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L’arte della pizza napoletana Mix di passaggi e ingredienti unici

Farina, impasto, forno e ingredienti. Dal pomodoro San Marzano Dop alla Mozzarella di bufala campana Dop, passando per l’olio extravergine. Un viaggio goloso e di scoperta nella pizza campana, in particolare quella napoletana, un patrimonio enogastronomico fondamentale da conoscere e tutelare

 
08 agosto 2012 | 09:30

L’arte della pizza napoletana Mix di passaggi e ingredienti unici

Farina, impasto, forno e ingredienti. Dal pomodoro San Marzano Dop alla Mozzarella di bufala campana Dop, passando per l’olio extravergine. Un viaggio goloso e di scoperta nella pizza campana, in particolare quella napoletana, un patrimonio enogastronomico fondamentale da conoscere e tutelare

08 agosto 2012 | 09:30
 

Tra i più significativi indizi di come, sebbene nei suoi chiaroscuri e lentamente, la ristorazione stia evolvendo a ciò sospinta dagli esogeni mutamenti di scenario, c'è l'attenta analisi di quanto sta accadendo nel popolato segmento delle pizzerie.

Al riguardo avere focus su Napoli e dintorni agevola la comprensione del fenomeno in itinere per come è innegabilmente Napoli la piazza dove la pizza è cult. Si addiviene, e lo constateremo nuovamente a posteriori, al sagace concetto della catena. La catena, una qualsiasi catena, è debole per quanto lo è il suo anello più debole.

Partiamo dal forno. Che debba essere rigorosamente a legna (e che la legna a sua volta debba essere a norma) è fatto che riteniamo certo per definizione. Manufatto in loco secondo le regole certe di una competenza frutto di esperienza sedimentatasi nei secoli. E manutenuto coscienziosamente anche ai fini della salvaguardia dell'igiene e perciò della salute.

L'elemento costituente fondamentale, ovvero la farina. Pochi illuminati fornitori, ci piacerebbe denominarli 'mugnai”, hanno intrapreso studi sulle caratteristiche dei grani e ne sono sortite farine che risultano maggiormente addomesticabili dai bravi pizzaioli. Sovente, sia detto mutuando dall'enologia, parliamo di farine nella disponibilità del bravo pizzaiolo, che sono blend.

Ma la farina in sé, alla fine poco conta laddove non siano rispettati i giusti tempi di lievitazione. Quante volte, a fronte di cene conviviali in pizzeria, sì è all'istante gustata una pizza apparentemente buona alquanto salvo poi la mattina successiva constatare (a ciò accomunati agli altri commensali) che abbiamo trascorso la nottata con 'il peso sullo stomaco”! Ecco, quel peso sullo stomaco era la farina non lievitata a sufficienza. Lievitazione ed impasto, gli altri due elementi che cessano di essere incognite per divenire fattori primi di qualità. E precipuamente al riguardo dell'impasto, una precisa menzione la merita il pizzaiolo Franco Pepe che nella sua pizzeria di Caiazzo (Ce) tutte le mattine impasta a mano.

Gli ingredienti costituenti il topping (o la farcia nel caso delle pizze ripiene, i 'calzoni”). Sono qui, al momento, le più soddisfacenti innovazioni. L'ingrediente esce dall'anonimato e diviene elemento distintivo della specifica pizza. Per comprendere appieno questo assunto, effettuiamo retropasso ad un 'ieri” molto recente. La 'margherita” sinonimo di 'pomodoro e mozzarella”. Un momento, caro pizzaiolo erogatore e caro cliente fruitore (e pagante, ovviamente), ma quale pomodoro e quale mozzarella. I migliori pizzaioli di Napoli e dintorni, diciamo pure della Campania, specificano che si tratta (se ciò risponde al vero, ovviamente) che il pomodoro è il San Marzano Dop, oppure il Corbarino, oppure altra specie riconosciuta e riconoscibile. E, cosa ancora più cogente, si specifica se la mozzarella è termine improprio dacché starebbe a definire erroneamente un formaggio fresco a pasta filata da latte vaccino, ma allora parliamo di fiordilatte, oppure stiamo propriamente parlando di Mozzarella di bufala campana Dop.

Pertanto, se ciò è quanto accade con la 'margherita”, figuriamoci per altre pizze che contemplano quali ingredienti il prosciutto crudo (sì, ma quale), il salame (sì, ma quale), la pancetta (sì, ma quale) le olive (sì, ma quali), altri formaggi, se solo vogliamo limitarci ad Asiago Dop, Gorgonzola Dop, Taleggio Dop, Vastedda del Belice Dop, per non parlare del pecorino (sì, ma quale) che concorre alla sapidità degli squisiti calzoni.

