Non voglio certo rubare l’idea all’
amico Matteo Scibilia, ma forse è davvero giunto il tempo che da parte di cuochi e ristoratori ci sia uno scatto di reni. Di fronte ad una crisi senza pari, anche di idee, le associazioni professionali sembrano navigare a vista e nella stessa categoria c’è una sorta di sciogliete le righe anche ai piani alti. Stellati o grandi promesse che lasciano locali ritenuti fino a ieri inattaccabili santuari del gusto. E magari dicono, come lo chef star Bruno Barbieri, di
voler tornare alla dimensione trattoria.
Dopo la
pelosa levata di scudi verso la sottosegretario Borletti Buitoni perché aveva avuto il torto di richiedere un po’ di tradizione nei nostri menu (esagerando peraltro nel dire che in Italia si mangerebbe male…), in tanti sembrano orientati ad un “alleggerimento” delle loro proposte. Non siamo ancora a quella rivoluzione della semplicità evocata da Scibilia, ma certo la risposta degli operatori del fuori casa sembra quella di un deciso ritorno alle origini delle cucine italiane. Si lascia la via delle sferificazioni, degli addensanti e in genere di quelle soluzioni che tanto piacevano fino a qualche settimana fa alla maggior parte dei curatori delle guide sui ristoranti.
Territorio e tradizione (ovviamente rivisitata) sembrano le nuove parole d’ordine. Potremmo essere soddisfatti, visto che si tratta di richiami che Italia a Tavola fa da sempre, con l’obiettivo di legare strettamente ristorazione e produttori dell’agroalimentare di qualità in un patto di sistema. E certamente lo siamo. Ma vorremmo che da parte delle istituzioni ci fossero segnali precisi di sostegno ad una scelta culturale ed economica al tempo stesso. Il tutto evitando però di gratificare sempre i soliti noti, ma dando voce e visibilità alle migliaia di cuochi e ristoratori che al valore delle Cucine italiane hanno sempre creduto.
Se poi da ciò nascerà sul serio una rivoluzione della semplicità, questa non potrà che portare anche ad una revisione di tutto il sistema fasullo e un po’ tarocco che fra guide e commenti dei consumatori (molti dei quali palesemente falsi, soprattutto su TripAdvisor) hanno alimentato un sistema di critiche e recensioni orientate solo a fare business. Col risultato che troppi cuochi si sono prestati a questo gioco attratti giustamente dal guadagno, che di questi tempi non è sicuro se si sta in cucina a fare il proprio lavoro.