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Odissea Covid-19, una lotta contro disservizi e burocrazia

La sofferta testimonianza di Tiziana Colombo, collaboratrice di Italia a Tavola e imprenditrice brianzola, che durante l’emergenza sanitaria ha dovuto affrontare anche una serie di problemi con le istituzioni.

 
27 aprile 2020 | 12:55

Odissea Covid-19, una lotta contro disservizi e burocrazia

La sofferta testimonianza di Tiziana Colombo, collaboratrice di Italia a Tavola e imprenditrice brianzola, che durante l’emergenza sanitaria ha dovuto affrontare anche una serie di problemi con le istituzioni.

27 aprile 2020 | 12:55
 

Durante il perdurare dell’epidemia di coronavirus, Italia a Tavola ha dato voce a varie testimonianze di persone che, per un motivo o per un altro, si sono trovate faccia a faccia con la malattia e hanno dovuto affrontare non solo la sofferenza fisica e psicologica, ma anche una serie di ostacoli e intoppi nel sistema di assistenza da parte degli ospedali e delle istituzioni. I racconti più dolorosi sono arrivati in particolare dalle zone più colpite dal virus, come la Lombardia: ricordiamo ad esempio la donna bergamasca di 36 anni con 2 figli che ha perso suo padre e ha contratto a sua volta la malattia; o il giornalista Renato Andreolassi, nostro corrispondente, che ha raccontato lo stato d’animo della popolazione bresciana; oppure il giornalista Cristiano Gatti che ha descritto la situazione della comunità bergamasca; o, ancora, il giovane medico 29enne operativo in val Seriana.

Ai tanti racconti che arrivano “dal fronte” si aggiunge anche quello di una nostra collaboratrice di lungo corso, specializzata nelle intolleranze alimentari, ma anche imprenditrice. Tiziana Colombo ha vissuto l’odissea Covid-19 sentendosi completamente abbandonata, senza la possibilità di fare alcun tampone, senza supporto e indicazioni da parte delle istituzioni.

Tiziana Colombo

Tiziana Colombo

Tiziana, quando e come entri a contatto con il Covid 19?
Nell’azienda di famiglia. Sono direttore amministrativo di Scaglia Trasporti, che ha sede a Cavenago di Brianza. A fine febbraio un impiegato rimane a casa per sintomi evidenti di contagio e a seguire in pochi giorni il contagio si diffonde ad altri collaboratori.

A quale ente ti sei rivolta per gestire la situazione?
A tutti quelli che conosco, senza successo. Alle prime avvisaglie ho iniziato immediatamente il vorticoso giro di tentativi di contattare le istituzioni sanitarie e politiche, ho scritto e telefonato all’Ats, ai numeri verdi indicati dal Ministero, ma siamo stati lasciati soli, senza alcun supporto dalle istituzioni da cui non ho avuto alcuna risposta chiara e per la disperazione ho deciso di chiudere l’azienda e metterci tutti in quarantena volontaria.

Gabriele, tuo marito, è stato ricoverato in ospedale: che iter sanitario ha vissuto?
Gabriele aveva la febbre da qualche giorno, seguito dal medico di base con una cura anti-influenzale. Il 19 marzo la situazione precipita, mio marito Gabriele peggiora drasticamente con tosse forte, febbre a 40 e mancanza di lucidità, pertanto decido di chiamare il 112 e chiedere assistenza urgente. Rimango al telefono a lungo, la telefonata passa da un operatore all’altro, parlo con due diversi medici che devo convincere della gravità di mio marito sino a che finalmente dopo 1 ora e mezza arriva l’ambulanza. Mi sembrava d’impazzire, ho dovuto insistere, convincerli. Gabriele ha la saturazione bassa, la febbre sale ancora e lo ricoverano all’ospedale Bassini di Cinisello Balsamo. Nei giorni successivi l’ospedale ci conferma che è positivo al Covid-19.

Come è stato il rapporto con l’ospedale?
Il giorno successivo al ricovero ho consegnato lo stretto necessario per Gabriele e mi hanno liquidato velocemente, indicandomi di stare tranquilla e che mi avrebbero aggiornato ogni giorno sul suo stato di salute. Ho ricevuto solo 3 telefonate dai medici (in ben 29 giorni di degenza). Per fortuna che mio marito ogni tanto si faceva vivo con un sms o un selfie. Ho provato più volte a telefonare, ma non ho avuto risposte. Per un lungo mese non ho potuto vederlo, sentirlo e sapere con chiarezza quanto stesse succedendo, sono rimasta chiusa in casa con una sensazione di impotenza assoluta.

La tua famiglia è quindi stata messa in quarantena?
“Nì”. Non appena l’ospedale ha comunicato al Comune di Cavenago la positività di Gabriele, il sindaco si è messo in contatto con me spiegandomi che dal giorno successivo sarei stata in sorveglianza attiva e di stare in casa rispettando la quarantena e che l’Ats mi avrebbe chiamato e supportato spiegandomi esattamente come comportarmi. L’Ats ha telefonato ben 12 giorni dopo a quarantena praticamente conclusa e in quei 12 giorni mi sono sentita abbandonata e persa.

Ti hanno poi fatto il tampone?
Nessun tampone per la mia famiglia e nessun tampone per i 25 collaboratori della Scaglia Trasporti.

Il Covid ti ha messa alla prova come cittadina, come donna e come imprenditore, come sei riuscita a gestire la tensione?
Con il forte senso di responsabilità. Nonostante il completo abbandono delle istituzioni sanitarie e politiche, ho cercato in ogni modo di essere attiva, d’interessarmi e di capire. L’unico referente che si è davvero interessato a noi è il sindaco di Cavenago, Davide Fumagalli, per il resto le istituzioni non hanno dato risposte e istruzioni. Se fossi stata un’irresponsabile avrei potuto uscire a fare la spesa e contagiare chissà quante persone. Come imprenditrice non sono stata con le mani in mano, essere imprenditori implica responsabilità, in primis verso i dipendenti, nel mio caso 25. Con l’ansia nelle vene mi sono tuffata dentro un altro ginepraio (diciamolo pure...) di moduli da compilare per la Cassa integrazione, telefonate e procedure per tutelare la mia azienda, i miei collaboratori. Per fortuna, anche qui ho avuto il sostegno della mia commercialista Pozzi.

Possiamo dire che questa storia ha un lieto fine?
Gabriele è stato dimesso il 16 aprile, il problema non è risolto ma non è più così grave.

Ora come fate a proteggere i vostri familiari?
Ancora una volta poche le indicazioni per la gestione della convalescenza, ancora una volta prevarrà il buon senso. Autoisolamento. Ci hanno consegnato un modulo con delle istruzioni.

Cosa ti ha insegnato questa vicenda?
Che in Italia dobbiamo arrangiarci e insieme al Covid-19 abbiamo altre due grandi malattie: il disservizio e la burocrazia. Ora il mio pensiero va alle persone sole. Se non avessi insistito terribilmente al 112 per fare ricoverare mio marito cosa ne sarebbe stato di lui? Se non avessi in modo testardo valutato, cercato e voluto un modo per tutelare la mia azienda cosa ne sarebbe delle 25 famiglie che lavorano con noi?

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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