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Il ristorante del futuro Centrale il ruolo della sala

La ristorazione italiana continua il suo percorso in una realtà evolvente che ha movimenti sinusoidali. Proviamo a scorgere i trend che andranno a connotarla nell’oramai sopraggiunto 2019. Lenta ma costante, la commutazione di watching dalla cucina alla sala con ricadute sulle professioni che lì ci lavorano.

di Vincenzo D’Antonio
30 dicembre 2018 | 09:39
Il ristorante del futuro 
Centrale il ruolo della sala
Il ristorante del futuro 
Centrale il ruolo della sala

Il ristorante del futuro Centrale il ruolo della sala

La ristorazione italiana continua il suo percorso in una realtà evolvente che ha movimenti sinusoidali. Proviamo a scorgere i trend che andranno a connotarla nell’oramai sopraggiunto 2019. Lenta ma costante, la commutazione di watching dalla cucina alla sala con ricadute sulle professioni che lì ci lavorano.

di Vincenzo D’Antonio
30 dicembre 2018 | 09:39
 

La ristorazione italiana continua il suo percorso in una realtà evolvente che ha movimenti sinusoidali. Proviamo a scorgere i trend che andranno a connotarla nell’oramai sopraggiunto 2019. Lenta ma costante, la commutazione di watching dalla cucina alla sala con ricadute sulle professioni che lì ci lavorano.

Buona parte di questo nuovo scenario posto in osservazione è dovuto all’imminente saturazione mediatica della cucina. Attenzione, ribadiamo, saturazione mediatica strillata, quella che tracima dalle tv. Ben sostanziosi ma non così vistosi ed evidenti saranno invece i movimenti veri che si vivranno in cucina, riconducibili fondamentalmente a tre aspetti: a) presa di conoscenza e quindi di utilizzo di cibi esotici, attraverso i quali anche nel nostro Belpaese potremo cominciare a vivere esperienze fusion; ciò decreta (finalmente) lo scoppio e l’evanescenza della bolla “km zero”.

(Il ristorante del futuro Centrale il ruolo della sala)

b) crescente attitudine a stabilire rapporti fiduciari e quindi pressoché di partenariato con i fornitori più importanti che sempre più coincidono con l’essere i produttori e sempre meno, in ovvia conseguenza, consistono in grossisti e mediatori; è la vera filiera corta che, meglio ribadirlo, è cosa ben diversa dall’appena citato e vituperato km zero. La filiera corta significa eliminare i gangli intermedi nel processo di acquisto e di approvvigionamento e stabilire rapporti duraturi, seri e trasparenti con i fornitori/produttori. Ciò prevalentemente nel food ma anche, si pensi all’equipment, nel no food.

c) marcata e doverosa attenzione nei confronti di clienti affetti da intolleranze alimentari e, in sintonia con ciò, una crescente trasparenza nella dichiarazione degli ingredienti costituenti le pietanze: il secondo rigo di menù (e di menu tratteremo successivamente).

La sala, si diceva, assurgerà a migliore (intesa come più consona) visibilità. Ciò comporta in definitiva una maggiore assunzione di professionalità da parte delle figure di front office: il maitre, il cameriere, il sommelier. Ed è proprio su queste figure che si otterrà il riscontro su quanto adeguata sia la pertinente formazione erogata dagli istituti alberghieri e su quanta attenzione venga posta sul tema anche dai patron dei ristoranti.

Questa richiesta di maggiore professionalità, molto sospinta dalla domanda e fino ad oggi poco recepita dall’offerta, è in simbiosi matriciale sia con i tre succitati aspetti inerenti alla cucina, e sia con gli altri tre trend qui di seguito esposti: il ristorante Aao, lo shelf, l’ordering on-line. Il ristorante Aao è fenomeno già ben presente in molti altri Paesi e soprattutto negli Usa: Aao è acronimo che sta a significare Almost always open: aperto quasi sempre. È la rottura del paradigma desueto dell’aperto a pranzo ed a cena, con le conseguenti ben dichiarate gabbie orarie, ed è l’avvento legittimo e coerente con il lifestyle della società postindustriale, della società reticolare.

Dalla prima colazione al dopocena, sempre sapendo tempestivamente offrire, in linea con lo scorrere delle lancette, proposte diverse, tutte attrattive, tutte ben gradite da un’offerta emergente. La deregolamentazione dei tempi di lavoro dilata e rende variabili i tempi leisure. Sempre più spesso “mangio quando mi viene appetito”; sempre più spesso individuo un locale come il luogo di incontro. All’incirca 15 ore di daily opening a fronte di circa 18 ore di lavoro di persone che quindi, molto presumibilmente, lavoreranno su 3 turni di 6 ore ciascuno. È cosa facile? Assolutamente no se si ragiona in termini di vincoli da rompere e di impegni da assumere. È cosa profittevole? Sì, ma se e solo se ci si crede e ci si attrezza adeguatamente in equipment, in risorse umane e in mind set.

Il terzo trend lo abbiamo definito shelf a voler intendere la compresenza, in un layout di sala dove i tavoli costituiranno presenza prevalente ma non più unica, degli scaffali. Sì, veri e propri scaffali, della cui pregevolezza estetica e della cui opportuna funzionalità vogliamo essere certi, su cui sono esposti e resi easy to buy alcuni dei prodotti food adoperati dalla brigata di cucina. È voler offrire al cliente la chance di sentirsi chef a casa sua. In concatenazione comportamentale ancor prima che logica, a questa “voglia” di cucinare a casa emulando situazione di ristorante, si contrappone, divenendo sorta di interessantissimo quarto trend, l’ordering on-line a volere qui intendere un altro emergente scenario: ordinare la cena al ristorante, e molto presumibilmente ordinarla via app, e consumarla a casa in ambiente conviviale.

Ordinarla direttamente al ristorante prescelto, posto che eroghi questo servizio, o addirittura ordinarla a soggetto terzo che aggiunge suoi servizi originali in termini di tempistica di consegna, di prodotti collaterali quali il vino, ed altro ancora. E ci sono poi i trend pilotati e suggeriti dall’applicazione delle nuove tecnologie. E ne tratteremo a breve.

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