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Caserta: l'olio c'è ed è buono, ma serve formazione per venderlo meglio

Sasà Martucci ha riunito alcuni dei principali produttori di olio Evo della zona per confrontarsi sulla necessità di dare mercato di spessore al prodotto. Le quantità non sono molte, ma tutti possono trarne profitto

di Vincenzo D’Antonio
 
02 luglio 2022 | 10:30

Caserta: l'olio c'è ed è buono, ma serve formazione per venderlo meglio

Sasà Martucci ha riunito alcuni dei principali produttori di olio Evo della zona per confrontarsi sulla necessità di dare mercato di spessore al prodotto. Le quantità non sono molte, ma tutti possono trarne profitto

di Vincenzo D’Antonio
02 luglio 2022 | 10:30
 

Nello scorso mese di maggio a fronte dell’evidente altissima qualità di oli fatti in provincia di Caserta e del loro essere pressoché sconosciuti, ponemmo tre interrogativi. I seguenti: nella ristorazione di qualità e nelle migliori pizzerie della provincia di Caserta, si fa uso consapevole, sia in cucina che nel servizio a tavola degli eccellenti oli locali? E, posto che la risposta sia affermativa, si comunica ciò al cliente? L’offerta è a conoscenza di un potenziale di domanda costituito dal segmento alto dell’Horeca? La domanda conosce queste chicche di eccellenza

Si deve a Sasà Martucci e ai suoi appassionati e competenti collaboratori un evento molto bello e molto importante svoltosi lo scorso lunedì, auspicabilmente foriero di scenari radiosi nel settore dell’olivicoltura locale.

L'incontro da Martucci Caserta, l'olio c'è ed è buono ma serve formazione per venderlo meglio

L'incontro da Martucci

L'incontro tra pizza ed olio Evo

Sasà Martucci, in un giorno di chiusura (lunedì) invita le persone che fanno olio di qualità in territorio tanto vocato quanto non (ancora) valorizzato, invita amici ristoratori, invita la stampa specializzata, invita l’assessore alla Cultura della città capoluogo. In degustazione guidata abilmente condotta da Adele Chiagano si degustano cinque oli eccellenti. Il dibattito “Pizza&olio Evo”, a vertere sulle domande di cui sopra, è egregiamente moderato da Fosca Tortorelli.

Degustazione non algida e non asettica, bensì briosamente vissuta grazie alla presenza delle persone che questi oli li fanno mettendoci la mente e il cuore: Antimo Esposito e Antonio Capuano, titolari del Frantoio Porto di MolaBenedetta Cipriano, titolare dell’omonima azienda agricola, produttrice dell'olio monocultivar Presidio Slow Food Tonda del Matese; Giovanni De Marco, titolare dell'Azienda Olivicola Ragozzino De Marco; Antonio De Ruosi, titolare del Frantoio De Ruosi; Giovanni Petrazzuoli, titolare dell'Azienda Olivicola Petrazzuoli. Squisiti assaggi di pizze testimoniano l’utilizzo sapiente che di questi oli fa Sasà Martucci.

Ci si cimenta a fare sintesi delle risposte che, frutto dell’animato quanto piacevole e lucido dibattito, sono state date alle tre domande di cui sopra. Fosse rigorosamente obbligatoria la risposta monosillabica a queste, essa sarebbe malinconicamente: No! A conferma del comportamento della stragrande maggioranza dei ristoratori di qualità, ci sono poi le rare quanto lodevoli eccezioni. Sasà Martucci è la più fulgida ed emblematica delle eccezioni. Menzioniamo altre due realtà di pizzaioli che fanno uso consapevole degli oli locali e ciò ben comunicano ai loro clienti: Francesco Martucci e Franco Pepe.

