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L'incubo di non vedere la fine Piccoli step per vincere l'ansia

Ci avevano detto il 3 aprile, ma forse la zona rossa durerà di più. A noi è preso lo sconforto. Come combatterlo? Ponendoci traguardi ravvicinati giorno per giorno senza guardare troppo avanti.

di Federico Biffignandi
 
20 marzo 2020 | 15:58

L'incubo di non vedere la fine Piccoli step per vincere l'ansia

Ci avevano detto il 3 aprile, ma forse la zona rossa durerà di più. A noi è preso lo sconforto. Come combatterlo? Ponendoci traguardi ravvicinati giorno per giorno senza guardare troppo avanti.

di Federico Biffignandi
20 marzo 2020 | 15:58
 

Adesso l’angoscia è non sapere quando finirà. Ci hanno detto “fino al 3 aprile”, ma tutti stiamo capendo che il 3 aprile non sarà finito un bel niente. O che, comunque, anche se qualcosa dovesse rimettersi in moto lo farà in maniera lenta e graduale. Ancora un po’ di sacrificio, ancora un po’ di pazienza, ancora un po’ di rinunce, ancora un po’ di autocontrollo. Viviamo su un’altalena di emozioni e sensazioni ormai da quasi un mese, un’onda lunga che è arrivata all’impatto sull’Italia carica di fiducia infranta, promesse sgretolate, sicurezze svanite. Siamo stati travolti e ora sempre quell’onda ci sta trascinando e noi vediamo da sotto il pelo dell’acqua, ma non riusciamo a riemergere nonostante gli sforzi.

L'incubo di non vedere la fine Piccoli step per vincere l'ansia

Obiettivi quotidiani per uscire dal tunnel

Che ci sono, ci stiamo impegnando, smettiamola di dire che non siamo bravi abbastanza, che non ci stiamo adeguando abbastanza: si può fare sempre meglio, ma lo stiamo facendo di rimanere in casa e anche se sgarriamo un po’ proviamo a comprenderci. L’essere umano è per definizione un essere vivente che riesce a stare su questo mondo grazie alle relazioni umane che, se vengono meno, lo uccidono. Rispettiamo noi stessi e gli altri, ma non ammaliamoci di altro per sfuggire al virus.

In ogni caso, adesso l’angoscia è non sapere quando finirà. Non quando il virus sarà sconfitto, ma quando le autorità decideranno che si può tornare fuori dalle case alla luce del sole. Si, ma quando? C’è uno sport soltanto che può venirci incontro (da un punto di vista metaforico e mentale) in questa fase di instabilità psicologica: la bicicletta. La bicicletta è lo sport per antonomasia che si fonda su sacrificio, pazienza, rinunce, sofferenza, autocontrollo, gli stessi principi di cui dobbiamo dotarci per uscire dal tunnel. Ma la bicicletta insegna soprattutto a non guardare mai troppo avanti. In salita in particolar modo quando la fatica morde le gambe e le pendenze arrivano a percentuali che ti respingono.

La bicicletta invita ad utilizzare la misura e alcuni trucchi psicologici per arrivare in cima. Noi proprio adesso siamo su una salita di quelle che nel ciclismo vengono denominate “fuori categoria”: uno Stelvio, un Gavia, un Mortirolo per chi se ne intende un po’. E siamo nel bel mezzo dell’ascesa, il Passo, il traguardo è ancora molto in alto e noi non dobbiamo alzare la testa. La bicicletta insegna a guardare in basso, a concentrarsi sulla pedalata, ad ascoltare il proprio respiro e dargli un ritmo, a sentire il proprio cuore e a parlarci per abbassare le pulsazioni.

La bicicletta insegna a porsi degli obiettivi minimi durante la salita, pochi metri per volta, una pedalata dopo l’altra e così noi dobbiamo fare durante le nostre giornate. Alzare lo sguardo e pensare a metà aprile, fine aprile, metà maggio non farebbe altro che colpirci la testa e tagliarci le gambe. Non esiste niente di più controproducente. Fissiamoci degli obiettivi minimi durante la giornata: arrivare a pranzo, raggiungere la metà del pomeriggio, puntare alla cena. Solo così possiamo pensare di arrivare alla fine. E poi ci sono i tornanti che per il ciclista in difficoltà sono manna dal cielo. Troviamo un tornante all’ora, ogni due ore o quando ne sentite il bisogno. Il tornante è il momento in cui la pendenza scende e noi possiamo rilanciare l’andatura e respirare. Cucinate una torta, telefonate ad un amico, riposate, parlate con il vicino, leggete, qualunque cosa deve essere il vostro tornante per respirare.

Sempre a testa bassa, non un colpo di pedale più deciso di quello precedente o più debole del successivo. Cadenza regolare, respiro ritmato, nessun obiettivo lungo. Una-pedalata-alla-volta. Respiro. Arriveremo al passo, forse alzeremo le braccia al cielo e la vista sarà mozzafiato.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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