A cosa fa pensare l’etichetta “vegano”? Per alcuni equivale all’appartenenza a un partito o a una fede, per altri è una moda come tante altre. Ci sono poi quelli che non badano a scrupoli: basta vendere, e questo giustifica tutto.
L'interno del locale
Il locale “Hug”, quaranta coperti vicinissimi alla stazione ferroviaria di Monza Sobborghi, è però da inquadrare diversamente: cibo veloce, uno pensa entrando, una specie di fast food di qualità, tutto vegetale. L’aspetto molto curato e moderno, gli arredi di tendenza e le luci studiatissime fanno pensare ad un format ristorativo-industriale da lanciare sul mercato, in un’ottica di espansione aggressiva: errore.
Da Hug un’idea di gastronomia c’è davvero, alla base, ed è meno modaiola di quanto la malizia umana induca a pensare.
Marlene Madureri e Luca Perissinotto
«Io ho cominciato a lavorare qui - ci racconta
Marlene Madureri, responsabile del locale - perché mi interessava la ristorazione che non uccide o sfrutta gli animali. Ma anche perché la carne che arriva alla grande distribuzione e al consumatore, provenendo da allevamenti intensivi, non so quali garanzie possa dare. Nel nostro caso, parlare semplicemente di veganesimo è riduttivo: mi sembra più appropriato il concetto generale di rispetto per la natura a tutto tondo, di scelta ecologica senza compromessi. Ad esempio,
il materiale che usiamo nel ristorante è tutto compostabile, e mi riferisco a piatti, posate, bicchieri e tovaglioli. Gli sprechi sono ridotti veramente al minimo. E poi sono importanti le associazioni di idee generate da una parola, perché a me ‘vegano’ nel senso classico fa pensare al cibo insapore, plasticoso o cartonato qualcosa di finto e incapace di attrarre: ed è il punto dove lo chef Luca ha lavorato tantissimo, riuscendo a inventarsi piatti colorati, speziati e invitanti, che incuriosiscono e poi non deludono».
Il titolare dell’Hug,
Diego Mazzucchelli, è molto chiaro nel delineare l’immagine e gli obiettivi del locale: «Ne abbiamo parlato spesso, e abbiamo concluso che l’impatto della comunicazione è essenziale, quando si tratta di ristorazione non tradizionale. Tu metti in esposizione delle polpette vegane e non le ordina nessuno: le proponi come ‘healthy food’ e la gente comincia a provarle, e poi se ne innamora. Abbiamo dovuto superare anche l’ostacolo dell’estremismo vegano, che ha creato l’immagine del militante rigido e inflessibile. Antipatico, è il minimo che si possa dire».
Arancino di riso Venere
La responsabilità di reinventarsi le verdure, i legumi, il tofu, le farine biologiche per dar vita a delle creazioni che convincano tutti, grandi e piccini, onnivori ed erbivori, ricade su Luca Perissinotto. Questo giovane chef, di origine veneta, aveva già lavorato in Brianza come responsabile delle cucine, presso l’Oasi di charme/Agriturismo “Galbusera Bianca”, nel cuore del Parco regionale di Montevecchia.
«Ma qui ho più libertà - precisa Luca - e l’intesa con Diego Mazzucchelli funziona molto bene. Posso dedicarmi a passioni grandi e piccole: i lievitati li faccio io, ad esempio, e sto parlando di diversi tipi di pane integrale, semintegrale, con spinaci, semi tostati o latte vegetale. Ma anche gli hamburger (chiamiamoli hug-burger), che sono l’ossatura del menu, sono tutti pensati e realizzati da me: oggi troverà quello di riso, lenticchie e funghi, il provenzale di miglio, scalogno, zucchine e feta (autoprodotta), il raperonzolo con riso, rapa rossa, lenticchie e sesamo».
Hug-burger “Il Provenzale"
Venendo ora all’ assaggio, sono state una piacevole sorpresa le olive ascolane con macinato di soia, servite tra i frittini da antipasto assieme alle polentine nere con pesto alla siciliana e ai nuggets croccanti di tofu affumicato, conditi con salsa bernese: difficile trovare una masticabilità così interessante in un prodotto a base di tofu. Abbiamo poi capito che non si limita a produrre pane e focacce il buon Luca, specialista del “fattoincasa”, ma si dedica anche ai fermentati, al latte e al burro vegetale, e non si fa mancare nemmeno la pasticceria. Noi abbiamo sperimentato solo una parte dell’ampio menu, ma ci è piaciuto spaziare dall’arancino di riso Venere con piselli e ricotta vegetale, al burger provenzale di cui sopra accompagnato da rucola, carote spadellate con peperoncino e scalogno caramellato, per poi chiudere con una cheese-fake al caramello salato.
Eravamo usciti con l’intenzione di non mangiare carne, e ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un dibattito sul lessico e sul destino della ristorazione che cambia, e non solo in Italia. E quindi se la parola “vegano” è ormai connotata in negativo, come andremo ad aggettivare l’Hug di Monza, guidato dagli avventurosi Diego, Luca e Marlene? Qualcuno ha proposto il termine “vegetale”, da non confondersi con vegetariano, a noi veniva in mente “animal-free”, ma è un po’ sgraziato, si potrebbe pensare a un concorso pubblico che scateni l’inventiva di giornalisti, chef e personale di sala… ma forse è meglio risparmiare le energie. La fantasia ha già avuto i suoi spazi con gli hug-petizers, gli hug-burgers e gli hug-desserts, per altre divagazioni lessicali c’è sempre tempo.
Per informazioni:
www.hugbistro.it