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Vignale di Cecilia Una cantina scavata nella roccia

di Liliana Savioli
 
16 agosto 2019 | 16:46

Vignale di Cecilia Una cantina scavata nella roccia

di Liliana Savioli
16 agosto 2019 | 16:46
 

I Colli Euganei sono dei piccoli pandorini in mezzo alla sterminata pianura Padana, nelle vicinanze di Padova e a due passi dai vicentini Colli Berici, loro fratelli.

La geometria quasi perfetta è il formidabile risultato di fenomeni vulcanici risalenti a oltre 40 milioni di anni fa. Tradizione ha sempre voluto che il vino migliore bevuto a Padova provenisse proprio dai Colli Euganei. Tra i tanti produttori siamo stati piacevolmente colpiti da un personaggio fuori dal coro con dei vini intriganti. Siamo andati a trovarlo in quel di Baone (Pd) dove ha sede Vignale di Cecilia di Paolo Brunello. Per prima cosa l’azienda è in una posizione collinare proprio sul monte Cecilia, da cui deriva il nome dell’azienda, con terreni calcarei sedimentari cotti dalle eruzioni vulcaniche, 12 ettari accorpati con una cantina scavata nella roccia. Ecco la seconda cosa che ci ha stupito, la cantina.

La cantina scavata nella roccia (Vignale di Cecilia Una cantina scavata nella roccia)
La cantina scavata nella roccia

Ci sembrava di essere nel Carso ma la cantina non è stata scavata andando in profondità ma bucando la montagna rimanendo allo stesso livello del terreno. Ed ecco un altro motivo di interesse, l’utilizzo del cemento come contenitore principale. Dice Paolo Brunello, «il cemento ti permette un vino corretto, con la sua personalità, con la sua gradevolezza, piccola e grande che sia. Io ricerco l’armonia». Ecco, dunque, l’altro tassello che cercavamo… l’armonia dei suoi vini è abbinabile a musiche barocche suonate con strumenti antichi.

Il Vignale di Cecilia e le sue vigne (Vignale di Cecilia Una cantina scavata nella roccia)
Il Vignale di Cecilia e le sue vigne

Paolo è diplomato al conservatorio e per anni ha suonato il violoncello nelle migliori orchestre europee, ed è questo che faceva prima di prendere in mano l’azienda lasciatogli dal nonno. Braccia rubate alla musica si potrebbe ben dire. Paolo pensa che «la qualità la fai con la potatura anche se i grappoli devono rimane riparati, tutto sta ad arrivare al giusta vendemmia intuendo quando effettuare la raccolta e questo non te lo insegna nessuno, è solo questione di esperienza».

Lui non usa lieviti selezionati e conduce la sua azienda in maniera biologica. «Quando vai nelle aziende - dice - consiglio di assaggiare per primi i vini base, è da quelli che si capisce il valore del vignaiolo, non dalle riserve». E allora ascoltiamo il suo consiglio e assaggiamo Poldo, il suo vino base, in bottiglia da un litro. Poldo è il nome del suo cane, un segugio che è stato con lui molti anni. Un blend di Garganega, Tocai e Moscato Fior d’arancio. Un vino da tavola, semplice nella sua complessità, un vino pericoloso, senza accorgerti finisci la bottiglia.

Un vino Igt definito da tutti i giorni che però ci regala sensazioni uniche. Già il colore è ammiccante con il suo dorato sfavillante. Ci racconta di fiori e erbe mediterranee ma anche di sasso caldo e di miele di acacia. In bocca è avvolgente ma anche croccante con la sua freschezza. Tutto quello che abbiamo sentito annusandolo ce lo ritroviamo al palato. Che piacevolezza, che armonia. Altri sono i vini prodotti in questo piccolo paradiso. Il vino di punta è Covòlo. Un Colli Euganei rosso a base Merlot (70%) e Carbernet Sauvignon per il restante 30%. Il primo vino prodotto, il vino che dovrebbe diventare la bandiera dei Colli Euganei. Spicca la fragranza e la mineralità, non è un vino opulento né spavaldo ma diritto come una spada, che si fa ricordare per molto tempo. Il classico vino da accompagnare una buona grigliata in mezzo al verde rilassante e fresco paesaggio dei Colli Euganei.

Per informazioni: www.vignaledicecilia.it

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