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Basilicata, viaggio nelle terre di Orazio Un passato ancora vivo nella natura

Un viaggio affascinante nelle Terre del Vulture, fra storia, natura e poesia, alla scoperta dell’autenticità lucana che trasmette il desiderio di incamminarsi nei luoghi dell’anima dove, silente, scorre la voce del poeta

di Sabrina Merolla
 
10 dicembre 2013 | 10:49

Basilicata, viaggio nelle terre di Orazio Un passato ancora vivo nella natura

Un viaggio affascinante nelle Terre del Vulture, fra storia, natura e poesia, alla scoperta dell’autenticità lucana che trasmette il desiderio di incamminarsi nei luoghi dell’anima dove, silente, scorre la voce del poeta

di Sabrina Merolla
10 dicembre 2013 | 10:49
 

Ricerca dell’armonia, fuga dal tempo. Apertura dello spazio. Silenzio. Lo sguardo si dilata sulla concorde varietà tonale del paesaggio. Dalla terra rossastra affiorano boschi, vigneti e memorie storiche custodite nella voce dei poeti. Il viaggio a Venosa, la città più antica della Basilicata, è il preludio degli itinerari alla scoperta di questa regione, che ancora oggi rappresenta la fortunata sopravvivenza delle sembianze del pianeta terra, così come dovrebbe essere, preservato nel suo splendore incontaminato, tra vette montuose e fertili campagne solcate da quattro fiumi, nel limitare di due mari, lo Ionio e il Tirreno.



Montagne e pianure. Mari e fiumi. E un vulcano spento, il Vulture, con le sue trenta miglia di circonferenza, e trenta miglia distante dalla più vicina sponda dell’Adriatico, a oriente. Alle sue pendici, avvolta da estesi e pregiati boschi di castagno - Marroncino di Melfi D.O.P. è la denominazione protetta delle prelibate castagne che si producono in questi luoghi – sorge Venosa, immersa tra i floridi vigneti del celebre Aglianico del Vulture, vitigno introdotto in questa zona dai greci intorno al VII secolo a.C.

Le essenze elleniche si spargono tra le impronte romane in questo lembo di Lucania, a nord-est in provincia di Potenza, al confine con la Puglia. Dai declivi del vulcano, Venosa appare “lunga e piana, pendente ai lati” come la descriveva nel ‘500 il poeta indigeno Luigi Tansillo, rimandando alle due valli che la delimitano, la Valle del Reale e la Valle del Ruscello, in cui scorrono i due fiumi. I latini la fondarono nel 291 a.C e la chiamarono “Venusia”, forse perché vi ravvisarono la stessa bellezza di Venus, dea dell’amore. Conosciuta soprattutto per essere il paese d’origine del sommo poeta latino Orazio, la città lega la sua fama all’immenso patrimonio di età romana e medievale disseminato nel borgo a ogni passo e in gran parte racchiuso nel Parco Archeologico che conserva i resti monumentali della colonia latina.

L’anfiteatro, le terme, la domus, il complesso della SS. Trinità testimoniano la “vanitas”, vessillo di un antico splendore, e costellano percorsi culturali privilegiati dove immergersi nell’atmosfera cristallizzata delle memorie storiche, tra reperti, ipotesi e realtà. In questa città incantata, il percorso esplorativo è rapito dalla bellezza dell’Abbazia dell’Incompiuta, un impianto ecclesiale realizzato in epoca normanna e mai portato a compimento.

Filari di colonne abbozzano navate, il pavimento è prato, il tetto è cielo. Eretta in gran parte utilizzando elementi di recupero provenienti dalle adiacenti rovine romane, l’Abbazia vide i lavori di costruzione interrompersi nel corso del ‘300 e rimase, pertanto, incompiuta.  Con il suo scenario di pieni e di vuoti, incombe sullo sfondo del parco, creando uno dei luoghi più carichi di suggestione di tutta la Basilicata. I sontuosi monumenti del centro storico, le iscrizioni su pietra, le epigrafi e gli inserti marmorei, di cui la città è straordinariamente ricca, ne fanno un museo a cielo aperto, come dovrebbe predisporsi lo spirito, qui straordinariamente ispirato dal sentimento lirico di Quinto Orazio Flacco, nato a Venosa nel 65 a.C.

L’orgoglio cittadino ne preserva il vivido ricordo nella piazza a lui dedicata, al cui centro si erge la statua bronzea che lo raffigura, eretta nel bimillenario della nascita. Irrinunciabile la visita alla “presunta casa di Orazio”, una domus patrizia risalente però ad almeno un secolo dopo la nascita del poeta. Nonostante la tenace tradizione locale la indicasse, già nel XVI secolo, come la sua abitazione, i due ambienti di cui consta sono stati recentemente identificati come relativi a un impianto termale. La visita alla dimora racchiude comunque un suggestivo valore architettonico e storico, e rievoca i noti aforismi e le esortazioni del poeta latino che si tramandano da duemila anni.

“Carpe diem, quam minimum credula postero”. Godi il giorno che passa, confidando meno che puoi nel domani. L’ode oraziana esorta a cogliere, con perdonabile stile prosaico, le opportunità degustative delle specialità lucane fra cui spiccano, per dolcezza e croccantezza, i Peperoni Cruschi di Senise. Raccolti in estate, vengono lasciati asciugare su teli per poi essere legati con ago e filo, e appesi in grandi ‘serte (collane), esposte al sole e spesso anche sugli usci delle case, per terminare la fase di essiccazione.

