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Bonfio lascia la presidenza di Vinarius In futuro enoteche più specializzate

Intervista a Francesco Bonfio, che passa la mano per la guida di Vinarius, l'Associazione enoteche italiane. Bonfio spiega chipotrebbe essere il Mario Monti del mondo del vino e la strada da percorrere per la vera qualità. Nelle sue parole si avvertela soddisfazione per i successi

di Claudio Riolo
 
06 novembre 2012 | 17:51

Bonfio lascia la presidenza di Vinarius In futuro enoteche più specializzate

Intervista a Francesco Bonfio, che passa la mano per la guida di Vinarius, l'Associazione enoteche italiane. Bonfio spiega chipotrebbe essere il Mario Monti del mondo del vino e la strada da percorrere per la vera qualità. Nelle sue parole si avvertela soddisfazione per i successi

di Claudio Riolo
06 novembre 2012 | 17:51
 

Francesco BonfioNel prossimo gennaio FrancescoBonfio (nella foto) dopo sette anni lascerà la presidenza Vinarius, Associazione enotecheitaliane. Nelle sue parole si avverte la soddisfazione per i successi, in tempo di crisi, e l’invito a considerare anche gli aspettistorici e culturali per uscirne.

Mi riassumi in breve questi sette anni?
Segnaloche le enoteche associate sono un centinaio, in tutta Italia, con un fatturato indicativo di 115 milioni di euro nel 2011. Nel2006 abbiamo assegnato il Premio al Territorio, biennale, al Salento, nel 2009 alla terra del Marsala e nel 2011 allaMaremma Toscana. Analoga apertura al contesto sociale è rappresentata dagli ambasciatori Vinarius: Lamberto Sposini nel2006, Nino Panicola nel 2009 e Nicola Muccillo nel 2011. Aggiungo i numerosi corsi professionali e i viaggi di studio  neiluoghi della produzione vinicola. Intensa l’attività di degustazioni al pubblico degli appassionati. Nel 2011 abbiamo festeggiatoi 30 anni di attività a Napoli e Brindisi, pubblicando anche una guida illustrata.

Storia e culturaaiutano il vino o ingombrano la strada?
La storia, la cultura e la tradizione sono un patrimoniofondamentale del prodotto vino, sono gli unici aspetti che lo differenziano da una qualsiasi altro prodotto industriale. Sonoaspetti essenziali per amare, riconoscere, utilizzare con sobrietà e moderazione un prodotto che ci può regalare emozioni chenessun altra bevanda industriale può trasmettere. Accantoniamo la storia e la cultura per rendere il futuro del vino piùdisinvolto e in breve non avremo più il vino come lo abbiamo conosciuto per secoli.

Che impulso vihanno dato le enoiteche con mescita?  
Sono orgoglioso che sotto la mia presidenza ci sia statal’apertura alle enoiteche, e dopo quattro anni di convivenza debbo dire che non sono emersi problemi. I due campi d’azionesono sinergici, gli enoitecari hanno un polso della situazione del consumatore ancora più attento ed evoluto di quantopossiamo avere noi enotecari dell’asporto. Tra l’altro la mescita è una delle evoluzioni più naturali dell’enoteca che vuoleesplorare nuovi orizzonti. Credo che la riunione sotto un’unica associazione e la collaborazione fra i due settori potrà daregrandi risultati e eccellenti nuove opportunità.