Ottime pizze degustate Caserta, l'olio c'è ed è buono ma serve formazione per venderlo meglio

Ottime pizze degustate

Domanda e offerta, equilibrio instabile

L’offerta è a conoscenza di un potenziale di domanda costituito dal segmento alto dell'Horeca? L’offerta è più o meno consapevole della domanda potenziale generata dal segmento alto della ristorazione (pizzerie incluse) ma... appare sfiduciata circa la concretizzazione dell’incremento dei clienti in ambito b2b. La domanda conosce queste chicche di eccellenza? A giudicare dai comportamenti di acquisto nel retail, la risposta vira verso un perentorio: No. Ma i distinguo sono necessari. Evidentemente c’è segmento alto di domanda ben propenso all’acquisto di oli eccellenti, con correlata consapevolezza di un prezzo necessariamente non irrisorio (come invece succede nella Gdo per alcuni brand), ma probabilmente questa domanda quasi ignora che un’offerta idonea sia presente sul territorio. Insomma, è il nocivo mismatch: la reciproca mancanza di visibilità tra offerta e domanda.

La necessità di creare un legame pizza-olio Caserta, l'olio c'è ed è buono ma serve formazione per venderlo meglio

La necessità di creare un legame pizza-olio

Se queste sono, in sintesi, le risposte alle domande, lo scenario che si disvela non è roseo ma, paradossalmente, non è neanche preoccupante. Si tratta semplicemente di lavorare, lavorare bene, e individuare strategia efficace. I produttori, a fronte di volumi di produzione che tutto sommato sono irrisori (si sfiorano i 200mila litri!) alla fin fine non è che hanno problemi a vendere i loro oli. Il problema è un altro: vendere ad un prezzo che remuneri e che marchi il valore qualitativo del prodotto, al contempo abilitando investimenti sia nel processo produttivo (uliveto e frantoio) che nell’ambito commerciale in esso includendo il tema spinoso delle relazioni sui mercati.

Obiettivo: che vincano tutti

In tale contesto la manifesta presenza nella ristorazione medio alta si rivela approccio win-win-win. Laddove il terzo “winner” è anche il più importante: è il cliente. Analizziamo bene. Il produttore di olio vince in quanto posiziona secondo pricing adeguato il suo olio in attività che ne fa uso consapevole e distintivo. Il ristoratore mediante utilizzi frutto di robusta competenza in cucina, di certo migliora la qualità della pietanza che giunge a tavola: miglioramento inteso come piacevolissima percezione organolettica e miglioramento inteso come componente salutista. Secondo l’attuale tendenza del ristoratore che si avvezza a vendere alla clientela anche alcuni dei prodotti adoperati nell’ingredientistica delle pietanze servite, capiterà sovente che vi sia business incrementale nella vendita delle bottiglie di olio di cui si è constatata appieno la bontà.

Il cliente, il winner più importante, è tale in quanto innanzitutto ha vissuto esperienza a tavola che nell’andare oltre il “mangiato bene, anzi molto bene”, gli ha consentito di fare edutainment e di scoprire quindi chicche del territorio che sta visitando. Se poi a ciò si aggiunge che effettua all’istante anche smart buy.

 

Anello debole, come sovente accade, è costituito dalla “non confidenza”, diciamo pure ahinoi, dall’ignoranza che affligge parte dell’offerta intesa come ristorazione e parte della domanda. Domanda che compra l’olio secondo il criterio del prezzo più basso. La soluzione è nella formazione. Formare al contempo offerta e domanda. Il target iniziale è costituito dai discenti (forse anche i docenti) degli istituti alberghieri. E poi, in virtuosa propagazione, presso le altre scuole.

Tema collaterale, appena accennato e meritorio di riflessione puntuale è il turismo dell’olio. Questo fenomeno sta muovendo i primi passi e costituisce l’elemento concreto e vistoso mediante il quale l’olio può commutare la sua immagine da alimento a bevanda edonistica. È tematica a sé; ci si ripromette di tornarci nel tempo breve.

 

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03/07/2022 08:04:21
1) L’olio Evo Casertano
Faccio i miei complimenti a Vincenzo D’Antonio giornalista lungimirante e caustico osservatore delle criticità del comparto oleario campano
Benedetta Cipriano



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