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Oldani dà il giusto gusto alla cucina In un libro il segreto della semplicità

In “Il giusto e il gusto”, presentato a Milano di fronte a cuochi stellati, giornalisti del settore e tanta gente comune, il celebre discepolo di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse ripercorre la sua strada fino al succes

 
18 settembre 2012 | 12:03

Oldani dà il giusto gusto alla cucina In un libro il segreto della semplicità

In “Il giusto e il gusto”, presentato a Milano di fronte a cuochi stellati, giornalisti del settore e tanta gente comune, il celebre discepolo di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse ripercorre la sua strada fino al succes

18 settembre 2012 | 12:03
 



Davide Oldani (nella foto) si definisce un cuoco 'pop” perché con la sua cucina raffinata, ma allo stesso tempo semplice ed umile, riesce a raggiungere tante persone. Alla libreria Feltrinelli di Milano, di fronte ad una nutrita folla di giornalisti del settore, cuochi stellati e soprattutto gente comune, Oldani ha presentato la sua ultima fatica letteraria, che ancora una volta ha come fulcro il concetto di una cucina 'alla portata di tutti”. Un vero e proprio evento, al quale hanno partecipato decine di persone e che ha visto come protagonista uno dei cuochi più popolari e più amati del panorama nazionale.

Davide OldaniIn 'Il giusto e il gusto. L'arte della cucina pop” il celebre discepolo di Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse ripercorre la sua strada fino al successo. Piuttosto che lasciar cadere dall'alto sapere ed esperienza, Oldani, che oggi è diventato a sua volta un maestro, sembra porgere dell'uno e dell'altra la condivisibilità, i principi (semplici, di buonsenso) che è venuto, quasi automaticamente, scoprendo lungo il suo percorso umano e professionale.

Si parte dalla sua piccola città natale, la Cornaredo (Mi) di quando era bambino ed era una giovane promessa del calcio, fino alla creazione del suo tempio della cucina. Il D'O, il suo ristorante, è ora una finestra sul mondo della cultura, dello spettacolo, ma anche della gente comune che si avvicina a questo palazzo del piacere culinario per assaporare non solo piatti prelibati, ma un vero e proprio stile di vita. Piatti tradizionali si sposano a più complessi compromessi e contaminazioni con la cucina internazionale, senza usare inutilmente materie prime costose e chic, ma partendo dalla tavola dei nostri nonni e rinnovandola con incredibile fantasia.

Oldani in 'Il giusto e il gusto” racconta non solo la sua idea di cucina, ma anche le sue azioni e inventive imprenditoriali in cui il vero cuoco si 'abbassa” a pulire i piatti e non solo a dare istruzioni ai suoi inservienti. Con prezzi popolari e sapori inconfondibili, ma unici, Oldani regala alla Cucina italiana, famosa in tutto il mondo, un tocco di affabilità, senza l'arroganza che spesso caratterizza gli chef più famosi in Italia e nel mondo. Una cucina dove non ci sono mai piatti fuori stagione e superflui e dove non ci sono in più stucchevoli posate da cerimonia. Davide Oldani unisce alla ricerca di una popolarità la poesia di uno stile di vita, come quello leggero ma audace raccontato da Calvino. Al D'O e in 'Il giusto e il gusto” si trova tutto questo e molto di più, guarnito da sapori e da colori che l'immaginazione di una cucina speciale può regalare.

Lo chef del D'O si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa e in un capitolo del libro non risparmia alcune critiche ai frequentatori della rete che, in veste anonima, scrivono commenti e recensioni sui propri blog. Ecco qui di seguito un estratto del capitolo in questione.

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Mi riferisco ai blogger che non si firmano, frequentatori della blogosfera a pieno titolo, certo, ma tipi senza identità o, come preferisco dire adesso che sto imparando a gestire meglio rabbia e delusione, con un'identità... noiosa.
Ho provato a dare un senso all'esistenza di questi criticoni della forma del piatto, dell'altezza della sedia, della densità della crema, dei bottoni dorati sulla giacca di un cliente, di quei criticoni, dicevo, che dopo aver postato in rete la loro preziosissima opinione non la firmano.
Ma pur riconoscendo il diritto alla libera espressione e la potenzialità democratica del web, non sono riuscito a rintracciare il significato profondo di chi resta anonimo dopo aver polemizzato sul fatto che io abbia perso tempo a lavare le tazzine o su altri aspetti marginali del mio lavoro. Per quanto mi sforzi non riesco proprio a immaginare l'anonimato indispensabile alla circolazione di certi messaggi. Insomma, diciamolo, ma che battaglia per la libertà vincerà mai il blogger che dice male di un ristorane e poi non si firma? Non potendo - per rispetto a chi lo ha fatto e lo fa sul serio - paragonarlo a chi rischia la pelle per informare il prossimo, mi domando: cosa rischierà mai questo anonimo opinionista?
Trova soddisfazione nel puro ma rigorosamente anonimo sfogo? Si accontenta di mettere in giro voci con l'unico scopo di fare danno agli altri? Sia chiaro che non è la critica che sto criticando, tantomeno il diritto a quella negativa. Mi domando semplicemente se una critica non è più forte e più incisiva quando porta la firma di chi la fa. E mi domando: dove sta il valore di una libertà che non contempla anche l'assunzione di responsabilità?
Io firmo i miei piatti nel bene e nel male. Mi assumo la responsabilità di dire che ho fatto io qualcosa che gli altri potranno apprezzare o criticare. E sinceramente non vedo dove sta il senso (e meno ancora il coraggio) di sputare addosso a qualcuno se poi si serrano le labbra quando è il momento di presentarsi. Sì, insomma, di dire 'gurda che sono io quello che ha diffuso nella blogosfera la storiella dei bottoni d'oro sulla giacca di un tuo cliente”, ovvero la notizia che tutti stavano aspettando.
Non mi faccio paladino della mia categoria, tantomeno di altre, credo che ciascuno sia in grado di difendersi da solo. Insomma, parlo con te, ho capito che di mestiere fai il blogger, ma se mi dici anche come ti chiami, ci siamo presentati tutti e due. E invece che guardarci allo specchio o ammirare ciascuno il proprio ombelico, magari ci guardiamo negli occhi. Per quanto virtuali.

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