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Contributi pubblici a fini impropri E a rimetterci è chi lavora onestamente

di Renato Andreolassi
 
25 gennaio 2019 | 18:42

Contributi pubblici a fini impropri E a rimetterci è chi lavora onestamente

di Renato Andreolassi
25 gennaio 2019 | 18:42
 

La denuncia non è nuova e conferma i dubbi espressi anche di recente da molti operatori del settore agricolo e turistico. In giro ci sono troppi furbi che utilizzano a fini impropri contributi pubblici
.

destinati invece a chi vuole operare nella legalità e trasparenza. A dimostrarlo gli accertamenti dell'Arac, l'Agenzia regionale anticorruzione della Lombardia che ha presentato alla Giunta il rapporto sull'attività del 2018.

(Contributi pubblici a fini impropri E a rimetterci è chi lavora onestamente)

Due titoli dalle pagine lombarde del Corriere della Sera del 24 gennaio riassumono cosi la questione: "Salone per le feste e villette con i fondi per l'agricoltura. Le false imprenditrici ora restituiscano i soldi. Val Camonica, abusi compiuti da parenti di due politici". Il secondo titolo è ancor più esplicito: "Ditta inesistente a nome del compagno. La truffa da un milione di euro del funzionario. Contributi per lo sviluppo rurale, tre anni al dirigente regionale. Risarcimento per il Pirellone".

Ogni ulteriore commento è superfluo. Nel caso della Val Camonica, senza entrare nelle appartenze politiche, il fatto più eclatante è quello di una stalla per equini che, grazie ad un contributo regionale di 54mila euro sarebbe divenuta una villetta. Nel secondo caso, la parente di un sindaco dell'alta Valle ha ottenuto oltre 250mila euro di finanziamenti pubblici per creare un piccolo caseficio di montagna con annesso allevamento di ovini; ma a metà strada si sarebbe trasformata - potenza dell'edilizia - in salone per le feste e incontri di rappresentanza.

Fin qui la cronaca, alla quale segue l'antico e mai dimenticato vizio italiano, riassumibile nel motto "fatta la legge, trovato l'inganno". Sulle vicende sono intervenuti i politici coinvolti che definiscono infondate le accuse e difendono i familiari". «Siamo certi - dicono - che nulla è stato fatto contro la legge e chiunque creda può venire a verificare e vedere le nostre attività. Siamo qui a lavorare». Adesso l'Anac suggerisce alla Regione di richiedere le evidenze documentali per provare le effettive capacità conoscitive e di esperienza delle assegnatarie dei fondi, di verificare il concreto svolgimento delle attività e controllare l'esistenza dei macchinari.

Ancor più clamoroso il caso del dirigente regionale condannato a restituire oltre 500mila euro per aver assegnato a fondo perduto i contributi ad un proprio compagno come titolare di "una impresa agricola semplicemente inesistente". Il dirigente è anche stato condannato in primo grado a tre anni. Non tocca a noi fare processi, certo però il dovere di cronisti ci impone di ricordare che anche le migliori intenzioni degli amministratori pubblici per sostenere comparti economici spesso dimenticati - come l'agricoltura di montagna e gli allevamenti di settore - cozzano spesso contro un muro di complicità e omertà. Tutto ciò a discapito di quanti cercano in buona fede di sostenere le iniziative, soprattutto dei giovani, e di coloro che - e sono la maggioranza - lavorano onestamente.

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