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Dall'albero alla tavola: le fasi di lavorazione

 
17 ottobre 2010 | 13:52

Dall'albero alla tavola: le fasi di lavorazione

17 ottobre 2010 | 13:52
 

Il frutto che nasce dall'albero di cacao, il cui nome scientifico è Theobroma cacao ('Theo” e 'broma” = cibo degli dei, attribuito dal naturalista svedese Linneo), si chiama cabosse. Questa bacca ha una forma ovoidale, appuntita alle due estremità e fuoriesce dal tronco e dai rami, cui è collegata da un picciolo. Quando la cabosse è matura la sua buccia è dura come cuoio e contiene fino a 40 semi, che vengono sottoposti alle seguenti operazioni: la raccolta del cacao, la fermentazione, l'essiccazione, la torrefazione, la raffinazione, il concaggio, il temperaggio, il modellaggio.



La raccolta si effettua più volte durante l'anno, ma in genere, la si concentra in due periodi: uno principale, in cui i frutti sono di ottima qualità e meglio sviluppati, l'altro secondario, il cui il prodotto è di qualità inferiore. I frutti appena raccolti hanno un sapore molto amaro e si lasciano fermentare a lungo per facilitare il distacco della polpa dal guscio. La fermentazione viene effettuata in vasche o fosse, scavate nel terreno per un periodo che varia da 2 a 10 giorni.
Dopo 2 settimane di fermentazione, le fave vengono poste a seccare al sole su ripiani con tettoie scorrevoli che li riparano dalle piogge, oppure industrialmente in essiccatori ad aria calda, quindi cernite e insaccate per conferire al prodotto una colorazione più viva, dovuta all'ossidazione dei polifenoli. I sacchi di semi di cacao provenienti dai Paesi tropicali vengono immagazzinati in locali freschi e ventilati dove non possono assorbire alcun genere di odore.
Dopo il controllo di qualità, le fave subiscono un'ulteriore tostatura che accresce l'aroma del cacao. In un secondo momento, le mondatrici, con i loro sistemi di spazzolatura eliminano impurità e corpi estranei, separando i semi in base alla grandezza. Tutto è pronto per passare alla fase di torrefazione: in grandi sfere rotanti le fave vengono fatte abbrustolire per un periodo di 15-20 minuti, a una temperatura che varia da 110° a 120°C. Questo procedimento elimina l'umidità e l'acidità, favorendo lo sviluppo dei principi aromatici. Dopo un rapido raffreddamento al ventilatore, le fave vengono sottoposte a una macchina  che provvede alla degerminazione, alla separazione delle bucce e alla frantumazione in granella.

Da tostatura e macinazione si ottiene la pasta di cacao. Filtrando la massa di cacao in pressione attraverso setacci con trama molto fitta si separa una sostanza grassa dal colore bianco giallastro, il burro di cacao e il pannello, che viene polverizzato per ottenere cacao in polvere. Sgrassando ulteriormente il cacao in polvere si ottiene il cacao magro.
L'operazione successiva, detta 'contagio”, è importante, perché da essa dipendono la pastosità, la rotondità e il gusto vellutato, ma anche la durezza e la brillantezza esterna del cioccolato. La fase di concaggio può variare in base alle consuetudini alimentari dei vari Paesi: quello svizzero viene sottoposto a un concaggio di 72 ore, mentre quello americano subisce un concaggio di 18 ore. Infine, in una macchina detta 'temperatrice” il cioccolato passa dai 40° C del concaggio ai 28°C per poi rialzarsi a 31°C. Questo brusco passaggio di temperatura serve a ottenere un prodotto finale lucido e consistente modificando i cristalli del burro di cacao.

La Fase finale consiste poi nel versare il prodotto semiliquido in stampi di metallo o legno, appoggiati su nastri in movimento che vibrando lasciano fuori uscire eventuali bolle d'aria e rendono il prodotto perfettamente uniforme. A questo punto, si lascia raffreddare il cioccolato nello stampo, e dopo pochi istanti la tavoletta è pronta per esser confezionata.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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