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Agnanum, amore per la vite dai terrazzamenti alla bottiglia

di Alberto Lupini
direttore
 
26 agosto 2019 | 12:56

Agnanum, amore per la vite dai terrazzamenti alla bottiglia

di Alberto Lupini
direttore
26 agosto 2019 | 12:56
 

Siamo sulle colline vulcaniche nell'area dei Campi Flegrei: qui Gennaro Moccia prima e il figlio Raffaele oggi lavorano i loro vigneti con sistema a terrazza, d'obbligo la conduzione manuale.

Una vera storia d'amore per la viticoltura, iniziata nel 1960 e ancora oggi portata avanti. Lavorare questi vigneti in pendenza, che sorgono sulle colline della riserva naturale degli Astroni di Agnano, non è solo lavoro per Raffaele Moccia, ma anche passione, una passione talmente grande da avergli fatto rinunciare alla libera professione di agrotecnico.

Raffaele Moccia  (Agnanum, amore per la vite dai terrazzamenti alla bottiglia)
Raffaele Moccia

Come detto, la conformazione del terreno permette la sola conduzione manuale dello stesso, garantendone il giusto approvvigionamento idrico attraverso la creazione di piccoli bacini ricavati in prossimità di ogni singola vite, il tutto al fine di assicurare la giusta pendenza del terrazzamento. Ma non è sempre cosa facile. «Questi terreni tengono molto impegnato il contadino; in particolare la parte frontale, quella che in effetti mantiene il terrazzamento, richiede più attenzione della parte piana».


Bisogna prestare attenzione a diversi aspetti per evitare che i terreni franino, fenomeno che può verificarsi «per eccesso di siccità, perché gli strati del terreno si mantengono coesi grazie ad un determinato grado di umidità contenuto nei terrazzamenti stessi, quando questa umidità viene persa i terreni si polverizzano, non hanno più forza né coesione, e quindi franano, com'è successo nel 2017, quando non ha piovuto per 11 mesi»; altra causa è «la cattiva manutenzione da parte dell'uomo». In ultima analisi, si può aggiungere anche «la non applicazione, da parte di chi si occupa dei terrazzamenti, delle conoscenze di ingegneria idraulica al territorio».

Un operazione a monte non facile, come non facile è il rapporto quotidiano che il coltivatore ha con il suo terreno: lo strumento di lavoro per eccellenza qui è la zappa, «non conviene nemmeno usare un cingolato, perché la coesione di questi terreni è talmente leggera che rischierebbero di crollare sotto al suo peso». Già il peso dell'operatore si fa sentire: «Quando faccio i trattamenti devo prestare attenzione, specialmente d'estate, da giugno in poi, a dove metto i piedi, altrimenti rischio di scivolare insieme al terreno».


Nonostante le difficoltà che evidentemente si riscontrano, Raffaele continua per la sua strada: «Oggi queste viti autoctone sono sotto i riflettori, ma ricordo tempo fa molti della zona estirpare tutto. Io diversamente ho cercato di non estirpare mai nulla, piuttosto impiantare o comunque tenermi quello che ho trovato inizialmente qui, su questo terreno». Si tratta di un patrimonio viticolo rimasto intatto, immutato nei secoli: «Oggi da queste viti riusciamo a bere un vino che bevevano anche gli antichi Romani. Certo, con le nuove tecnologie abbiamo uno standard igienico decisamente maggiore, quindi - scherza Raffaele - possiamo dire che il nostro vino sia più gradevole di quello di un tempo».

Benvenuti ad Agnanum, l'azienda agricola di Raffaele Moccia (Agnanum, amore per la vite dai terrazzamenti alla bottiglia)
Benvenuti ad Agnanum, l'azienda agricola di Raffaele Moccia

Anche la disposizione delle viti è qualcosa di inusuale ai giorni nostri, figlio di una mentalità passata: «I contadini allevavano la vite e tenevano i tralci che più gli piacevano, senza badare alla lunghezza eccessiva lungo cui si diramava il tralcio dal gusto». Una lunghezza che poteva anche raggiungere i dieci metri. Questo sistema, «chiamato "pratese" faceva sì che la vita fosse libera di muoversi a suo piacimento, e proprio per questo motivo tra gli altri le nostre viti sono più longeve, perché non sono state costrette a fare ciò che l'uomo voleva». Si è insomma trovato il giusto compromesso tra quello che vuole la vite e quello che vuole il coltivatore.

Tra le varietà in questione spicca il Piedirosso, «uva di bassa resa e difficile da allevare». Accanto al Piedirosso, l'altra varietà dominante è la Falanghina.

Per informazioni: www.agnanum.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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