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La carne e la ristorazione L’importanza del territorio di origine

Sembra facile, ma anche per un ristoratore non è sempre agevole scegliere la carne perfetta. Dalla razza al tipo di allevamento, sono tante le variabili. Di seguito le principali tipologie.

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
29 novembre 2020 | 17:30

La carne e la ristorazione L’importanza del territorio di origine

Sembra facile, ma anche per un ristoratore non è sempre agevole scegliere la carne perfetta. Dalla razza al tipo di allevamento, sono tante le variabili. Di seguito le principali tipologie.

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
29 novembre 2020 | 17:30
 

Esiste la carne perfetta per un ristorante? Quali sono i parametri per definirla tale? Cosa è importante: l’allevatore, il foraggio, il terreno, la razza, il costo? Oppure è un mix di tutto questo ? Cerchiamo di dare qualche risposta.


La carne e la ristorazioneL’importanza del territorio di origine

Nel cibo ormai da molto tempo tutto è focalizzato intorno alla parola “qualità“, tanti, identificano una propria qualità, per alcuni prodotti è quasi facile individuare il livello qualitativo, ma con altri non è scontato, troppi parametri entrano in gioco, la carne è un prodotto complesso, ricco di variabili.

E’ da molto tempo che il mondo della carne, infatti, è sotto i riflettori: si va dal pollo di batteria che costa qualche euro al kilo, al pollo allevato a terra che ne costa dieci volte tanto, ma entrano in gioco anche tradizione gastronomica e storia di un territorio, da un carpaccio all’Albese a un ragù alla napoletana, alla famosa Fiorentina dove entra in gioco anche la cottura.

Tutto è cominciato qualche anno fa, alcune aziende specializzate in distribuzione di specialità del settore Horeca/Ristoranti cominciarono a importare e distribuire carni estere con caratteristiche diverse dalle carni nazionali, in assoluto la prima novità fu l’arrivo della Carne scozzese, l’Angus di Aberdeen, le prime marezzature misero in gioco nuove tecniche di cottura, insieme ad un altro grande prodotto l’agnello Presalè, o meglio il Prè-salès di Mont-San Michel, che un po di confusione provocò, in molti confusero il linguaggio in “ agnello presalato “, era all’incirca il 1985/87 lavoravo per la Fattoria dell’Oca Bianca a Chiopris di Antonello Pessot, oggi Jolanda de Colò, si cominciò a rifornire i primi ristoranti, un pomeriggio in Via Bonvesin de la Riva, con Gualtiero Marchesi nel suo ristorante, cucinammo e degustammo insieme i primi tagli di queste carni speciali, fu subito successo.

Qualche anno dopo arrivarono i primi tagli della Wa-gyu, letteralmente Manzo giapponese, metodi e protocolli severi di allevamento, carne di altissimo livello, molto marezzate, con un alone di mistero e di fiaba, animali allevati con massaggi e sakè, cibati con birra e che ascoltavano musica classica, il successo fu tale che spinse alcuni allevatori di casa nostra, anche in Brianza, a tentare di applicare i metodi Wagyu nell’allevamento di alcuni capi di manzo nostrani, ma il costo della filiera non ne permise una facile diffusione, meglio importarla, così fù, ma ormai il mercato era disponibile e pronto a recepire la novità ed ecco che alcuni distributori Longino & Cardenal in primis, iniziarono con l’importazione e la distribuzione della regina di tutte le carni il “ KOBE “ un manzo di origine Wagyu, ma in questo caso con una selezione specifica, razza Tajima-gyu, la carne dell’imperatore, della prefettura di Hyogo che ha come capitale la citta di Kobe.

Gli standard di allevamento sono altissimi con un prodotto finale altrettanto eccellente e naturalmente con un costo elevato, con una  emozione gastronomica impareggiabile.

Tutto questo ha spinto con un effetto domino su molte filiere dell’allevamento di manzo sia in Italia che in molti paesi europei, a migliorare i metodi di produzione di carni di qualità, in alcuni casi con ottimi risultati, purtroppo nel nostro paese, abbiamo ottime carni Piemontese, Toscane ed anche sugli appennini Emiliani, ma le quantità non sono sufficienti a soddisfare la richiesta del mercato, anche in funzione del servizio che la Ristorazione necessita, solo  tagli pregiati, sottovuoto e piccole quantità, servizio che spesso i nostri piccoli allevatori non sono stati in grado di soddisfare.

