Armonizzazione della tassa di soggiorno e trasformazione in tassa di scopo da destinare ai Comuni; rottamazione degli hotel; trasformazione dell'Enit (Agenzia nazionale di tirismo): sono le priorità previste dal Piano strategico del Turismo, presentato alla Commissione attività produttive della Camera. Il piano ora dovrebbe essere adottato dal Consiglio dei Ministri nella seconda metà di novembre.
Il Piano, presentato dal ministro del Turismo Piero Gnudi (nella foto) e dagli esperti di Boston Consulting, evidenzia - è stato detto dai manager di Boston Consulting - come l'Enit, «non solo ha un budget molto limitato, ma non ha le professionalità necessarie». Inoltre «la capacità ricettiva italiana è fatta di piccole imprese, spesso troppo vecchie». L'Enit, in particolare, dovrebbe diventare «fabbrica di prodotti ed avere una strategia fortissima sul digitale, ma ora non ha le competenze. Così come è l'Enit può essere chiuso».
«In Francia il tasso di occupazione degli alberghi è molto superiore al nostro», hanno detto gli esperti di Boston Consulting, secondo i quali nei prossimi 10 anni i segmenti chiave che l'Italia deve guardare arriveranno dai Paesi emergenti e soprattutto dai i clienti che oggi hanno una liquidità in banca oltre 250mila euro. «Su questi clienti bisogna focalizzare l'attenzione», hanno fatto notare.
«Fino al 2000 l'Italia era al primo posto per introiti - ha detto il ministro Piero Gnudi - oggi siamo al terzo posto, dietro Francia e Spagna e la riduzione di quote di mercato è stata superiore al calo dei Paesi competitor. Oggi l'Italia non ha mai una posizione di leadership, pur avendo gli asset naturali e turistici più forti. Abbiamo una quota di mercato cinese molto bassa, la Francia è fortissima, perché ha sviluppato una politica mirata. E dire che tutti i turisti, come prima scelta, vedrebbero l'Italia come luogo in cui andare: poi si scontrano con una serie di difficoltà; manca un'offerta
moderna e integrata».
Secondo le recenti stime, infatti, l'Italia per quanto riguarda la capacità di portare a sé il turista internazionale, sta perdendo punti rispetto a Francia e Spagna, e se il Belpaese nel 1995 era primo in Europa come incassi dal turismo straniero oggi si posiziona al terzo posto, dietro appunto a Francia e Spagna.
Per il Ministro Guidi è fondamentale dunque «cercare di recuperare il tempo e le occasioni perdute», e modernizzare l'offerta ricettiva e turistica italiana. I numeri confermano che in Italia ci sono 34mila alberghi contro i 15mila della Spagna che però riescono a ottenere un numero di pernottamenti maggiore (dati Corriere della Sera). In questo senso si inserirebbe la 'rottamazione degli alberghi”: «Più che di rottamazione - spiega il Ministro - è più corretto parlare di semplificazione. Bisogna creare condizioni affinché il mercato possa decidere e funzionare correttamente. Si tratta di consentire alle imprese che vogliono crescere di aggregarsi e d'altra parte dare un'alternativa agli alberghi che ritengono di non poter stare sul mercato. Alcune delle nostre imprese non sono competitive ed è chiaro che molti proprietari sono intrappolati dalla destinazione d'uso dei loro immobili. Potrebbe servire una semplificazione delle attuali procedure e consentire un più facile cambio di destinazione degli immobili».
Sempre per quanto riguarda il settore alberghiero il piano di Gnudi si pone come obiettivo quello di rendere più omogenia e uniforme l'assegnazione e la classificazione delle stelle, in modo che ad esempio gli alberghi a 3 stelle abbiamo le stesse caratteristiche in tutta Italia.
Per il Ministro Gnudi questo piano è «una grande opportunità per il Paese, in particolare per il Sud». Il turismo spiega Gnudi «vale l'8,6% del Pil e il 9,7% dell'occupazione. Il piano prevede di incrementare di 30 miliardi il contributo al Pil, da 136 a 166 miliardi e creare 500mila posti di lavoro entro il 2020».
Confindustria viaggi: Sì alla 'rottamazione” degli alberghi
Astoi-Confindustria Viaggi condivide in toto la proposta contenuta nel Piano strategico nazionale sulla "rottamazione degli hotel" così come le dichiarazioni del Ministro Gnudi, che ha giudicato «troppi, troppo vecchi e piccoli» i 34mila alberghi presenti in Italia.
«La nostra condivisione di quanto affermato dal Ministro è totale», ha detto Nardo Filippetti, presidente di Astoi-Confindustria Viaggi. «Gli alberghi italiani sono per la maggior parte da ristrutturare e da adeguare alla domanda perché, semplicemente, risultano ormai fuori mercato e, rispetto alle strutture di altri Paesi, pagano dazio in termini di dimensioni, servizi (si pensi solo a quelli legati alla tecnologia) e di qualità (stabili non ristrutturati, arredi datati). Questo accade soprattutto sulle destinazioni balneari, ovvero quelle che generano i numeri maggiori in termini di presenze e che hanno la stagionalità più breve e per questo è più difficile ammortizzare gli investimenti. Per queste ragioni perdiamo nel confronto con la proposta alberghiera delle altre nazioni e, per gli stessi motivi, i tour operator hanno grosse difficoltà nel proporre e vendere le strutture presenti sul territorio nazionale tanto agli italiani quanto agli stranieri, che si vedono 'costretti” a scegliere altre destinazioni che propongono un'offerta ricettiva sicuramente più competitiva in termini di rapporto qualità/prezzo».
Assoturismo-Confesercenti: Meglio ragionare sulla qualità e non sulle dimensioni
«Le dichiarazioni del ministro Gnudi, che vorrebbe vedere 'rottamati” gli hotel di minori dimensioni, ci lasciano fortemente perplessi. Innanzitutto perché la rete dei piccoli alberghi è funzionale all'Italia; ma anche perché è il mercato a decidere il successo o l'insuccesso di un'attività imprenditoriale, pure nel caso della ricezione turistica. Meglio ragionare sulla qualità e non sulle dimensioni». Il presidente di Assoturismo-Confesercenti Claudio Albonetti commenta così, in una nota, le parole del ministro per il Turismo Piero Gnudi, che ha suggerito di rottamare molti degli alberghi italiani perché «troppi, troppo vecchi e troppo piccoli».
«Sulla qualità – continua Albonetti - il Ministro sfonda una porta aperta: siamo più che disponibili a lavorare sul tema, che la nostra associazione ha sempre ritenuto centrale; così come ribadiamo la nostra piena collaborazione con l'Esecutivo su molte altre questioni fondamentali per il turismo. Ma l'idea di rottamare gli hotel in base a criteri dimensionali e non qualitativi ci lascia invece basiti. Non riteniamo che questa sia una scelta che spetti al Governo, quanto piuttosto al mercato. Inoltre, ci preme sottolineare il fondamentale valore della rete dei piccoli alberghi, che è funzionale alla vocazione turistica italiana, che si estende a tutto il territorio, ed è in grado di intercettare tutti i turismi, non solo quelli d'élites. Non si possono costruire giganti della ricezione in ogni angolo d'Italia: sarebbe antieconomico e un grave danno per il nostro splendido Paese. Se l'obiettivo è il rinnovamento della rete alberghiera italiana lo Stato ci aiuti piuttosto a reperire le risorse necessarie che, in questo clima di crisi, non possono certo essere messe in campo dalle sole imprese. Sarebbe un intervento, questo, cui non potremmo che plaudire».
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