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Falso grano italiano in etichetta? Tre indagati alla De Cecco

A svariate tonnellate di grano importato dalla Francia sarebbe stata cambiata origine, facendolo risultare come pugliese. La procura di Chieti avvia un'inchiesta sui vertici del terzo produttore italiano di pasta.

 
16 novembre 2020 | 15:39

Falso grano italiano in etichetta? Tre indagati alla De Cecco

A svariate tonnellate di grano importato dalla Francia sarebbe stata cambiata origine, facendolo risultare come pugliese. La procura di Chieti avvia un'inchiesta sui vertici del terzo produttore italiano di pasta.

16 novembre 2020 | 15:39
 

L'accusa è di frode in commercio per la presunta importazione, il 13 febbraio 2020, di grano registrato come pugliese (circa 4.575 tonnellate), ma in realtà acquistato da una società francese, la Cavac: così il pastificio De Cecco di Fara San Martino, il terzo produttore italiano di pasta, è finito nel mirino della procura di Chieti che indaga sui vertici dell'azienda.

Dal 2018 c'è l'obbligo di indicare in etichetta l'origine del grano - Falso grano italiano in etichetta: tre indagati alla De Cecco

Dal 2018 c'è l'obbligo di indicare in etichetta l'origine del grano

In particolare, come riporta Abruzzo web, sono tre gli avvisi di garanzia emanati nei confronti del presidente Filippo Antonio De Cecco, di Mario Aruffo, direttore acquisti, e Vincenzo Villani, ex direttore controllo qualità, a seguito delle indagini dei carabinieri dei Nas che, passando al setaccio hard disk e posta elettronica aziendale, avrebbero, appunto, scoperto che a svariate tonnellate di grano importato dalla Francia sarebbe stata cambiata origine, facendolo risultare come grano italiano, senza adeguata comunicazione al consumatore in etichetta.

Provenienza del grano in etichetta: obbligo dal 2018
L’obbligo di indicare la reale origine del grano impiegato nella pasta è, infatti, scattato in Italia il 13 febbraio 2018 per garantire trasparenza sulle scelte di acquisto dei consumatori e sostenere i produttori italiani.

Una decisione fortemente sostenuta anche dagli italiani che nell’82% dei casi dichiarano di privilegiare l’acquisto di prodotti Made in Italy al 100% per sostenere l’economia, l’occupazione e il territorio in questo delicato momento di emergenza Covid.

L'Antritrust: no a dicitura Made in Italy con grano straniero
La stessa Antritrust è recentemente intervenuto per garantire il rispetto delle informazioni ai consumatori nelle confezioni sugli scaffali dei supermercati per quanto riguarda l’origine del grano impiegato nella pasta, nel rispetto delle norme in vigore.

L’Autorità ha, infatti, imposto di rinunciare alla dicitura Made in Italy nel caso di utilizzazione di grano proveniente da Paesi stranieri quando la mancanza di informazioni precise o altrimenti la loro collocazione in posizione marginale sull’imballaggio induca in errore il consumatore.

Il dietrofront di De Cecco: eliminiamo quelle scritte
Così, nel corso del procedimento, De Cecco ha presentato una proposta di impegni, accettati dall’Autorità, promettendo di eliminare, dalla parte frontale, le diciture “Metodo De Cecco”, “ricetta da oltre 130 anni” e “Made in Italy”, nonché la bandierina italiana tricolore, mentre sarà inserita la dicitura: “I migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona”, in modo da “garantire al consumatore una informazione completa, fin dal primo contatto, sull’origine, talvolta estera, del grano utilizzato nella produzione della pasta”.

Italia: 3,76 milioni di tonnellate di grano prodotte nel 2020
Una aspettativa che va tutelata con adeguati controlli per garantire il rispetto delle norme in vigore. La produzione di grano duro nazionale per la pasta nel 2020 secondo l’Istat si colloca a 3,76 milioni di tonnellate con le importazioni che rappresentano attorno al 25%, una percentuale in riduzione negli ultimi anni anche grazie all’obbligo di indicare l’origine del grano fortemente voluto dalla Coldiretti.

La domanda di grano 100% Made in Italy si scontra però con anni di disattenzione e abbandono che nell’ultimo decennio hanno portato alla scomparsa di 1 campo su 5 dopo con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati con effetti dirompenti sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente. Una situazione aggravata dalla concorrenza sleale delle importazioni dall’estero soprattutto da aree del Pianeta che non rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare e ambientale in vigore nel nostro Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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