In provincia di Bergamo a Grassobio, nasce diversi anni fa, con l’ambizione di distribuire il vero Prosciutto, Jamon Iberico Pata Negra, La Fenice che oggi importa anche carni di altissimo livello qualitativo da diversi paesi europei, che commercializza sia nei ristoranti che macellerie.

ESPLORATORI DEL GUSTO, amano definirsi.

Una buona carne nasce soprattutto dall’attenzione al benessere con cui l’animale viene allevato, dal cibo con cui è alimentato, un allevatore olandese di Vitello, diventò famoso, lo è ancora, perché  faceva giocare i vitellini con i giocattoli, una buona carne non deve essere magra, ma soprattutto deve essere frollata, questo è stato in fondo l’insegnamento dell’approccio con il manzo giapponese Wa-gyu, non solo, abbiamo anche imparato che la marezzatura, cioè l’infiltrazione del grasso deve essere accentuato nelle fibre muscolari e non solo esternamente, segno che l’animale ha vissuto anche allo stato brado. Con questo spirito e progetto sono oggi disponibili nuove carni, allevate in territori precisi, con biodiversità molto spiccate.

La frollatura è il procedimento di invecchiamento della carne dopo la macellazione, finalizzato a renderla più morbida e gradevole al palato di conseguenza la “frollatura” — termine improprio del processo wet aging — ha una durata (conservazione) definita nel tempo, che di solito non supera i 30 giorni. Questo è il processo di conservazione più utilizzato negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

Il territorio, carta d’identità di una buona carne

La carne e la ristorazioneL’importanza del territorio di origine

La Carne galiziana
La carne galiziana di Luismi è una delle più rinomate. La scelta di quest’area della Spagna, tra le più rurali e con un clima spiccatamente atlantico, molto piovoso, tutta impuntata di bellissime colline è uno dei punti più importanti per la qualità dell’offerta di Luismi.

In Galizia pastorizia ed allevamento sono ancora condotti seguendo tradizioni storiche, in un’armonia tra uomo e natura che ne ha fatto un luogo ideale.
L’alimentazione a erba, i grandi spazi, e la cura verso gli animali, si ritrovano nei sapori delle carni delle vacche di Galizia

La vaca vieja di Galizia
Luismi Garayar Oria ha ereditato dalla famiglia la passione per la carne di vacca galiziana, e ne ha fatto il lavoro di una vita. Fino a diventare uno dei più noti selezionatori e tagliatori di questa carne che conosce tanto bene da averla portato all’interno del regno di Martin Berasategui, il più “stellato” degli chef spagnoli.

Luismi seleziona personalmente le migliori vacche allevate in Galizia e nelle zone adiacenti del Portogallo, una delle terre più agricole e legate alle tradizioni di tutta la penisola iberica.

Che l’animale sia una «frisona» (che costituiscono la maggioranza degli animali che seleziona) o una «bruna dei pireni» ha relativamente poca importanza.

Questo non preclude che la tracciabilità sia totale, la razza si sa sempre ma è considerata meno importante.

L’arte per la carne di El Capricho
José Gordón da 30 anni sceglie i migliori buoi per il suo ristorante. All’inizio anche combattendo molta diffidenza per l’uso in cucina di un animale che è fedele compagno della vita rurale.

Poi collezionando i segreti della macellazione di animali che possono arrivare a pesare 1700kg, di cui 1200 di carne! E che hanno bisogno di trattamenti unici: sia per la macellazione, che poi per tutti i processi di frollatura ed invecchiamento che sono differenziati a seconda della razza dell’animale (le carni de El Capricho non sono di una razza sola, perché diverse sono le razze della campagna di Leon), del peso, dell’età dei buoi, e del taglio.

La carne DRY AGED
Sulla scia di tutto questo, quindi territorio e identità dell’allevamento per un benessere dell’animale, si è aggiunto in questi ultimi tempi il metodo DRY AGED 

Il «Dry aged» è un processo di essicazione ed ammorbidimento della carne che provoca la penetrazione del grasso sottocutaneo all’interno, rendendo la carne più burrosa. Si verifica un processo enzimatico che provoca la rottura della proteina spezzando le fibre e rilasciando acqua. La perdita di succhi e liquidi comporta una perdita di peso, ma fa sì che aumenti la concentrazione di sapore, odore e colore.

