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Più frutta nelle bibite analcoliche? Un valore aggiunto per il Made in Italy

La richiesta dell’innalzamento della percentuale minima di frutta nei succhi e nelle bevande analcoliche dal 12% al 20%, significherebbe valorizzare le materie prime e rendere onore all'agroalimentare made in Italy

di Roberto Vitali
 
09 giugno 2014 | 16:00

Più frutta nelle bibite analcoliche? Un valore aggiunto per il Made in Italy

La richiesta dell’innalzamento della percentuale minima di frutta nei succhi e nelle bevande analcoliche dal 12% al 20%, significherebbe valorizzare le materie prime e rendere onore all'agroalimentare made in Italy

di Roberto Vitali
09 giugno 2014 | 16:00
 

La Giunta della Regione Veneto ha fatto un passo ufficiale per richiedere al Governo provvedimenti per rendere effettivo l’innalzamento della percentuale minima di frutta nei succhi e bevande analcoliche dall’attuale 12% al 20%. Il provvedimento tutelerebbe il Made in Italy agroalimentare, la trasparenza delle etichette, l’equità delle filiere, la competitività delle imprese del primario e la qualità delle produzioni.



Italia a Tavola si è già occupata della questione tempo fa ed è uno temi che ci stanno a cuore. Il comparto del Made in Italy nelle filiere agroalimentari è universalmente riconosciuto come una straordinaria leva competitiva “ad alto valore aggiunto” per lo sviluppo dell’economia nazionale, tanto più in un momento di grave crisi nella quale il Paese è alla ricerca di azioni e risorse per il rilancio dell’economia e della crescita occupazionale.

Per questo è necessario qualificare ciò che immettiamo sul mercato e, fra i tanti prodotti italiani che chiedono norme più qualificanti, anche i succhi di frutta e le bevande a base di frutta soffrono di una normativa merceologica che banalizza la qualità, non valorizza la materia prima e non consente al consumatore di reperire prodotti di alto valore qualitativo.

Quante volte abbiamo visto mandare al macero le arance siciliane, vendibili solo a prezzi ridicoli sul mercato all’ingrosso (per cui non vale nemmeno la pena pagare per raccoglierle), mentre al contempo beviamo aranciate o prodotti similari che sono poco più nutrienti dell’acqua perché contengono una percentuale bassissima di materia prima? Della trasformazione in succhi di frutta con percentuali più alte di materia prima possono avvantaggiarsi anche le nostre produzioni di pere, mele, pesche, nettarine, kiwi. Un vantaggio per la salute di tutti e per i bilanci dell’agroalimentare italiano.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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