Dal primo gennaio 2015 è aumentata l’accisa sulla birra, che è passata da 2,7 a 3,04 euro per ettolitro. In pratica, per un euro speso in birra 45 centesimi vanno al fisco. Si tratta del terzo aumento negli ultimi 15 mesi: complessivamente, +30% dall’ottobre del 2012. I produttori sottolineano come il terzo aumento consecutivo metta ora a rischio posti di lavoro.
Rialzi non solo per la birra: l’imposta sui prodotti alcolici intermedi, come i vini liquorosi e quelli aromatizzati, è salita da 80,71 a 88,67 euro per ettolitro, mentre quella sull’alcol etilico (rum, whisky, gin, grappa) è passata da 942,49 a 1.035,52 euro per ettolitro.
Alberto Frausin, presidente di Assobirra, lo definisce «un aumento frutto di un errore tecnico del governo Letta. Due diversi provvedimenti, piano scuola e beni culturali, sono stati coperti con la stessa misura, portando la tassazione alle stelle».
I risultati del provvedimento in tre scaglioni sono già evidenti: la scorsa estate i consumi di birra sono calati del 26%, non poco per un settore che ormai da 10 anni rimane stabile. Anche per questo l’associazione dei produttori fa suonare il campanello d’allarme ricordando che il comparto vale 3,2 miliardi di euro, e con oltre 200mila imprese - indotto compreso - garantisce 136mila posti di lavoro. A sostegno dei produttori sono arrivati anche 9 emendamenti firmati da 100 senatori, ma senza ottenere alcun risultato.