La carne e la ristorazioneL’importanza del territorio di origine

La tradizione della carne dry aged di Galizia
Vicino a León, nella Spagna del Nord, nel piccolo paese di Jiménez de Jamuz, vive da 30 anni un piccolo «miracolo», un ristorante che ha saputo amalgamare la sapienza e i prodotti di questa terra portandoli all’eccellenza, fino ad essere definito dal Time il ristorante dove si mangia il miglior bue al mondo e a far nascere un mito: la carne dry aged del Capricho.

Il proprietario ed anima della Bodega el Capricho, José Gordón, ha fatto dell’arte della lavorazione del bue e della vacca galiziana un’ossessione. Fino a portare la sua carne fuori dai confini di Spagna, con una filosofia di cura del particolare, di sapienza nella macellazione e nelle tecniche del dry age uniche. Si racconta che proprio da una pantagruelica cena alla Bodega El Capricho -raccontata dal Time più di 10 anni fa- con la carne di Rubia Gallega nacque il mito di questa vaca e del suo trattamento “dry aged”.

Le razze bovine scelte
Sentiamo dalle parole di José Gordón come sceglie le razze da cui prendere i suoi buoi e vacche:
«La natura rustica delle razze più anziane è un fattore molto importante e ci aiuta a riconoscere le caratteristiche dei singoli animali e a respingere altre razze più moderne perché l’esperienza ci ha mostrato che hanno un valore culinario inferiore. Il colore del grasso è un ottimo indicatore della dieta e della vita che ha avuto l’animale: se ha fatto pascolo, ed è stato al sole, sarà giallo. Lo stesso colore l’avrà se nutrito a ghiande. Inoltre se è un animale che ha lavorato o vissuto a lungo avrà muscoli dal rosso più acceso.»

 

La carne della famiglia reale inglese
Il Rhug Estate, allevamenti biologici nel cuore del Galles

Nel Galles del nord, c’è una delle fattorie più grandi d’Inghilterra: il Rhug Estate. Una storia millenaria, che incarna i valori del proprio territorio e ha saputo dare spazio all’innovazione.

Nel 1998, quando Lord Newborough ereditò la tenuta di Rhug dal padre, volle che quel terreno di più di 5000 ettari si convertisse al biologico. Sono nati così gli allevamenti biologici del Rhug Estate.

Allevamenti biologici e animali stress-free

Con grande anticipo rispetto a molti altri imprenditori, Lord Newborough ha investito su uno stile di vita più sano, fondamentale per la salvaguardia del pianeta. Dal 2000 i suoi allevamenti sono certificati 100% biologici e i suoi animali vivono in un ambiente stress-free che influisce positivamente sulla qualità del prodotto finale.

La filosofia di Lord Newborough punta tutto sulla filiera corta, dal campo al piatto. Gli animali sono allevati sui terreni della fattoria, dove si nutrono di erbe e prodotti coltivati in fattoria

Un fornitore di qualità… reale!

Aberdeen Angus, agnello gallese IGP e altre carni di qualità
I terreni del Rhug Estate si dividono tra la fattoria principale a Corwen e la costa di Caernafron, dove si alleva l’Aberdeen Angus, razza pluripremiata per l’alto grado di marezzatura delle sue carni. L’azienda alleva anche pollame, suini, ma anche cacciagione, selvaggina e razze autoctone, come l’agnello gallese IGP.

I polli ruspanti sono allevati a terra tra le 11 e le 16 settimane su pascoli completamente biologici. Questi animali sono oggetto di grandi cure al fine di preservare il loro benessere. Si nutrono e vivono in grandi campi di trifoglio. Crescono in piccoli gruppi omogenei che possono essere facilmente spostati da un terreno all’altro per non depauperare la natura che li ospita.

Altro pezzo forte è l’agnello delle saline che, a differenza dell’agnello gallese IGP,è stagionale. Il prodotto è disponibile da maggio a dicembre, poiché le erbe, di cui si nutre (lavanda di mare, acetosa, finocchio marino e altre erbe salmastre) e che caratterizzano il sapore dolce delle sue carni, non crescono durante il periodo invernale.

Da segnalare anche i tacchini, le oche, i galli cedroni e i daini e il cervo: i primi sono un must del Natale, mentre i secondi vengono commercializzati in base alla disponibilità stagionale.

Potremmo in definitiva dichiarare “La carne questa sconosciuta“ , passione e conoscenza sono le armi dei migliori allevatori, il territorio è in grado di firmare le carni migliori, capace di soddisfare i palati più esigenti, ma anche concludendo : mangiare meno carne ma che sia di grande qualità.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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