Insomma, uno scenario i cui coni d'ombra vanno tutti serenamente squarciati grazie ad una trasparenza che consenta al fruitore (il cliente che paga) di conoscere cosa c'è nel piatto. Appare richiesta legittima e non pretenziosa. Già si comportano così i migliori pizzaioli della Campania; specificamente segnaliamo Enzo Coccia, maestro pizzaiolo della pizzaria (scritto così: pizzaria) La Notizia, due sedi entrambe in Via Caravaggio a Napoli, ed i fratelli Salvo di cui appresso diciamo a proposito di olio.

Ricerca costante della migliore qualità degli ingredienti e del rapporto serio con qualificati fornitori, intesi come partner e non come controparti, sono comportamenti fondanti altri pizzaioli eccellenti quali Attilio Bachetti e Gino Sorbillo, con le loro eponime pizzerie di Napoli rispettivamente alla Pignasecca ed ai Tribunali.

E cosa accade alla pizza in uscita forno? Su di essa vengono irrorati filini di olio. Fermi tutti. Che olio è? Innanzitutto, inteso come prerequisito essenziale, è olio extravergine di oliva. Così non fosse, saremmo in presenza flagrante di anello debolissimo. è olio extravergine di oliva? Bene. Quale? E se Dop, meglio ancora. Ma, proseguiamo con l'olio. Siamo certi che a fronte di così tante differenti pizze, uno ed uno solo debba essere l'olio a condimento la pizza che sortisce dal forno? Se le caratteristiche principali dell'olio extravergine d'oliva, ovvero il suo essere fruttato leggero, fruttato medio, fruttato intenso, incidono sull'utilizzo a condimento delle pietanze, perché parimenti ciò non accade sulle pizze? E difatti, grazie all'opera meritoria di alcune eccellenti pizzerie, qui citiamo 'Salvo da tre generazioni” di San Giorgio a Cremano (Na), la specifica di quale olio extravergine di oliva viene adoperato in uscita forno sulla specifica pizza è debitamente comunicato sul menu.

E via quei desueti, falsamente pittoreschi, recipienti in rame. Che le bottiglie di olio adoperato siano ben visibili con le loro etichette, sul banco dei bravi pizzaioli. Notazione particolare, per quanto attiene la pizza fritta ed altri 'componimenti fritti” della tradizione campana, non solo ai già citati pizzaioli, e particolarmente ai fratelli Salvo, ma segnatamente a chi esclusivamente pizza fritta (inarrivabili i suoi 'battilocchi”) propone, e stiamo parlando di Enzo Piccirillo della pizzeria La Masardona non distante dalla stazione centrale di Napoli, e la pizzeria La Figlia del Presidente, in Via del Grande Archivio a Napoli, laddove Maria Cacialli ed il marito Felice Messina sanno proporre anche eccellenti proposte di friggitoria.

Ritorniamo alla catena. è sufficiente che uno solo degli elementi suddetti, il forno, la legna, la farina e con essa impasto e tempi di lievitazione, gli ingredienti, siano essi topping oppure farcia, l'olio per condire in uscita forno, siano inadeguati rispetto ad uno standing qualitativo che si impone essere elevato, a ché il risultato finale, ovvero la pizza nel piatto, non possa per forza di cose raggiungere l'eccellenza qualitativa.

E quanto stanno portando avanti, informalmente insieme, i migliori pizzaioli della Campania sta conducendo proprio a questo meraviglioso risultato, in virtù del quale ne abbiamo ben donde per parlare di rinascimento della pizza: lo sforzo comune per innalzare il piacere finale che la pregevolezza organolettica della pizza sa regalare a chi vuole regalarsi nuove esperienze di gusto e nuove emozioni in pizzeria.

Se tanto si sta facendo affinché il prodotto pizza (al forno, fritta) non solo divenga eccellente ma esso stesso sospinga in alto il proprio limite di eccellenza, molto lo si deve anche a chi il fenomeno sa raccontarlo suadentemente ponendosi nel migliore dei modi in termini di capacità divulgativa mediante acclarata competenza e conseguente confidenza con i media e specificamente con il documentario.

Ci si riferisce alla collega Laura Gambacorta che ha saputo brillantemente esporre con il brioso linguaggio delle immagini non disgiunte dal rigore documentale il fenomeno del rinascimento della pizza in Campania, il tutto sintetizzando magistralmente in una poetica definizione della vera pizza napoletana: il sole nel piatto.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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