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La rivoluzione della semplicità

Di fronte a questa crisi le associazioni professionali sembrano navigare a vista. Stellati o grandi promesse che lasciano locali ritenuti santuari del gusto. Territorio e tradizione sembrano le nuove parole d’ordine

di Alberto Lupini
direttore
 
22 luglio 2013 | 09:27

La rivoluzione della semplicità

Di fronte a questa crisi le associazioni professionali sembrano navigare a vista. Stellati o grandi promesse che lasciano locali ritenuti santuari del gusto. Territorio e tradizione sembrano le nuove parole d’ordine

di Alberto Lupini
direttore
22 luglio 2013 | 09:27
 

Non voglio certo rubare l’idea all’amico Matteo Scibilia, ma forse è davvero giunto il tempo che da parte di cuochi e ristoratori ci sia uno scatto di reni. Di fronte ad una crisi senza pari, anche di idee, le associazioni professionali sembrano navigare a vista e nella stessa categoria c’è una sorta di sciogliete le righe anche ai piani alti. Stellati o grandi promesse che lasciano locali ritenuti fino a ieri inattaccabili santuari del gusto. E magari dicono, come lo chef star Bruno Barbieri, di voler tornare alla dimensione trattoria.

Dopo la pelosa levata di scudi verso la sottosegretario Borletti Buitoni perché aveva avuto il torto di richiedere un po’ di tradizione nei nostri menu (esagerando peraltro nel dire che in Italia si mangerebbe male…), in tanti sembrano orientati ad un “alleggerimento” delle loro proposte. Non siamo ancora a quella rivoluzione della semplicità evocata da Scibilia, ma certo la risposta degli operatori del fuori casa sembra quella di un deciso ritorno alle origini delle cucine italiane. Si lascia la via delle sferificazioni, degli addensanti e in genere di quelle soluzioni che tanto piacevano fino a qualche settimana fa alla maggior parte dei curatori delle guide sui ristoranti.

Territorio e tradizione (ovviamente rivisitata) sembrano le nuove parole d’ordine. Potremmo essere soddisfatti, visto che si tratta di richiami che Italia a Tavola fa da sempre, con l’obiettivo di legare strettamente ristorazione e produttori dell’agroalimentare di qualità in un patto di sistema. E certamente lo siamo. Ma vorremmo che da parte delle istituzioni ci fossero segnali precisi di sostegno ad una scelta culturale ed economica al tempo stesso. Il tutto evitando però di gratificare sempre i soliti noti, ma dando voce e visibilità alle migliaia di cuochi e ristoratori che al valore delle Cucine italiane hanno sempre creduto.

Se poi da ciò nascerà sul serio una rivoluzione della semplicità, questa non potrà che portare anche ad una revisione di tutto il sistema fasullo e un po’ tarocco che fra guide e commenti dei consumatori (molti dei quali palesemente falsi, soprattutto su TripAdvisor) hanno alimentato un sistema di critiche e recensioni orientate solo a fare business. Col risultato che troppi cuochi si sono prestati a questo gioco attratti giustamente dal guadagno, che di questi tempi non è sicuro se si sta in cucina a fare il proprio lavoro.


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01/08/2013 11:57:25
2) Da noi nessuno spende 48 euro per mangiare dei germogli
Belin....Sono molto felice che lo Chef Puglisi sia un punto di riferimento nel panorama danese ma gli stage gli ha fatti da Super chef e ristoranti super stellati mica nella trattoria "dalla Pina". Poi e se mai che i nostri chef una volta fuori dai nostri confini riescono a risaltare , all'estero non ci sono centinaia di trattorie e ristoranti per paese o citta'. E in ultimo, possiamo scegliere se andare da Alajmo o dalla " Pina " spendere 10 o 100 ma mangiare bene ugualmente.Una cosa e' certa da noi 48 euro per mangiare dei germogli non le spende nessuno!!!
marco sansone
ristoratore
ristorante buca di bacco
26/07/2013 20:22:41
1) Semplicitá e qualitá, Puglisi lo fa a Copenaghen
Gentile direttore Lupini, a pagina 48 dell'inserto Domenicale del Sole 24 Ore del 21 Luglio,ho letto della filosofia professionale e della proposta di cucina di Christian Puglisi,chef siculo,messinese di nascita e,dunque, mio "dirimpettaio" in quanto risiedo a circa 30 minuti dalla splendida cittadina di Scilla. Puglisi lavora a Copenaghen,sicuramente un altro mondo rispetto alla nostra attuale Italia.Eppure,nella cità scandinava egli ha inteso scommettere su erbe,verdure,fiori che crescono spontaneamente nella "foresta" di quei posti e di portarli poi direttamente ai tavoli dei clienti i piatti preparati con essi,così come fanno anche i suoi collaboratori in cucina.Puglisi ha inteso eliminare un bel po' di cose che in tante realtà della ristorazione italiana ridondano,costando pesantemente a risoratori e clienti. In quella sala del ristorante RELAE (si chiama così il regno danese dello chef italiano,stellato Michelin),non esistono camerieri pronti a raboccare i bicchieri mezzi vuoti,nè scenografie e posaterie costose.Poche portate sono quelle in cui scommette e punta il siculo cuoco quarantenne,utilizzando pochi,freschissimi e naturalisimi ingredienti. Possono mancare in quei piatti limone,olio extravergine d'oliva e pomodori ? No che non possono mancare,anzi,Puglisi nobilita quei gia pregiati giacimenti agricoli e gastronomici che quì nel Sud del Sud dove viviamo noi,potrebbero costituire preziosissimi ingredienti che ognuno di buona volontà e con un fazzoletto di terra può prodursi da sè.Dalla sala del ristorante RELAE leggo che i clienti escono soddisfatti senza spendere più di 385 corone danesi(pari a circa 40 euro),vino escluso.
Nel chiaro articolo in questione,l'autore Riccardo Piaggio ci sottopone alla fine una conseguenziale riflessione,ed è quella che io colgo e giro a lei,dottor Lupini e ai ristoratori nazionali attenti e consapevoli di quanto sta accadendo. Rifltto e domando: alla luce di questa crisi epocale del mondo della ristorazione italiana di alta qualità,considerata anche la leggittima,inderogabile esigenza di non scadere nella qualità delle proposte gastronomiche,anche sotto il profilo salutistico,i ristoratori italiani ritengono necessaria o no una vera rivoluzione della semplicità ?. Grazie per l'ospitalità concessami. 
Domenico Giordano
impiegato
Olearia San Giorgio snc


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