Vendere prodotti derivanti dalla cannabis è fuori legge. Lo ha deciso la Corte di Cassazione. Al bando olio, foglie e inflorescenze, non i prodotti “privi di efficacia drogante”.
La questione sui negozi per cui da tempo il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, chiede la chiusura, resta dunque aperta. Anzi, secondo quanto stabilito dalla sentenza dei giudici supremi, queste attività potranno proseguire il loro commercio continuando dunque a vendere gran parte dei loro articoli. Il settore è in rapida espansione e cresce al ritmo del 100% annuo: ad oggi il giro d’affari complessivo supera i 50 milioni di euro.
A novembre la Corte di Cassazione aveva chiarito che la “vendita di infiorescenze di cannabis light è lecita qualora il contenuto di Thc non superi lo 0.6%”. Questo significa che, fino alla decisione odierna della Cassazione, che cambia le carte in tavola, i negozi erano autorizzati a vendere i derivati della cannabis purché non contenessero una quantità di Thc superiore allo 0.6%. Tuttavia, finché i prodotti venduti sono conformi alla legislazione vigente, così come interpretata dalle corti, non c’è alcuna base giuridica per ordinare la sospensione o la chiusura di tali attività commerciali.
Se dunque i negozi, almeno per ora, potranno rimanere aperti, una valutazione sulla quantità di cannabis (o suoi derivati) presente in ognuno dei prodotti dovrà essere fatta caso per caso dai giudici di merito che devono stabilire se sequestrare o meno questa merce, dal momento che i giudici non sembrano aver affrontato il tema della soglia del principio drogante consentito.