Può essere così popolare la “qualità” di cui si parlatanto?
Fino alla fine degli anni settanta, primi anni ottanta la grande cucina e i grandi vini eranoappannaggio di pochi. Sia per una questione di censo, sia per una questione di disponibilità economica, sia soprattutto peruna questione culturale. Lo stesso Veronelli antesignano e tuttora irraggiungibile vetta della critica enogastronomica sirivolgeva ad un consumatore elitario, appassionato e culturalmente preparato. Per come scriveva, per i concetti cheesprimeva Veronelli non era certamente adatto al grande pubblico dei consumatori di massa. Dalla metà degli anni ottantaabbiamo assistito a una progressiva ed apparentemente inarrestabile diffusione della qualità applicata al cibo e al vino. Ilfenomeno è diventato di così facile accesso a tutti indistintamente da aver creato la facile illusione di una crescitageneralizzata dell’apprezzamento della qualità da parte di una grande massa di consumatori. Si è ingenerato quindi ilconvincimento che la qualità fosse un requisito adatto a tutti e democraticamente disponibile per chiunque. Non è stato così,non poteva esserlo, non lo sarà mai. Infatti, già alla fine del secolo avevamo avuto dei sentori di una bolla che stava perscoppiare e la grande crisi economica iniziata nel 2008 ha solo affrettato il processo.

Oggi noi ci troviamo ad avereun numero enorme di produttori, di rivenditori e di consumatori finali che pensavano di fare qualità ma in effettisemplicemente seguivano il vento senza avere la più pallida idea di cosa fosse davvero la qualità. Auspico un drasticoridimensionamento di ristoranti, gastronomie, produttori di vino, giornalisti, scribacchini on line, rivenditori di vino per fare inmodo che la vera grande produzione di qualità torni ad essere solo una questione di élite, non necessariamente economica,ma filosofica. Solo così usciremo dall’equivoco del buono a tutti i costi, disponibili per tutti, che è solo utopistico, se nonaddirittura  ipocritamente fuorviante.
 
Consumatori disorientati, commerciantial lumicino, produzione senza regole: seguendo il modello Monti, a chi potremmo ispirarci per un rinnovamento nel mondovino?
Se penso ai soggetti che compongono il mondo del vino vedo alcuni di questi che sarebberocertamente utili per rinnovare e quasi direi rifondare il comparto. Penso ad Angelo Gaja che ha una visione internazionalecome pochi e in più una capacità espressiva ed un carisma unici. Poi vedo Mauro Lorenzon, un personaggio spessocontroverso per i suoi atteggiamenti controcorrente, ma che è vero, autentico, capace come pochi di entusiasmare. Perchéquello di cui abbiamo bisogno è di ritornare ad vedere nel bicchiere qualcosa che ci faccia sognare, leggervi un raccontoumano, individuare chi e perché ha fatto e messo in bottiglia quel vino. Una persona che potrebbe essere molto utile èArianna Occhipinti che ha entusiasmo, intelligenza e grande carattere. Ci manca molto la dote di trascinatore di un GiacomoBologna e vorrei vedere questa qualità in qualcuno di attualmente impegnato nel vino. Poi vorrei trovare un enologo giovaneche abbia la sapienza di Giorgio Grai e poi ovviamente vorrei trovare un giornalista che assomigli a Veronelli. Se mettessimoinsieme queste persone si vedrebbero i consumatori meno confusi, i commercianti riappropriarsi del loro ruolo di ricercatori digrandi vini, la produzione finalmente inserita in poche, serie, efficaci regole. Noi abbiamo bisogno di tornare ad una visionedel mondo del vino meno industriale e più attaccata alla terra, meno soggetta alle pierre farlocche e più concentratasull’essenza del prodotto, meno lustrini ma più umanità.

Come immagini il futuro dell’enoteca?
La crisi economica generale ha fatto venire al pettine gli errori del passato. Il momento è favorevole persanare le impostazioni errate e rivedere le priorità per affrontare le nuove sfide. Tutti gli attori dovranno puntare ancora di piùche in passato sulla specializzazione, sulla concretezza, lasciando finalmente perdere l’apparenza e previlegiando semprepiù la sostanza. Sarà preferibile tralasciare le velleità di sviluppo ecumenico di un consumo che comunque è in calo persvariate ragioni e concentrarsi di più nell’offerta di prodotti più particolari, che abbiamo una storia da raccontare e un territoriodi provenienza da illustrare.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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