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Turismo italiano, servono infrastrutture Orio: Un treno dall'aeroporto alla città?

Connettersi per crescere, aprirsi per svilupparsi, investire per non restare fermi e creare sinergie per marciare tutti nella stessa direzione. Sono alcuni dei temi emersi dall’assemblea generale di Confindustria Bergamo. Un incontro importante non solo a livello locale, ma anche su scala nazionale.

di Federico Biffignandi
24 ottobre 2018 | 12:35
Turismo italiano, servono infrastrutture 
Orio: Un treno dall'aeroporto alla città?
Turismo italiano, servono infrastrutture 
Orio: Un treno dall'aeroporto alla città?

Turismo italiano, servono infrastrutture Orio: Un treno dall'aeroporto alla città?

Connettersi per crescere, aprirsi per svilupparsi, investire per non restare fermi e creare sinergie per marciare tutti nella stessa direzione. Sono alcuni dei temi emersi dall’assemblea generale di Confindustria Bergamo. Un incontro importante non solo a livello locale, ma anche su scala nazionale.

di Federico Biffignandi
24 ottobre 2018 | 12:35
 

Connettersi per crescere, aprirsi per svilupparsi, investire per non restare fermi e creare sinergie per marciare tutti nella stessa direzione. Sono alcuni dei temi emersi dall’assemblea generale di Confindustria Bergamo. Un incontro importante non solo a livello locale, ma anche su scala nazionale.

Bergamo infatti è salita alla ribalta più che mai negli ultimi anni grazie all’esplosione dell’aeroporto di Orio al Serio, terzo scalo nazionale, che ha fatto della città orobica un vero e proprio punto di riferimento europeo anche grazie all'investimento massiccio di Ryanair. Non per niente lo storico hangar è stato il teatro dell’appuntamento.

(Orio al Serio e il treno che non c'è L'appello di Sacbo, ma Ferrovie latita)

Aeroporto significa flusso di persone che molto spesso viaggiano per business (il 59% delle aziende bergamasche ha dichiarato di utilizzare i voli di Orio per questi motivi) ma significa, inevitabilmente, anche turismo. Dalla stessa indagine condotta coinvolgendo 330 imprese e 2mila studenti universitari è emerso che la metà di questi giovani usa solo ed esclusivamente lo scalo “di casa”.

Il boom è stato evidenziato da numeri snocciolati dal presidente di Sacbo - la società che gestisce l’aeroporto - Roberto Bruni (premiato con un award anche per questo da Italia a Tavola nell’ultima edizione del Premio): 10 milioni di passeggeri dal 1972 al 2001, 120 milioni dal 2002 al 2017, dodici volte di più. Chiaro l’orgoglio di una città di provincia - ma intrisa di potenziale economico e culturale - di fronte a questi numeri. Tuttavia è altrettanto chiaro che adagiarsi sugli allori non può bastare e che di problemi ce ne sono da risolvere eccome.

Su tutti, il tema delle infrastrutture che poi era quello centrale dell’assemblea. Lampante quanto la problematica tocchi tutta Italia (il crollo del ponte Morandi non è che l’emblema di una ferita che sanguina da tempo) e altrettanto evidente quanto Bergamo pecchi in questo senso. Lo stesso Bruni, a cui ha fatto poi eco Niall O’Connor (director, route develpoment Ryanair), ha introdotto il tema del treno per Orio per il quale servirebbero 110 milioni di euro. Sono solo 5 chilometri, ma farebbero la differenza per servire uno scalo ora raggiungibile in auto o con mezzi pubblici non sempre così celeri e organizzati. Bruni ha spiegato come il 30% dei passeggeri utilizzerebbe le rotaie per raggiungere l’aeroporto. Ma al momento sembra ancora fantascienza. Eppure ci sono di mezzo punti che accrescerebbero il Pil.

(Orio al Serio e il treno che non c'è L'appello di Sacbo, ma Ferrovie latita)

Ma forse il problema è ancora culturale. Al di là delle aspre critiche mosse dal presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia e da quello nazionale Vincenzo Boccia che hanno duramente attaccato il Governo (reo di tutelare i nazionalismi invece di puntare forte su una crescita condivisa col resto d’Europa) è stato netto il contrasto di stile e visione emerso nelle parole di O’Connor e quelle di Gianluigi Castelli, neo presidente di Ferrovie dello Stato. Se il primo ha parlato di numeri, di tariffe, di ricadute sul territorio dando per scontata la necessità di creare infrastrutture adeguate per sfruttare appieno il potenziale turistico e di business dell’aeroporto, il secondo si è rifugiato dietro a concetti tanto astratti quanto già quasi superati o quantomeno abusati (“sharing economy” o “economia digitale”) invece di affrontare la questione spiegando che il suo è un ruolo da informatico piuttosto che di manager. E dire che la rete ferroviaria italiana piange miseria.

Insomma la strada verso un reale cambio di passo turistico sembra ancora distante se è vero - come è vero - che le infrastrutture generano affari e che al momento il concetto è ancora lontano (a proposito, l’assessore alle infrastrutture di Regione Lombardia, Claudia Terzi, non ha nascosto qualche frizione con il pari Ministero proprio in materia di infrastrutture lombarde).

Peccato, perché la stoccata finale di Ferrovie è arrivata dopo una serie di interventi pieni di speranza e fiducia, nei quali erano emersi temi caldeggiati da tempo anche da Italia a Tavola, come quello della formazione, sollevato da uno Stefano Paleari (ex rettore dell’Unibg e ora consigliere di Alitalia) illuminante che ha ricordato come da sempre i quattro principi per svilupparsi connettendo le persone tra di loro siano accessibilità, conoscenza, produttività e governance di visione. Una ricetta da imparare a memoria che richiede di mettersi “ai fornelli” quanto prima per cucinarla e servire all’Italia, agli italiani, agli europei, ai cittadini del mondo insomma un servizio diverso e migliore.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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