli anni ’30 e rappresenta uno dei punti di forza di Antinori grazie a etichette che rappresentano in Italia e nel mondo il gusto e la particolarità del vino toscano

di Guido Ricciarelli
 
23 settembre 2017 | 13:37

Guado al Tasso ieri, oggi e domani Tenuta storica, simbolo del vino toscano

La tenuta è storica perché risale agli anni ’30 e rappresenta uno dei punti di forza di Antinori grazie a etichette che rappresentano in Italia e nel mondo il gusto e la particolarità del vino toscano

di Guido Ricciarelli
23 settembre 2017 | 13:37
 

Nella carrellata delle zone viticole che contano Bolgheri occupa sicuramente una posizione di primissimo piano. Una quarantina le aziende oggi aderenti al Consorzio di Tutela per circa 1.300 ettari vitati complessivi. Tanta la strada percorsa da quel primo vigneto di cabernet sauvignon piantato da Mario Incisa della Rocchetta sulle alture del Castiglioncello (1944) e dalla prima uscita del Sassicaia (1968).

Guado al Tasso ieri, oggi e domani Tenuta storica, simbolo del vino toscano

Il fermento che attraversa la Toscana più diffusamente negli anni ’80, per quello che avremmo poi definito come un vero e proprio rinascimento enologico, trova un naturale sbocco su questo lembo di costa in cui le cultivar bordolesi dimostrano da subito una straordinaria capacità di adattamento.

Antinori figura tra i motori di questa espansione (la Doc arriverà soltanto nel 1994) grazie ad una tenuta come Guado al Tasso (esistente dagli anni ’30) che diviene immediatamente un pilastro di riferimento per la zona. L’esperienza (ed il successo) di vini come Tignanello (prima annata prodotta 1971) e Solaia (che nasce con il millesimo 1978) sono di grande aiuto per lo sviluppo della prima versione di Guado al Tasso, che vede la luce nel 1990 andando a completare con Grattamacco (al debutto con l’annata 1982), Ornellaia (born in 1985), Masseto (1987) e Paleo (1989) un’offerta destinata a scompaginare le gerarchie dell’epoca.

Bolgheri non è più identificata con il solo Sassicaia e la competizione interna funge da stimolo per una crescita corale che oggi è sotto gli occhi di tutti. Con Guado al Tasso che ancora spinge sull’acceleratore, incomparabile polmone grazie al suo corpo unico di 1.000 ettari (300 vitati) che unisce Vecchia Aurelia e Strada Bolgherese. Affascinante il colpo d’occhio nel tour aziendale, un vero e proprio bagno di luce con la regia di Marco Ferrarese, direttore ed enologo della tenuta. E non da meno la successione dei bicchieri che abbraccia l’intera gamma da cui estrapoliamo le tre etichette che, a nostro avviso, racchiudono l’essenza del percorso in atto.

Guado al Tasso 2014, il vino-bandiera, argina con disinvoltura le insidie di questo annus horribilis fondendo le uve costitutive (cabernet sauvignon, merlot e cabernet franc) in un sorso reattivo, elegante e risoluto. Il Bruciato (dal nome del bosco interno alla tenuta) racconta dell’ennesima intuizione vincente di Casa Antinori. È il Rosso che tallona ormai da vicino il Superiore nella gerarchia interna, forte di una tiratura importante (mediamente 700mila pezzi) a base di cabernet sauvignon, merlot e syrah. Un brand a parte che, con la versione 2015, coniuga scioltezza, consistenza e riconducibilità territoriale.

Menzione conclusiva doverosa per il Matarocchio, l’ultimo nato, ispirato alla più recente tendenza bolgherese (il monovarietale - trattasi di un cabernet franc in purezza). L’assaggio del 2011, bicchiere di valore assoluto, spazia dal ribes nero al cassis, con un tannino cesellato a scolpire il finale imperioso di balsami e spezie. Guado al Tasso: il futuro è adesso.

Per informazioni: www.antinori.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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