L’infinita poetica oraziana sollecita l’ineludibile assaggio di “Lagane, ceci e porri”, immortalate dallo stesso poeta nelle sue Satire: un rustico amalgama di legumi locali e fettucce fatte in casa, larghe e spesse come i solchi della millenaria tradizione agreste lucana. Immersi nei vigneti del celebre Aglianico del Vulture, qui fieramente appellato il “Barolo del sud”, e dai viticoltori reputato il fratello maggiore del vino piemontese, “nunc est bibendum”, ora si deve bere (Orazio, Odi). Satolli e appagati ci abbandoniamo a un verso crepuscolare: «Infine, me ne vado a dormire, senza il pensiero di dovermi alzare presto la mattina» (Orazio, Satire).

Ed è già un nuovo giorno. Una trentina di chilometri di distanza in direzione ovest, e si apre il rigoglioso scenario dei Laghi di Monticchio, nel territorio di Rionero in Vulture. Sorti sul cratere del vulcano spento, a 600 metri sul livello del mare, il Lago Piccolo e il Lago Grande, sono divisi da un ruscello e appaiono come due specchi d’acqua smeraldini che di giorno riflettono i bagliori della natura circostante, plasmandosi nel tronfio vigore verdeggiante. Frotte di cigni reali danzano nelle placide acque e fluiscono tra preziose ninfee.

Monticchio è l’unico luogo della Basilicata (e uno dei pochi dell’intero Meridione) in cui la Nimphea alba vegeta spontaneamente. Le grandi foglie galleggianti sono trattenute al fondale da steli profondi fino a 4-5 metri ed emergono in superficie a primavera. Raccoglierne i fiori bianchi, oltre che proibito, è un atto che impoverisce la natura del luogo. Senza piante acquatiche, un lago sarebbe privo di vita. Tutt’intorno, fitti boschi di faggi, castagni, ontani, frassini, aceri e tigli su cui frullano poiane, gheppi, falchi pellegrini e nibbi reali.

Specchiata nelle acque del Lago Piccolo, appare l’Abbazia di S. Michele Arcangelo. Imponente, bianca e sontuosa, preserva un convento e una chiesa settecentesca, custodendo, in una grotta di tufo, l’antica Cappella di S. Michele. Nei primi due piani dell’edificio ha sede il Museo di Storia Naturale del Vulture, con una sezione dedicata alla farfalla notturna “bramea” (Acanthobrahmaea europaea) una falena rara che in Europa sopravvive solo in una ristretta area situata a poca distanza dai laghi di Monticchio, in prossimità dei quali fu rinvenuta dall’entomologo altoatesino Federico Hartig nel 1963. La sua scoperta fu un’inaspettata testimonianza dell’esistenza in vita di quello che dagli entomologi è oggi considerato un “relitto miocenico”, che si riteneva estinto in Europa da centinaia di migliaia di anni, ed è diffuso, in specie affini, solo in Asia ed Africa nord occidentale. Per salvaguardarla e proteggerla, nel 1971 venne istituita, alle falde del Vulture, la Riserva delle Grotticelle, la prima area protetta istituita in Europa per tutelare una farfalla. Gli amanti della natura troveranno in questo splendido scenario l’habitat adatto alle loro esplorazioni e potranno gustare l’acqua leggermente frizzante che sgorga naturalmente dai ruscelli.

Con lo sguardo rapito dal fresco silenzio, la mente si tempra e si rinnova l’anima, che i greci chiamavano psiche, indicando con la stessa parola anche la farfalla che, in queste terre, vola nel silenzio. Buon vento.


Le Masserie del Falco
Incantevole borgo rurale dell’Alto Bradano Vulture Melfese, immerso in trenta ettari di scenari senza tempo. Il ristorante è uno dei punti di riferimento della cucina della Basilicata che rivisita i prodotti tipici in chiave innovativa. Ideale per un viaggio alla scoperta di atmosfere e sapori dimenticati o, forse, mai vissuti.

Prezzo medio: 30 euro
Camere: da 55 euro
Contrada Reddito degli Angeli - 85023 Forenza (Pz)
Tel 0971 773867
info@masseriedelfalco.it - www.masseriedelfalco.it

Tenuta La Maddalena
Emblema del turismo rurale lucano, con annessa foresteria, propone cucina casereccia spesso anche rivisitata. Imperdibili le “Fàscine alla Maddalena”, pasta fresca a forma di foglie d’ulivo, con Peperone Crusco di Senise e mollica di pane venosino soffritta. Memorabili le “Lagane, ceci e porri” (foto sotto), il piatto decantato da Orazio nelle Satire. Le 7 camere si affacciano all’interno di un cortile, che sfocia sui vigneti di Aglianico del Vulture.

Prezzo medio: 30 euro
Camere: da 80 euro
s.p. 18 Km 1.000 - Contrada La Maddalena, Venosa (Pz)
Tel 0972 32735
info@agrilamaddalena.it - www.tenutalamaddalena.it

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22/12/2013 14:32:19
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