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Mascherine, aziende pronte ma mancano le autorizzazioni

Una quarantina di imprese italiane pronte alla riconversione, ma l’Inail boccia l’iter semplificato sulla certificazione e intanto si continua a comprare all’estero.

di Sergio Cotti
 
30 marzo 2020 | 12:55

Mascherine, aziende pronte ma mancano le autorizzazioni

Una quarantina di imprese italiane pronte alla riconversione, ma l’Inail boccia l’iter semplificato sulla certificazione e intanto si continua a comprare all’estero.

di Sergio Cotti
30 marzo 2020 | 12:55
 

Dopo i pasticci e le lungaggini burocratiche di Consip sull’acquisto di mascherine e guanti dall’estero (che hanno scatenato anche reazioni a livello politico), i canali di approvvigionamento del materiale sanitario che più di ogni altro, in queste settimane, serve a medici e lavoratori, continuano ad essere troppo stretti. In Italia le mascherine per prevenire il contagio da coronavirus arrivano ancora con il contagocce e ne servirebbero ancora milioni per fare fronte a un’emergenza di cui purtroppo ancora non si vede la fine. Il Governo ha parlato oggi di 100 milioni di mascherine al mese.

Medici e lavoratori aspettano le mascherine - Mascherine, aziende pronte ma mancano le autorizzazioni

Medici e lavoratori aspettano le mascherine

Da più parti s’insiste sul fatto che il Paese dovrebbe essere autosufficiente in questo settore, e a questo effettivamente il Governo sta lavorando da qualche tempo. Ma eccoci di fronte a un altro (imbarazzante) paradosso, ahinoi tutto italiano: da una parte, l’Esecutivo ha dato il via libera per decreto alla produzione di guanti e mascherine, in deroga alle normative Ce; dall’altra una quarantina di aziende si sono fatte avanti per produrle. Tutto bene? Macché.

Mentre medici e lavoratori aspettano (e continuano a lavorare in prima linea, rischiando di restare contagiati) la produzione del materiale sanitario è ancora bloccata. Prima di partire con gli investimenti, le aziende chiedono (legittimamente) delle certezze sul fatto che nessuno in futuro contesti loro la sicurezza dei prodotti che andranno a immettere sul mercato.

Serve, oltre alle autorizzazioni del Governo, un protocollo semplificato, che Italcert e altre aziende che testano i materiali, hanno prontamente stilato. Le indicazioni sono state trasmesse all’Istituto Superiore di Sanità e all’Inail per avere il nulla osta definitivo, ed è qui che la macchina si è arrestata. Burocrazia, burocrazia e ancora burocrazia: il male dell’Italia si è purtroppo manifestato di nuovo: l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro ha bocciato il documento, spiegando che serve intraprendere una procedura standard. Peccato che (in tempi normali) questa richieda mesi, prima di un’approvazione definitiva. Da parte sua, dopo 10 giorni, ancora si aspetta una risposta dell’Istituto Superiore di Sanità, ormai difficile da prevedere, dopo l’uscita in avanscoperta dell’Inail.

E allora, come se ne esce? Un'azienda abruzzese, la Fater, ha fatto sapere che inizierà a produrre 250mila mascherine, da destinare alla Regione Abruzzo, ma intanto le altre aziende sono ferme in attesa di certezze che non arrivano, e il rischio è che inizino a produrle quando il picco dell’emergenza sarà ormai alle spalle.

Come se non bastasse, nello stesso decreto che ne ha autorizzato la produzione, il Governo ha dato anche il via libera all’acquisto di questo materiale dall’estero. Risultato: si continuano a pagare aziende straniere (spesso cinesi e indiane, che forniscono chissà che tipo di materiale), mentre si tengono ferme quelle italiane che pure hanno dimostrato di saper rispondere prontamente alle necessità dettate dalla situazione attuale. Di sicuro non il modo migliore per gestire questo tipo di emergenza e sostenere l’economia del nostro Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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