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Birra invecchiata in botte Una scelta da intenditori

di Giovanni Angelucci
 
29 giugno 2019 | 15:30

Birra invecchiata in botte Una scelta da intenditori

di Giovanni Angelucci
29 giugno 2019 | 15:30
 

Torniamo a parlare di birre e legno, tipologia che impazza tra gli appassionati. Lo facciamo con uno dei protagonisti italiani che è Giovanni Campari di Birrificio del Ducato.

La prima domanda sorge spontanea: perché affinare le birre in legno? Ispirazione, moda o necessità di diversificare? «Il percorso che ci ha portato ad invecchiare la birra in botte - ci spiega Giovanni, grande sperimentatore - è iniziato nel 2008, a un anno dall’apertura del birrificio, in tempi non sospetti quindi, quando di invecchiamento in botte con birra se ne parlava molto poco. Si tratta però di un metodo di conservazione e affinamento in realtà molto antico, determinato dalla necessità, soprattutto nelle fasi di trasporto e conservazione, di tenere la birra (ma anche il vino e altre bevande) in recipienti idonei e sicuri per evitarne il deterioramento».

Giovanni Campari (Birra invecchiata in botte Una scelta da intenditori)
Giovanni Campari

«La nostra quindi è stata, in tal senso, una riscoperta - aggiunge - ma, insieme, anche un’innovazione, nate dalla fantasia di un mestiere. Quello del birraio, che non ha limiti e che spinge me e i miei colleghi ad un continuo viaggio introspettivo, condotto allo scopo di far confluire queste scoperte dentro una bottiglia con il tappo a corona, per condividerle con il popolo dei bevitori. Ma devo aggiungere che è proprio grazie agli appassionati di birre invecchiate che questa tecnica ha potuto trovare uno sfogo concreto nella nostra produzione, portandoci nel corso degli anni ad aumentare la quantità di birra invecchiata sino ad arrivare ai giorni nostri con una cantina di invecchiamento in legno che supera gli 800 ettolitri».

È interessante capire che tipologie vengono fuori dal contatto con il legno. «Nel corso di questi 10 anni la produzione di birra da invecchiamento ha subito sostanziali modifiche che hanno portato alla nascita nel “vecchio” birrificio di Roncole Verdi, alla formazione di una vera e propria bottaia dove vengono prodotte numerose tipologie di birre. C’è da fare al riguardo una prima distinzione sulla produzione del Ducato, concernente due diverse tipologie di birra prodotta: le linee pulite (fermentate solo con i saccaromiceti) e le linee sour (acide), che poi si dividono a loro volta in inoculate e spontanee».

«Per quanto riguarda le linee pulite sono due le principali birre in produzione: l’Ultima Luna, che è un barley wine invecchiato in botti di amarone, generalmente per 48 mesi, anche se abbiamo botti in birrificio che li superano ampiamente, e la Verdi Imperial Stout Black Jack, che invecchia in botti di Scotch per almeno 24 mesi. Per le linee sour abbiamo diversi modi di utilizzare il legno: nel caso della Chrysopolis, ad esempio, utilizziamo le botti come inoculo. Oppure, per dare tono di legno e di vino, come nel caso della Oud Brunello, le botti grandi (Vat) sono utilizzate per le nostre basi da blend inoculate con diversi microrganismi specifici (ogni botte ha il suo) con determinate caratteristiche. Abbiamo inoltre botti da whisky per dare dei toni sour e affumicati. In generale le botti, sia Vat che barrique, ci sono utili per invecchiare, perché cedono il sapore di legno e i tannini, e all’interno delle stesse avvengono micro ossigenazioni e micro ossidazioni che complessano il prodotto finito».

Non vi resta che assaggiarle tutte!

Per informazioni: birrificiodelducato.it

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