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Il giurista Ichino: «Si lavora se vaccinati». Il passaporto sanitario sempre più concreto per lavoro e servizi

Secondo l'esperto, la «protezione del tuo interesse cede di fronte a quella della salute altrui». Come al lavoro, anche nelle attività a cui si vuole accedere: viaggi, hotel, ma anche bar e ristoranti.

 
29 dicembre 2020 | 10:40

Il giurista Ichino: «Si lavora se vaccinati». Il passaporto sanitario sempre più concreto per lavoro e servizi

Secondo l'esperto, la «protezione del tuo interesse cede di fronte a quella della salute altrui». Come al lavoro, anche nelle attività a cui si vuole accedere: viaggi, hotel, ma anche bar e ristoranti.

29 dicembre 2020 | 10:40
 

Il rapporto tra la vaccinazione per il Covid-19 e la vita quotidiana dei prossimi mesi sta divenendo argomento centrale tra politici ed esperti. L'ultimo intervento è stato dell'esperto Pietro Ichino al Corriere della Sera. Alla domanda "Chi rifiuta il vaccino contro il coronavirus rischia il licenziamento? Ichino risponde di sì, «perché la protezione del tuo interesse alla prosecuzione del rapporto cede di fronte alla protezione della salute altrui».

Pietro Ichino e la spinta alla campagna di vaccinazione - Ichino: «Si lavora se vaccinati» Il passaporto sempre più concreto

Pietro Ichino e la spinta alla campagna di vaccinazione

Ichino si focalizza poi sull'ipotesi di obbligatorietà del vaccino: «Non solo si può, ma in molte situazioni è previsto. L'articolo 2087 del codice civile obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda, il loro benessere», spiega il giurista, aggiungendo che un datore di lavoro «non solo può, ma deve farlo. Ovviamente se è ragionevole. In questo momento non lo sarebbe, perché non è ancora possibile vaccinarsi. Ma, via via che la vaccinazione sarà ottenibile per determinate categorie - per esempio i medici e gli infermieri - diventerà ragionevole imporre questa misura, finché l'epidemia di Covid sarà in corso».

La possibilità di rendere obbligatorio il vaccino ha dato vita anche alla polemica intragovernativa tra la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa e la ministra alla Pubblica amministrazione Fabiana Dadone. Due pareri contrastanti: il primo che non esclude l'obbligo, in particolare «per chi lavora nel settore pubblico. [...] Non si può stare in una Rsa, dove si dovrebbe lavorare per la salute delle persone ospitate, e mettere a rischio la loro vita»; il secondo, più legato alla responsabilità dei singoli, richiama la «forte raccomandazione» del Governo, «il modo migliore per raggiungere l'immunità di gregge», secondo la Dadone.

Il problema centrale non è in questo caso però l'obbligo che il Governo vuole imporre, ma le conseguenze per chi scegliesse di non vaccinarsi, e le rispettive responsabilità di chi gestisce attività quotidiane. Per intenderci, utilizzando le parole dello stesso Ichino: «Chiunque potrà rifiutare la vaccinazione; ma se questo metterà a rischio la salute di altre persone, il rifiuto costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro. Chi invoca l'articolo 32 della Costituzione per "dribblare" il vaccino, non considera che quella norma contiene due principi. Prima sancisce quello di protezione della salute di tutti; poi prevede la libertà di scelta e di rifiuto della terapia. Ma quando la scelta di non curarsi determina un pericolo per la salute altrui, prevale la tutela di questa. Se sono un eremita sono liberissimo di non curarmi e non vaccinarmi. Se rischio di contagiare familiari, colleghi o vicini di posto in treno, no: lo Stato può vietarmi questo comportamento».

In questa logica si inserisce il "ritrovato" passaporto sanitario: non più quello richiesto inizialmente dalla Sardegna (e a ruota dalla Sicilia) per le vacanze estive - quindi, la certificazione tramite tampone di non avere il Covid-19. Ora il passaporto è il vaccino stesso: una tutela per sé ma anche una garanzia verso gli altri.

Su questo tema si sono espressi i due Governatori delle Regioni Veneto e Lombardia, Luca Zaia e Attilio Fontana, entrambi d'accordo. Il primo ne suggerisce l'efficacia applicativa per attività come «viaggiare in aereo o soggiornare in hotel». Allo stesso modo Fontana, in un'intervista, ne parla definendolo un'eventualità «molto utile». Una prova a sostegno di questa intenzione la si trova dall'altra parte dell'Atlantico: a Los Angeles già da questa settimana si potrà dimostrare attraverso il proprio smartphone di aver fatto il vaccino.

Allargando il discorso, collegandoci a ciò che noi di Italia a Tavola proponiamo, perché non lanciare questa "sfida al passaporto" anche a esercizi pubblici? Quindi teatri e palestre, ristoranti e bar, i settori più colpiti da questa pandemia. Sarebbe sufficiente che appena possibile (dopo i mesi necessari a una vaccinazione ad ampio spettro della popolazione) tutto il personale sia vaccinato - e che lo siano pure i clienti che a questi servizi desiderano accedere.

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